Una “batteria infinita” davanti a casa e non saperlo. Una miniera sconfinata, una risorsa strategica che, a differenza di tutto quel che gira intorno all’energia, è incapace di scatenare conflitti e spargere sangue per conquistare indebite supremazie legate a materie rare e minerali critici. Da quando è iniziata, la fantomatica transizione ecologica, non ha mai smesso di inseguire i vecchi cliché della dipendenza dagli idrocarburi: i mercati, i prezzi, li controllano solo coloro che li detengono. Una sorta di “maledizione” perenne dove si lucra, si specula, si sfrutta e si mette il cappio al collo agli Stati e alle economie disarmate.

Energia, i Campi Flegrei

Si è passati dalla dipendenza da petrolio e gas alla sottomissione del Litio e del Cobalto, con la geopolitica trasformata in un insieme variegato di “Campi Flegrei” sempre in ebollizione. Tutti oggi cercano materie rare, per “alimentare” batterie con le quali “catturare” energia eolica o solare, per far propria la “potenza” del vento e del sole. La nuova dipendenza, però, apre scenari inediti, con continui colpi di Stato, vedasi centro Africa, o nuove colonizzazioni che i potenti del mondo perseguono con striscianti mezzi di violenta persuasione. Gli speculatori delle rinnovabili, non se ne curano. Per loro vale una semplice equazione: meno batterie significa costruire più pale e infinite distese di pannelli solari, tutto copiosamente finanziato dagli incentivi di Stato, “rapinati” dalle bollette dei cittadini.

Motore della natura

Poco importa se le pale girano solo quando c’è vento o i pannelli catturano il sole solo quando c’è. In realtà, se l’energia del futuro fosse davvero rinnovabile, dovrebbe adattarsi in maniera “intelligente” proprio a questo potente “motore” della natura, la cui energia dovrebbe essere incamerata quando c’è per utilizzarla quando il vento si ferma e il sole tramonta.

Batteria del mare

Per questo motivo la grande sfida, contro le speculazioni energetiche e l’ingordigia dei signori delle pale, si potrebbe chiamare “batteria del mare”, la nuova frontiera per conservare energia, senza dilapidare impunemente paesaggio e natura, senza scatenare guerre ovunque pur di conquistarsi un piccolissimo giacimento di Litio, Cobalto, terre rare o critiche. La ricerca scientifica sarà pubblicata a novembre dalle grandi riviste mondiali su energie rinnovabili e sostenibilità, ma il suo contenuto è nelle nostre mani. Lo anticipiamo, proprio perché l’Isola ne è la protagonista. Il titolo dello studio va oltre: «Integrazione della tecnologia delle batterie Na-acqua di mare con le energie rinnovabili: il caso studio della Sardegna».

Sardegna indipendente

Il tema è complesso, la ricerca articolata, la sintesi è un libero arbitrio: un’Isola, in questo caso la Sardegna, deve aspirare ad una totale “indipendenza energetica”, sfruttando al meglio le energie che la natura le offre, “sole e vento” in questo caso, incamerando la potenza attraverso “batterie” che anziché essere prodotte con materiali rari e indisponibili possono essere realizzate “estraendo” sodio (Na) direttamente dall’infinita acqua di mare, quella che circonda l’intera Isola. Sembrerebbe un’utopia fantascientifica se non fosse che i ricercatori delle Università di Perugia, Dipartimento di Ingegneria, la professoressa Linda Barelli, con i suoi colleghi Dario Pelosi, Graziano Di Donato e Stefano Passerini, della Sapienza di Roma, degli istituti di ricerca tedeschi Helmholtz Ulm e Karlsruhe Technology, e Maria Assunta Navarra della Sapienza, hanno “scolpito” i loro studi, con tanto di risultati finali, in una ricerca tanto rivoluzionaria quanto lungimirante, in grado di scrivere un capitolo decisivo sull’utilizzo delle energie rinnovabili. Il cuore dello studio è sintetizzabile: «La batteria Na-acqua di mare viene proposta come tecnologia di accumulo dell'energia».

“Paper” scientifico

Nel “paper” di ricerca gli scienziati mettono nero su bianco le applicazioni della ricerca sulla batteria ad acqua di mare, dallo stoccaggio a breve termine a quello stagionale, da sempre vero cruccio delle energie rinnovabili. Una tecnologia che non spreca niente a partire dall’acqua desalinizzata e i sottoprodotti del cloro, tutti valutati per il caso studio della Sardegna. L’hanno chiamata “SWB”, tradotto in “Batteria ad Acqua di Mare”. Una tecnologia in grado di individuare metalli reattivi, da utilizzare come promettenti vettori energetici e mezzi di stoccaggio caratterizzati da elevate densità volumetriche di energia e circolarità, grazie alla facilità di stoccaggio e trasporto, disponibilità di materiale e basso costo».

Impatto Sardegna

Tra questi, il Sodio è un elemento largamente disponibile, può essere estratto dall’acqua di mare, e sfruttato attraverso l’innovativa batteria Sodio-acqua di mare. Lo studio non è solo teorico. Per renderlo molto più che apprezzabile è stato sviluppato in modo tale da comprendere «l’impatto della tecnologia acqua di mare-sodio-batteria concentrandosi sull’Isola della Sardegna come caso di studio». Lo scenario sardo, escludendo i piani speculativi delle multinazionali del sole e del vento, ma basandosi solo ed esclusivamente sui quantitativi di rinnovabili necessari a soddisfare le esigenze dei sardi, è stato analizzato in ogni minimo dettaglio. Un quadro puntuale partendo dai picchi di produzione stagionali di solare e eolico. Un accumulo necessario generato attraverso le “batterie” dell’acqua di mare capace di riequilibrare la distribuzione di energia quando sono assenti le produzioni rinnovabili.

Quattro campi di calcio

Tutto questo con una scansione temporale che va dall’arco minimo della giornata sino ad una proiezione stagionale. Il sunto della ricerca è in pochi numeri, esaustivi ed emblematici: «Per quanto riguarda lo scenario a lungo termine, l’implementazione delle “batterie ad acqua di mare” nel sistema energetico consente la copertura della domanda energetica annuale della Sardegna grazie all’integrazione di circa 340.000 metri cubi di Sodio (Na) metallico, corrispondenti a un serbatoio di Sodio (Na) alto 12 metri sotto quattro campi da calcio». In pratica, con un “serbatoio” metallico, delle dimensioni di poco più di tre ettari e una profondità di un parcheggio sotterraneo di tre piani, si potrebbe stoccare una “batteria ad acqua di mare” in grado di soddisfare l’intera domanda energetica della Sardegna.

Rivoluzione energetica

Un progetto rivoluzionario capace di mettere al palo la tecnologia delle batterie agli ioni di Litio che non solo domina il mercato delle tecnologie di stoccaggio elettrochimico, grazie all’elevata densità energetica, efficienza e flessibilità, ma che rischia di ipotecare ancor di più il futuro visto che, secondo uno studio dell’IEA, nel 2040 la domanda di Litio, Cobalto e Nichel da utilizzare nei veicoli elettrici supererà di otto volte la produzione odierna.

Acqua di mare, i vantaggi

Un tema, quello della dipendenza da “materie rare e critiche”, che rischia di condizionare pesantemente il già infuocato scacchiere mondiale, sia per le gravissime implicazioni legate a questioni chiave come la disponibilità e il costo dei materiali critici (principalmente Cobalto, Nichel e Litio), sia la sicurezza e i gravissimi rischi ambientali. È evidente che le “batterie ad acqua di mare” avrebbero vantaggi competitivi senza precedenti: dal basso costo alla grande abbondanza, dai bassi rischi geopolitici di approvvigionamento a un adeguato potenziale elettrochimico. Una rivoluzione.

Black mass fuori gioco

Il piano scientifico e strategico messo a punto dai ricercatori dimostra sino in fondo la fattibilità del sistema di stoccaggio energetico ad acqua di mare, con un accumulo di energia a breve e lungo termine per la Sardegna, sfruttando la configurazione della batteria al Sodio di mare combinato con le fonti rinnovabili dell’Isola. È fin troppo evidente che questa soluzione metterebbe totalmente fuori gioco il già vetusto e inquinante progetto per il riciclo delle batterie al Litio da realizzare a Portovesme. Un piano di riciclo nato vecchio, ancor prima di vedere la luce, capace di trasformare ancora una volta l’Isola in una discarica mondiale di rifiuti pericolosi. Ultima annotazione: con la realizzazione della “batteria ad acqua di mare” per la Sardegna, quei tre ettari di contenitore sotterraneo possono essere ripartiti in più punti dell’Isola, si potranno produrre anche 37 milioni di metri cubi d’acqua desalinizzata all'anno, corrispondenti a circa il 29% dell'acqua necessaria per gli usi sanitari degli abitanti sardi. Insomma, una batteria davanti a casa, per la potenziale indipendenza energetica dell’Isola. E pensare che c’è chi ancora punta a scaricare nell’Isola i rifiuti mondiali della Black Mass con Litio & company.

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