Se la chiamano Suprema una ragione ci sarà. Quando varchi quei gradini che si affacciano sul Tevere, nel cuore della capitale d’Italia, sai bene che oltre quel “palazzaccio” c’è la condanna o l’assoluzione. Senza appello, perché quando decidono gli Ermellini della Corte di Cassazione non c’è più niente da fare. Si vince o si perde, per sempre. Tecnicamente è il terzo e ultimo grado di giudizio, quello inappellabile. Nemmeno lo Spirito Santo, in teoria, può niente dopo che la sentenza è vergata dai Magistrati Supremi. E del resto bastano quelle otto statue imponenti che svettano all'ingresso del più grande degli edifici della giustizia romana per capire che quella è la via delle sentenze senza ritorno. Ci sono tutti i giureconsulti della storia, in piedi e seduti, da Cicerone a Giambattista Vico, da Gaio a Salvio Giuliano. Il peso del Diritto romano qui cala impietoso su chi attraversa quella selva finale delle leggi. Quando i Giudici che varcano il ponte Umberto Primo sul fiume di Roma decidono, quella sentenza resta impressa a fuoco nell’applicazione delle leggi. Raro, quasi impossibile il ribaltamento della giurisprudenza.

Pietra tombale

È per questo motivo che l’ultima delle sentenze della Corte di Cassazione sulla guerra legale per i conguagli pregressi 2005-2011 di Abbanoa assume i connotati della pietra tombale. Una sentenza pesante come poche che affossa per sempre quei conguagli imposti sette anni fa a 750.000 utenti sardi. Per quel prelievo forzoso imposto nelle bollette della società idrica regionale arriva una “suprema” bocciatura, forte, netta, chiara e soprattutto senza appello. Un verdetto con tanto di pubblicazione nei registri blindatissimi della Corte di Cassazione civile, Terza sezione, verdetto numero 26281, dell’undici settembre scorso.

Ricorso affondato

Giacomo Travaglino, Presidente e i consiglieri Enrico Scoditti, Pasquale Gianniti, Stefania Tassone, Giuseppe Cricenti, giudici della terza sezione, non hanno usato mezze misure. Per due volte hanno scolpito il verdetto fatidico: «motivo infondato». L’infondatezza dei motivi è riferita alle argomentazioni proposte dai legali di Abbanoa per impugnare nel terzo grado di giudizio il verdetto, per loro sempre negativo, dei giudici sardi. Era l’ultima spiaggia, alla fine lo è stata. Il ricorso del colosso dell’acqua sarda è finito nel fascicolo delle cause perse. La sentenza è netta: «La Corte rigetta il ricorso». A finire gambe all’aria è uno dei più onerosi prelievi mai fatti sulle tasche delle famiglie sarde attraverso una procedura che per i Giudici è definitivamente archiviata come «non lecita». Conguagli pregressi per ben 106 milioni da far pagare indistintamente ai 750 mila utenti, compresi coloro che in quegli anni non avevano ancora nemmeno una casa, figuriamoci un’utenza idrica. Una sentenza quella appena emessa dalla Cassazione che riguarda un nucleo familiare nuorese che si era opposto a quei conguagli, ma che ora rischia di avere pesantissime ripercussioni sull’intera partita.

Rischio valanga

Abbanoa, infatti, proprio per tentare di scongiurare un precedente, non si era data per vinta e aveva impugnato la prima sentenza del Giudice di pace che aveva bocciato i conguagli. Con il ricorso in appello, per il secondo grado di giudizio, al Tribunale di Nuoro aveva provato a resistere. Il risultato fu anche in quel caso catastrofico. I Giudici ordinari nuoresi sentenziarono: conguagli fuorilegge. A togliere il sonno ad Abbanoa, ovviamente, non era la bolletta di conguagli di un singolo cittadino, riconosciuta dai Giudici come illecita, ma il terrore che quel precedente potesse passare in giudicato. In pratica, sostanzialmente, il rischio era quello di mettere in discussione tutti quei 106 milioni di euro di prelievi postumi e pregressi tentati e fatti dalle tasche delle famiglie sarde. È per quel motivo che la società idrica ha tentato l’ultima strada possibile, quella della Cassazione.

Non badano a spese

Per la contesa finale, quella davanti alla Suprema Corte, non badano a spese: Abbanoa schiera quello che da quelle parti considerano un vero e proprio principe del foro, il Prof. Ernesto Stajano, lo stesso legale messo in campo per contrastare la class action dei quindicimila sardi che nel 2016 hanno impugnato quegli stessi conguagli davanti al Tribunale di Cagliari. I Giudici della Cassazione, però, non si fanno intimorire né dai principi del foro, tantomeno dal rischio dell’effetto a cascata di una decisione che per i togati supremi è già scolpita nelle leggi e persino nelle preleggi, ovvero l’abc del diritto. La sconfitta di Abbanoa nella Suprema Corte è scandita in tre passaggi, uno più netto e chiaro dell’altro. Prima di tutto i legali di Abbanoa hanno sostenuto “la violazione dei limiti della giurisdizione del giudice ordinario”. In pratica la società idrica riteneva che della questione si dovessero occupare i giudici amministrativi, quelli del Tar e del Consiglio di Stato. Erano talmente convinti dell’incompetenza dei giudici ordinari che si sono spinti ad affermare: «La controversia in oggetto invece esula dalla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto le contestazioni avversarie riguardano in via principale la legittimità delle scelte tecnico discrezionali delle autorità amministrative (Aegsi oggi Arera ed Egas) in ordine all'individuazione ed alla regolazione del costo del servizio idrico integrato con particolare riferimento alla determinazione dell'ammontare dei cosiddetti conguagli regolatori (anche partite pregresse) quale componente della tariffa». In pratica, secondo Abbanoa, a prescindere dalle leggi, a decidere i conguagli erano atti amministrativi di Arera e Egas.

La cantonata

Per i Giudici supremi si tratta di una vera e propria cantonata: «Il motivo del ricorso - scrivono nella sentenza - è infondato». E con una spiegazione a prova di profano spiegano le ragioni: «La controversia non concerne la legittimità dell'atto amministrativo con cui sono stabiliti i criteri tariffari, e dunque non riguarda l'esercizio del potere pubblico, ma il credito, privatistico, per il servizio di somministrazione idrica. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo che trova la sua fonte nel contratto di utenza e la domanda con cui l'utente del servizio pubblico di erogazione dell'acqua, contestando l'importo preteso per la fornitura da gestore del servizio in base ad una determinata tariffa, ne richieda la riduzione, introduce una controversia relativa al rapporto individuale di utenza e spetta pertanto alla giurisdizione del giudice ordinario».

La sconfitta più dura

È il secondo motivo del ricorso a segnare la sconfitta più dura per Abbanoa. La società idrica nell’ultimo appello ci prova e sostiene: «la sentenza impugnata, (quella del Tribunale di Nuoro n.d.r.) è inficiata da una errata interpretazione delle disposizioni che regolano il sistema tariffario nel servizio idrico integrato, risultando così pronunciata in violazione e falsa applicazione della normativa e degli atti regolatori di riferimento. La definizione delle cd. partite pregresse ad opera delle competenti autorità amministrative (Arera, Egas) risulta del tutto conforme al fondamentale principio che riconosce nell'ambito della dinamica tariffaria il pieno recupero dei costi di investimento e di gestione del servizio».

Illecita imposizione

Sorridono sommessamente i Giudici della Cassazione. Le teorie di Abbanoa si schiantano nella formula di rito: «Il motivo del ricorso è infondato». Più che spiegarlo, i Giudici supremi lo scolpiscono nella sentenza: «Come ritenuto da questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità, non può essere ritenuta lecita l'imposizione di un conguaglio per partite pregresse, in quanto per la natura del contratto di somministrazione, avente carattere periodico, l'erogazione del servizio idrico comporta un prezzo che viene corrisposto all'atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse». L’affermazione dei Magistrati della Corte più alta è durissima: «non può essere ritenuta lecita l'imposizione di un conguaglio per partite pregresse». In pratica Conguagli illeciti, secondo la Cassazione.

Vietata la retroattività

Una posizione che i Giudici scandiscono sino in fondo: «Il corrispettivo che viene pagato secondo le scadenze d'uso è proporzionato e trova la sua giustificazione nell'utilizzo dell'acqua che viene erogata; invece la richiesta di conguagli per partite pregresse determina l'ammontare del corrispettivo in un momento successivo rispetto alla erogazione effettuata dalla Aeegsi, sulla base della sola titolarità di utenze attive alla entrata in vigore della nuova disciplina in materia tariffaria, per consumi già avvenuti, in assenza di accordo delle parti ed in carenza di potere impositivo, per cui viola gli artt. 1561,1560, e 1563 c.c. e, nella misura in cui ritenuto discendente da obblighi normativi, viola altresì l'art. 11 preleggi». Ed proprio quel richiamo «all’art.11 preleggi» a segnare il precipizio dei conguagli pregressi: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». In pratica, non ci possono essere leggi che disciplinano il passato. Infine, la condanna di Abbanoa.

Spese da pagare

Dovrà pagare tutte le spese legali, ma non solo. I Giudici supremi aggiungono: «la sentenza dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente (Abbanoa n.d.r), dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso». In pratica un’ulteriore sanzione per una sconfitta totale e una lite di fatto temeraria. Una sentenza definitiva, senza appello.

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