Dalla fregola con le vongole a "sa casteddaia" alla zuppa berchiddese, dalla pecora in umido di Piscinas allo "ziminu" di pesce di La Maddalena o alla minestra "casu 'e Murgia" di Tonara. La cucina tradizionale della Sardegna potrebbe essere una sorta di volano per il turismo durante tutto l’anno. Ed è questo uno degli obiettivi del Registro dei Piatti tipici tradizionali la cui realizzazione è prevista da una proposta di legge presentata dai Riformatori – con prima firmataria Sara Canu – il 2 agosto scorso anche se l’iter non è ancora cominciato.

Per ora sono sessantasei le ricette fatte pervenire dai Comuni sardi e, spiega il consigliere regionale Michele Cossa, “sono arrivate tante testimonianze da parte dei sindaci, significative della necessità che i territori hanno di esprimere la propria specialità, anche culinaria".

Attraverso i 66 piatti la cucina sarda si presenta piena di sfaccettature, con nomi in limba e parzialmente italianizzati, che riportano a ricette antiche e quasi dimenticate. Quelle che Sara Canu definisce “piatti ritrovati”: “Il lavoro di raccolta di queste specialità testimonia la varietà della gastronomia sarda, espressione autentica delle eccellenze regionali e di un passato che rivive proprio attraverso la tradizione culinaria tramandata per secoli di famiglia in famiglia, di comunità in comunità".

Anche vari esperti del settore condividono questa idea. Ad esempio Anna Maria Baldino, cuoca e proprietaria del ristorante "Sa Macinera di Pula", Giuseppe Farris dell'Arcadia di Capoterra, Paolo Trudu cuoco dell'alberghiero di Pula. Quest'ultimo, in particolare, ha evidenziato che "la cucina sarda è stata per tanto tempo sottovalutata, in generale i ristoranti si sono fatti prendere la mano dalla nouvelle cousine, tralasciando di fatto quella tradizionale".

Per Baldino e Farris, "la tradizione va rispolverata e riportata alla luce, anche venendo incontro alle nuove esigenze dei turisti che non cercano solo il mare".

(Unioneonline/s.s.)

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