Il nemico numero uno è la lingua blu. Quando si pensa di avergli inferto il colpo decisivo, il virus si ripresenta in una forma diversa. Certo, rispetto a quando uccideva 250 mila o 100mila capi le cose sono migliorate e oggi sono coinvolti circa 5mila ovini. Per ora. Ma ormai è un problema endemico e quando smetterà di contagiare le greggi, con la fine del caldo, si sa che tornerà. Come la peste suina, che rispetto al virus che colpisce le pecore non è curabile.

TROPPI NEMICI - Il fatto è che per agricoltori e pastori i nemici spuntano da tutte le parti: ieri si chiamavano trichinella o mosca olearia, oggi si chiamano febbre del Nilo, cimice cinese, punteruolo rosso, varroa, xylella. I vettori, che si tratti di moscerini, zanzare, coleotteri, possono arrivare in mille modi: con una fornitura di legname o di pneumatici, nascoste nelle piante tropicali, in un oggetto esotico che acquistiamo durante un viaggio. Difficile controllarle anche perché i due Pif (Posti di ispezione frontalieri che dipendono dal ministero della Salute) di Cagliari e Olbia controllano solo prodotti di origine animale.

CONTINUA EMERGENZA - Il risultato è una continua emergenza e danni enormi, anche economici, pagati in primis dagli addetti ai lavori e da un intero comparto produttivo ma anche da tutta la collettività. Il punteruolo rosso ha distrutto gran parte delle palme sarde, la febbre del Nilo ha colpito cavalli ma anche esseri umani, la varroa uccidendo le api ha limitato la produzione di miele. E meno male che la xylella, il batterio che sta facendo tabula rasa degli uliveti del sud Italia, e la cimice cinese, l'insetto che ha colpito duro i frutteti del nord est, non sono ancora arrivati.

UN MILIARDO DI DANNI - Il ministero della Salute stima i danni da infestazione in Italia in un miliardo di euro. In Sardegna mancano dati complessivi ma si conosce, ad esempio, il costo degli indennizzi pagati ai pastori per i capi abbattuti per l'ultima epidemia di lingua blu: due milioni e mezzo. "La Regione avrebbe potuto risparmiare se avesse investito più soldi in prevenzione", attacca Luca Saba, direttore regionale di Coldiretti. "Invece per non spendere qualche centinaio di migliaia di euro in più oggi c'è una nuova emergenza in atto". Saba ammette che c'è stato un miglioramento rispetto al passato ma mentre si combatte con difficoltà la lingua blu, ecco spuntare la maedi visna, una nuova malattia che colpisce pecore e capre "sulla quale per ora non c'è una risposta operativa".

"SI GESTISCE L'EMERGENZA" - Il fatto è che per usare le parole di Ignazio Floris, docente di Entomologia agraria e di Apicoltura alla facoltà di Agraria di Sassari, "si tende più a gestire le emergenze che a pianificare interventi". Per dire, sulla lingua blu, anziché vaccinare i capi bisognerebbe lottare di più contro le zanzare che trasmettono l'infezione. Ed è una delle risposte che un gruppo trasversale di consiglieri regionali (Gaia, Perra, Zanchetta, Busia, Deriu, Collu e Daniele Cocco) chiede agli assessori alla Sanità e all'Agricoltura in un'interrogazione nella quale si invoca anche una "riduzione delle distanze tra la Regione e il mondo agropastorale".

"MOLTI OSSERVATORI, MENO FATTI" - Non che manchino osservatori epidemiologici, comitati tecnici, istituti ed enti di controllo. Anzi, sono troppi e spesso scoordinati. Alberto Laddomada, direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale, invita a considerare la complessità dei temi. "La lingua blu è una malattia complessa e difficile da controllare: esistono diversi tipi di virus e due, l'uno e il quattro, li abbiamo controllati. Noi facciamo un monitoraggio epidemiologico costante, diamo indicazioni ai servizi sanitari ma, certo, la vaccinazione di emergenza ha dei limiti. Per prevenire bisognerebbe vaccinare tutti i capi, come si fa per gli esseri umani, ma sono oltre tre milioni e sarebbe impossibile". Però la sorveglianza sugli insetti vettori si fa, garantisce. "Anche sulla febbre dei Nilo abbiamo trovato il virus in un campione di zanzare e abbiamo a disposizione un vaccino". Il fatto è, che si tratti di piante o di animali, "che bisognerebbe combattere gli insetti importati con i loro antagonisti naturali altrimenti non se ne esce", spiega l'entomologo Carlo Contini. Se non si cambia strategia dovremmo rassegnarci a limitare i danni ma non vinceremo mai la guerra.

Fabio Manca

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