Vegetariani: una storia italiana
Alberto Capatti ci racconta le origini del vegetarianesimo nel nostro PaesePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Oggi la scelta vegetariana riguarda milioni di persone, sia per motivi etici, sia per motivi dietetici. Si tratta di una scelta alimentare di cui si parla e si dibatte molto e che viene spesso narrata come una novità degli ultimi decenni, una opzione figlia di nuove consapevolezze e anche del benessere alimentare che permette a tutti noi di scegliere cosa mangiare in piena libertà. In realtà il vegetarianesimo accompagna da lungo tempo la vicenda umana. Anche per questioni economiche, dato che la carne era molto costosa, generazioni di nostri antenati si sono ritrovati a dover fare a mano delle proteine animali. Ma al di là delle abitudini dettate dalla necessità, abbiamo testimonianze delle abitudini alimentari di un filosofo come Pitagora che già nella Grecia antica avrebbe abbracciato una dieta di tipo vegetariano in cui erano ammessi solo gli alimenti vegetali crudi. La dieta personale di Pitagora, così come riportata da alcuni suoi discepoli, prevedeva alla mattina frutta fresca, a pranzo pane e miele, verdure crude e miglio, durante il giorno frutta di stagione frutta secca. Infine, a cena radice e verdure. È probabile che Pitagora avesse eliminato gli alimenti che potevano, a suo parere, indurre intolleranze e rompere l'equilibrio interno al corpo da lui così tanto ricercato. Basta questo per farci capire come il vegetarianesimo abbia una lunga storia e tradizione alle spalle.
A confermarcelo, con il suo abituale stile divulgativo, ma rigorosissimo dal punto di vista documentario, è l’esperto di storia dell’alimentazione Alberto Capatti nel suo Vegetariani. La storia italiana (Slow Food Editore, 2025, euro 16,90, pp. 144, anche e-book). Si tratta di un intrigante saggio storico, in cui Capati torna alle radici di un approccio alimentare che si affacciò in Italia agli inizi del Novecento.
La prima associazione vegetariana in Italia nacque, infatti, nel 1905 a Firenze, seguita nel 1907 da Milano. Queste due associazioni erano i sintomi di un sentire individuale che iniziò a farsi collettivo: il movimento prese vita dalla critica alla tossicità di una società industriale che consumava già all’epoca l'essere umano. Era un movimento, quello vegetariano delle origini, che accarezzava spiritualismo e naturismo e che riguardava naturalmente una ristretta élite.
La parabola dei vegetariani venne però segnata da decenni iniziali caratterizzati da difficoltà e inesperienza. I fautori del movimento faticavano a trovare luoghi di ritrovo e ancor di più ristoranti che potessero assecondare la loro dieta particolare. In seguito, curiosamente e fatalmente, il verbo vegetariano trovò ascolto da parte dei nascenti regimi autoritari, con il loro mito della forza fisica e, disgraziatamente, della razza. Non fu, secondo Capatti, una connivenza vera e propria, ma un incrocio pericoloso che venne lavato via dalla guerra e che lascerà la rifondazione del vegetarianesimo in mano ai pacifisti. Nel 1952 nacque, infatti, l’Associazione vegetariana italiana che esiste tuttora, ennesimo capitolo di una continua rivoluzione che tende a cancellare ciò che è avvenuto prima. I vegetariani, come tutti i movimenti avanguardisti, tendono a perdere la loro memoria collettiva. Una memoria collettiva che il libro di Capatti vuole ricostruire con perizia, con ricchezza di aneddoti e di spiegazioni su quanto il vegetarianesimo sia connaturato a stili alimentari popolari un tempo dettati dalla necessità, come la dieta mediterranea.
A completare la ricerca, un’appendice ricostruisce il percorso della scelta vegetariana dagli anni Settanta fino a oggi, per chiudere il cerchio di una storia mai raccontata, nella sua interezza.