Le sue origini senesi si colgono subito dall'inconfondibile cadenza, anche se per i suoi studi Valentina Galluzzi ha lasciato da tempo la Toscana, prima per seguire il dottorato di ricerca - e il fidanzato - all'Università Federico II di Napoli, e poi per lavorare allo IAPS, l'Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziale di Roma.

Classe 1983, premiata dal Gruppo Italiano di Geologia Strutturale, in qualità di geologa planetaria oggi fa parte del progetto di cartografia geologica globale del pianeta Mercurio, all'interno della missione congiunta dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dell'omologa giapponese (JAXA) intitolata a Bepi Colombo, lo scienziato padovano medaglia d'oro della Nasa per le sue ricerche in ambito spaziale, quelle, per intenderci, che hanno permesso di arrivare studiare il pianeta più vicino al Sole.

Come si diventa una "geologa planetaria"?

"Ho studiato geologia a Siena con l'intento iniziale di dedicarmi allo studio della Terra, lavorando sul campo armata del classico martello per la raccolta di materiali, poi ho scelto di proseguire con il dottorato perché mi piaceva la ricerca e per vari motivi mi sono spostata a Napoli, e lì all'Osservatorio di Capodimonte dell'INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) ho iniziato il tirocinio e ho letteralmente scoperto la possibilità di applicare la geologia ai pianeti".

Perché in Italia non sono previsti corsi specifici?

"Nel nostro Paese questo ambito non fa parte dei percorsi di studi geologici, solo l'Università di Chieti - Pescara ha un professore di geologia planetaria, e a Pisa e Padova ci sono dei corsi, ma non esistono lauree specialistiche. Io, però, credo sia comunque necessario partire dalla geologia terrestre, anche perché le superfici dei pianeti possono esser studiate solo in modo indiretto, attraverso immagini e dati spediti da lontano dalle sonde spaziali".

E come è arrivata al progetto Bepi Colombo?

"A Napoli ho conosciuto persone che lavoravano al progetto e in particolare a SIMBIO-SYS, la 'suite' di strumenti ottici per lo studio dettagliato della geologia di Mercurio. Nell'equipe erano coinvolti astrofisici, matematici e ingegneri, ma mancavano geologi per leggere i risultati delle rilevazioni".

La missione Bepi Colombo studierà il pianeta Mercurio, che ha caratteristiche molto particolari.

"Le definirei 'estreme', perché è il primo pianeta del nostro sistema e il più vicino al Sole, con un diametro limitato e molto denso ma con un nucleo grandissimo. E proprio il nucleo raffreddandosi ha fatto 'restringere' il pianeta creando faglie sulla sua superficie, un po' come quelle che originano terremoti sulla Terra, anche se Mercurio non ha continenti ed è più simile alla Luna che al nostro pianeta, solo con un suolo 'grinzoso'. E il mio compito all'interno della missione è quello di produrre carte geologiche mappandone le varie strutture".

Tutto questo attraverso delle fotografie speciali.

"Non essendoci la possibilità di coprire al 100% la superficie con le immagini, diciamo che il mio ruolo è anche quello di dire dove andare a scattare le foto, dove puntare l'obiettivo. Un po' come un paparazzo che sceglie quale personaggio immortalare".

Oltre a lei nel progetto ci sono altre donne?

"Direi che la parità di genere nel progetto è abbastanza rispettata, siamo più del 50%, tenendo conto che si tratta di una collaborazione internazionale tra Agenzia spaziale europea e giapponese, e come geologhe planetarie siamo tre donne. Forse l'unico neo è che mancano figure femminili nelle posizioni apicali e decisionali, ma questo è un gap più internazionale che italiano e qualche passo in avanti inizia a vedersi, perché tra i parametri introdotti di recente per la presentazione di progetti c'è proprio la parità di genere".

Come donna si è mai sentita una "mosca bianca"?

"È capitato durante gli studi di geologia e soprattutto 'sul campo', nelle campagne di rilevazione, quando si facevano i lavori più pesanti e se non mi riusciva qualcosa era perché ero donna, non perché magari non avevo capito. C'è ancora il pregiudizio che si tratti di mestieri maschili".

E il pregiudizio partiva dai colleghi studenti o dai docenti?

"Più dai tutor, perché tra studenti c'era complicità e solidarietà, un rapporto alla pari".

C'è un problema di disparità di genere nel mondo scientifico?

"A mio parere il vero problema in ambito scientifico e in generale accademico è più legato al precariato che all'essere donna, poi senz'altro ci sono questioni come la maternità che ci toccano più da vicino. È davvero complicato conciliare un'esigenza naturale come quella di avere dei figli con gli assegni di ricerca, che si interrompono in caso di maternità, ma la precarietà tocca allo stesso modo uomini e donne".

Lavori così qualificati eppure precari, sembra un controsenso...

"Si viene scoraggiati dal proseguire e direi che oggi siamo arrivati a un picco insostenibile: nel nostro ente, l'INAF, ci sono circa 400 precari e nel CNR ce ne sono più di 1000. Noi precari produciamo circa il 50% della ricerca e se tutti smettessimo di lavorare bloccheremmo il sistema".

Manca ricambio generazionale?

"Sì certo, e anche se oggi si parla stabilizzazioni con criteri di anzianità questo aiuterà solo alcune decine di persone, ma servirebbe un vero e proprio cambio di sistema".

Viene voglia di andare all'estero...

"Con il mio compagno che ha 40 anni e fa il mio stesso lavoro ci pensiamo spesso, anche perché gli assegni di ricerca dopo sei anni non sono più rinnovabili e al momento io sono al terzo".

Quindi potrebbe non vedere la fine del progetto a cui sta lavorando?

"L'arrivo delle sonde attorno a Mercurio è previsto per il 2025... La cosa assurda è che su progetti come questo vengono spese cifre importanti, si preparano delle risorse altamente specializzate e poi si è costretti a mandarle via, buttando all'aria formazione ed esperienza e spesso dovendo ripartire da zero con altre persone".

Un peccato per voi e in generale per l'Italia.

"Ne risente proprio il nostro Paese, basti pensare che nella missione Colombo su 11 strumenti a bordo 4 sono italiani e 9 degli esperimenti inclusi nel progetto sono a leadership italiana, tutti finanziati dall'Agenzia Spaziale Italiana. Il prestigio di progetti come questo si deve anche e soprattutto all'Italia, come si vede già dal fatto di averlo intitolato a Bepi Colombo, ovvero lo scienziato che ha scoperto come arrivare al pianeta Mercurio".

Cosa direbbe a una bambina che sogna di diventare scienziata?

"Le direi che non bisogna avere paura di studiare e dare ascolto a chi dice che 'tanto non serve perché non si troverà lavoro'. Certo le difficoltà sono tante, però chi sente il sacro fuoco della ricerca e della curiosità scientifica lo deve alimentare, e poi, nella scienza come in altri ambiti, è proprio dalla sinergia tra uomini e donne e dalle loro differenze che arriva lo stimolo per nuove idee".

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)
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