Un viaggio, un viaggio immaginario tra Milano e Zurigo. Paesaggi e passaggi veloci fissati in fotografie, poesie e racconti. Questo è “TranSiti” (Armando Dadò editore, 2023, pp. 104), l’ultimo libro di Valentina Giuliani che riprende l’esperienza di un treno fuori dal comune, l’ArtTransit, nei cui vagoni e all’esterno, lungo tutto il tragitto tra Milano e Zurigo, si sono svolte nel 2014 performances teatrali, artistiche, musicali transfrontaliere.

Un progetto, quello di ArtTransit, molto particolare, preso come spunto da Valentina Giuliani per viaggiare dentro e fuori sé stessa, in maniera libera, realmente senza frontiere.

All’autrice chiediamo allora come ha avuto l’idea di questo libro così poco classificabile, con il suo alternarsi di foto, racconti, testi brevi e poesie:

«TranSiti appartiene a una trilogia pubblicata interamente da Armando Dadò editore composta da Il Museo degli amori perduti (2021) e La Biblioteca umana (2022), un progetto letterario di rivisitazione di luoghi che diventano la cornice ideale per i miei racconti. Nel primo libro della trilogia, il Museum of Broken Relationships di Zagabria ispira le storie d’amore introdotte da disegni di oggetti che ne simbolizzano l’inizio e la fine. Poi, nel secondo ‘capitolo’ della trilogia la Human Library di Copenhagen raccoglie le testimonianze di un’umanità complessa, non riducibile a etichette, alla quale accostarsi senza pregiudizi e diffidenze. TranSiti racconta un viaggio immaginario da Milano a Zurigo che diventa occasione di narrazione».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Perché il titolo TranSiti?

«Il titolo riprende volutamente il nome del progetto ArTransit a cui si ispira ma vuole anche significare il passaggio di immagini, ricordi, esperienze ordinarie e straordinarie, risvegliate dalla visione di un paesaggio, colto nel suo movimento e mutamento».

Come sono nate le storie che racconti nel libro?

«Le storie sono state scritte a partire dalle fotografie in bianco e nero di Barbara Fässler, artista che ha illustrato i primi due libri della citata trilogia. Tuttavia, mentre per il Museo degli amori perduti e La Biblioteca umana ha creato i disegni su testi forniti da me, qui abbiamo lavorato al contrario e non è stato sempre semplice. Gli scatti di Barbara cercano luoghi in cui la figura umana è assente, perlustrano grandi città scovandone aree marginali, ci confrontano con il vuoto. La mia scrittura si nutre piuttosto della ricchezza e della varietà di emozioni, sentimenti, ricordi, esperienze di vita vissuta. Con questo libro mi sono addentrata in territori sconosciuti. Anche questo è il senso del viaggio: l’inizio di uno spaesamento».

C’è una storia del libro a cui è particolarmente legata?

«No. Piuttosto sono affascinata dall’idea di un viaggio interiore e di immaginazione, un viaggio in cui perdersi e ritrovarsi, in cui immergersi e riemergere con nuovi stimoli e consapevolezze».

Cosa significa viaggiare?

«Rispondo con un brano tratto da I viaggi di Elisa, racconto in parte autobiografico presente nel libro: ‘Il fascino del viaggio l'accompagnava da tutta una vita. Non un viaggio inteso come spostamento più rapido possibile da un luogo a un altro, con il solo fine di raggiungere la destinazione desiderata, ma il viaggio come occasione d'incontro, come esperienza di vita, come un lento assaporare di paesaggi, luci, colori che cambiano. Un viaggio in treno, seduta accanto al finestrino per non perdere niente di quello che scorre via, un viaggio in seconda classe, seduta tra gente comune, tra persone diverse ciascuna con la propria storia da raccontare’. Qui sta il senso del mio viaggiare e narrare alla ricerca di uno sguardo meno superficiale e più attento verso gli uomini, le cose, la natura, pronta a lasciarmi sorprendere».

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