Troppo spesso Tiziano Terzani viene “ridotto” a quello che ha fatto e scritto nell’ultimo periodo della sua vita. L’immagine che emerge è quella dell'autore di Lettere contro la guerra, l'uomo che per mesi ha girato vestito come un santone indiano, con la sua lunga barba bianca, sostenendo le ragioni della pace contro la spirale di guerra innescata dagli attentati dell'11 settembre 2001. È stata sicuramente la fase più mediatica e popolare del celebre giornalista scomparso nel luglio di vent’anni fa, ma appunto solo una fase.

Tiziano Terzani è stato molto di più dell’immagine tramandata dai suoi ultimi anni di vita. È stato un autore con un immaginario ricco e vivacissimo, alimentato da un’intera vita trascorsa in giro del mondo a incontrare la cronaca e a raccontarla prima che diventasse storia o, peggio, cadesse nell’oblio. Un immaginario, quello di Terzani, assolutamente da custodire in questo mondo divorato dalla fretta, addormentato e schiacciato dall’economia, dalle visioni campanilistiche ed egoistiche. Custodire, anzi rinverdire è quello che vuole fare Tamara Baris nel volume In Oriente con Tiziano Terzani (Giulio Perrone Editore, 2024, pp. 216) percorrendo un sentiero di personale incontro con il giornalista, un sentiero che porta naturalmente ai racconti di Terzani dedicati all’Asia, ma non vuole essere una banale rilettura di reportage, articoli sul Giappone, la Cina, il Vietnam. Incamminarsi sulle tracce del giornalista significa per Baris ricomporre i pezzi di un puzzle, disegnando un vero e proprio modo d’essere. È la costruzione continua di un “io”, perennemente in movimento, teso verso l’altro e le sue ragioni. Terzani l’Asia se la cuciva addosso, la portava con sé a casa propria, ricercandola tra gli oggetti di mercati e mercanti lontani. Armato della sua Leica, sentiva dentro il giornalismo come una missione, come la sacra e inalienabile ricerca della verità, di quello che cercava e vedeva, dei dettagli che fanno il mondo.

Tamara Baris (foto concessa)
Tamara Baris (foto concessa)
Tamara Baris (foto concessa)

Quella missione «che gli era più congeniale, quella di corrispondente dai luoghi dimenticati e spesso più pericolosi dell'Asia. Il volume ci trasporta così in un mondo lontano e poco conosciuto, quello a oriente dell'Indo, il mondo dei templi induisti e delle pagode buddhiste, dei grandi fiumi e delle fiumane di masse umane accalcate. L'Asia delle ideologie, delle rivoluzioni fallite, delle guerre e delle dittature più sanguinarie. Un mondo per il quale Terzani cominciò a viaggiare in lungo e in largo nel 1971, quando lasciò un lavoro sicuro in Italia per trasferirsi armi, bagagli e famiglia a Singapore per fare il corrispondente del settimanale tedesco Der Spiegel. Accanto a lui, sempre, la moglie Angela - “il palo al quale l’elefante si fa legare con un filo di seta” amava dire Terzani - e i figli Folco e Saskia: il suo grande amore e la famiglia, gli unici punti fermi di una vita vissuta “guardando i fiori da un cavallo in corsa».

Gli unici compagni che si concedeva durante il cammino di giornalista erano però alcuni libri di persone che avevano percorso prima di lui gli stessi itinerari. Erano le sue guide, le migliori, perché poteva decidere in qualunque momento se servirsene o farne a meno. I suoi articoli, oggi raccolti in diversi volumi, possono avere lo stesso valore e la stessa funzione, guide per viaggiare con il corpo, ma anche semplicemente con la mente. È un compito che prova a svolgere, con umiltà e partecipazione, anche il libro di Tamara Baris che riesce a trasmetterci la passione di Terzani nel raccontare e descrivere luoghi, persone, incontri, emozioni, paesaggi. Baris riesce a rievocare la curiosità che lo spingeva costantemente a scavare, alla ricerca dei "perché" che vanno al di là delle spiegazioni semplicistiche. Terzani non era e non voleva essere super partes a tutti i costi, né, tanto meno, accontentare tutti: «Non pretendo affatto di essere obiettivo: io stesso ho i miei pregiudizi, principi, simpatie ed emozioni che certo hanno influenzato la scelta delle stesse cose che vedevo e registravo», amava ripetere. Però non permetteva che le cose in cui credeva e le sue simpatie annebbiassero lo sguardo indagatore del giornalista. Forse proprio per questa capacità di leggere quello che gli stava intorno e farne tesoro anche interiore, di Terzani rimane anche a distanza di vent’anni dalla morte l'immagine di un uomo sincero con se stesso e con gli altri, un uomo consapevole dei suoi limiti e di quelli della sua professione, ma non per questo rassegnato all'opinione generale.

Un uomo che era fiero di scrivere: «Non posso aver scritto tutta la verità, perché se ce ne fosse una certa io non l'avrei vista intera. Ho, però, fatto di tutto affinché quello che scrivevo fosse vero, perché sono convinto che, anche se non c'è una sola verità, certo c'è il falso».

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