I cibi ci raccontano molto della nostra storia e della nostra tradizione. A condizione, però, di tenerne viva la memoria e non farli diventare pezzi di una gastronomia dimenticata e per questo oramai perduta per sempre. Per evitare questo rischio arriva in questi giorni nelle librerie il “Piccolo Atlante dei cibi perduti” (Slow Food Editore, 2022, pp. 192), ultimo lavoro di Alberto Capatti, uno dei più autorevoli storici di gastronomia italiana.

Nel libro troviamo, infatti, ottanta schede-racconto che riportano in vita cibi e ricette del passato remoto e più recente, molto prossimi a cadere nell’oblio. Cibi e ricette il cui nome attira spesso l’attenzione, perché misterioso come i bighelloni, una pasta fatta in casa cotta in olio bollente, oppure il brodo con i sassi, perché al posto della carne si fanno bollire in acqua delle pietre di mare spugnose. Oppure questi cibi attirano l’attenzione perché troppo fantasiosi, quasi osé come le uova di pavoncella, suggerite per una cena galante in un ricettario afrodisiaco del 1910.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Proprio la provenienza da un ricettario afrodisiaco ci fa comprendere come Capatti abbia attinto dalle fonti più varie per le sue schede: ricettari famosi della cucina italiana, saggi contemporanei, ma anche canzoni di Guccini. Tutti spunti ottimi per recuperare i cibi dimenticati che spaziano dall'acqua (e dal modo in cui viene pesata nelle ricette) fino a bizzarre preparazioni come la sogliola al ferro da stiro (perché cotta usando proprio questo elettrodomestico), risalente solo al 2005. Il tutto condito con un gusto sopraffino per la curiosità – chi si ricordava più dell’esistenza di una ricetta della mostarda firmata da Giovanni Pascoli? - che ci porta a interrogarci su quanto sono cambiate le nostre abitudini nel corso del tempo. Lo dimostrano le preparazioni ritrovate da Capatti a base di orecchie e occhi di animali o di creste di gallo oppure preparazioni di caffè alla barbabietola molto lontane dai gusti comuni attuali.

Non stanco, poi, delle ottanta schede-racconto, Capatti chiude il suo atlante con un altrettanto interessante excursus dedicato alla cucina dimenticata delle nonne, oggi riscoperta grazie alla riproposta di ricettari più o meno antichi, ma accomunati dalla fortuna editoriale. A loro Capatti riserva la seconda parte del libro, analizzando i libri che hanno consacrato le “nonne” ad anima autentica della cucina di tradizione italiana e custodi di piatti altrimenti mai consegnati alla memoria.

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