Solamente negli ultimi anni, gli studi storici sulle persecuzioni antisemite del fascismo e sulla Shoah in Italia hanno potuto iniziare ad andare a fondo sul tema delle conseguenze economiche delle normative antisemite sui patrimoni di intere famiglie, o sulla questione dei sequestri di intere attività o di beni di qualunque valore durante gli anni del genocidio.

In particolare, è recente la pubblicazione dell’ottimo studio di Ilaria Pavan incentrato sulla storia dell’Egeli: l’Ente gestioni e liquidazioni immobiliari che si occupò dapprima, nella cosiddetta fase della “persecuzione dei diritti” degli ebrei, delle loro attività o aziende, e in seguito, a partire dal 1943 e fino al 1945 inoltrato, nella fase della “persecuzione delle vite”, di qualsiasi bene di queste persone, destinate alla morte per la “sola colpa di essere nati”, usando una espressione della sopravvissuta ad Auschwitz e senatrice a vita Liliana Segre.

Questo ente fu creato in applicazione del R.D.L. del 9 febbraio 1939 n. 126, che riguardava “i limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica”. E al comma 12, tale legge disponeva la creazione di un apposito ente che si occupasse della gestione e liquidazione dei beni espropriati agli ebrei.

L’Ente di gestione e liquidazione immobiliare viene sciolto nel 1957, ma cessa di esistere quasi sessant’anni dopo la sua istituzione, in seguito all’emanazione del Decreto ministeriale 29 dicembre 1997.

Di recente, l’archivio storico dell’Intesa San Paolo ha acquisito tutto l’archivio dell’Egeli in possesso della Cariplo, e ha proceduto, nell’ambito di un importante progetto dal titolo “Storie restituite”, a riordinare questo patrimonio di oltre 2000 fascicoli relativi appunto all’attività dell’ente nella regione  Lombardia, creando da questo patrimonio storiografico una importante mostra storica e mettendo online a disposizione degli studiosi l’inventario nominativo dell’archivio.

A Milano nella accogliente sala di studio dell’archivio storico di Intesa San Paolo di via Gerolamo Morone 3, grazie al lavoro della dottoressa Carla Cioglia che ha curato l’intera messa a disposizione di questo prezioso patrimonio documentale, ci sono alcuni fascicoli connessi alla Sardegna.

EUGENIO FARGION – All’interno dell’archivio, è presente anche un fascicolo relativo a Eugenio Fargion, nato a Cagliari nel 1894. Si tratta del fratello di Elisa Fargion, anche lei nata a Cagliari nel 1891 da Abramo e Rachele Sacerdoti, poi sposata al ferrarese Gastone Levi e in seguito arrestata a Ferrara nel 1944 e deportata a Fossoli e poi ad Auschwitz Birkenau, a bordo dello stesso convoglio sul quale viaggiò anche, tra gli altri, Primo Levi, per poi finire, assieme al marito, eliminata nelle camere a gas del campo di sterminio lo stesso giorno dell’arrivo il 26 febbraio 1944.

Eugenio, a differenza della sorella, si salva la vita grazie al suo lavoro di ingegnere presso la Aeroplani Caproni di Milano, grazie al quale viene destinato in Svizzera per alcuni lavori. Tuttavia, mentre si trova al di là delle Alpi, un triste destino subiscono in particolare una sua villa e dei terreni siti a Cernobbio, precisamente in località Stemianico, che vengono tutti posti sotto sequestro e inventariati. Si tratta, con tutta evidenza, della villa “sul lago di Como” della quale racconta Paola Fargion, la pronipote di Elisa e nipote di Eugenio. Una villa nella quale, racconta Paola, Elisa e il marito passarono anche l’ultima estate del 1943, quando Eugenio chiese alla sorella e al cognato di non allontanarsi dalla casa, di non fare ritorno a Ferrara, probabilmente con lo scopo di organizzare una fuga in Svizzera anche per loro.

Così non fu, e purtroppo in Svizzera andò solo Eugenio. Tuttavia, è interessante scoprire dalle carte cosa avvenne dopo il sequestro dell’Egeli: emesso decreto di sequestro della casa dalla prefettura di Milano il 10 febbraio 1945 e la delega della gestione del bene, il 3 marzo successivo viene stabilito che il delegato Cariplo si presenti con l’ufficiale giudiziario presso la villa per procedere appunto alla presa in consegna del bene. Tuttavia, tutto si blocca; la villa, infatti, si viene a sapere essere stata occupata dal comando tedesco della provincia di Como che lì si è stabilito, e da lì non vuole andarsene. È l’inizio di un vero e proprio braccio di ferro tra l’Egeli e le autorità tedesche di occupazione, nel quale l’ente sottolinea al Maresciallo Vogel, principale responsabile della situazione, come quel bene sia, per decreto della Repubblica Sociale Italiana, di proprietà della Repubblica di Salò, e non un bene che possa essere occupato dai tedeschi a proprio piacimento, e che debba essere rilasciato quanto prima per consentirne la presa in consegna da parte delle autorità fasciste. 

VIRGINIA MARIANI – Andando avanti, è poi presente il fascicolo di Virginia Mariani: si tratta di una delle tre sorelle di Vittorina Mariani, nata a Porto Torres nel 1904 e deportata da Fossoli a Bergen Belsen il 2 agosto del 1944, poi liberata nell’aprile 1945 a Farsleben, sul treno diretto a Theresienstadt intercettato dagli americani. Il fascicolo è relativo all’appartamento dove Vittorina è arrestata con la sorella il 17 aprile 1944 a Milano. Il decreto di confisca dell’appartamento è datato 25 agosto 1944, ma la burocrazia giunge all’effettiva presa in consegna del bene non prima del 6 dicembre successivo.

L’ufficiale giudiziario, tuttavia, si presenta per la presa di possesso dell’immobile solo l’11 febbraio 1945, compilando in maniera puntigliosa un verbale comprensivo di una elencazione di tutti i beni presenti nella casa, e annunciando anche il nome e il cognome di colui che sta subentrando nell’appartamento. Le Mariani, sia Vittorina sia le tre sorelle (anche altre due saranno arrestate in altre località fuori Milano appena alcune ore dopo l’arresto di Vittorina e Virginia) torneranno a casa tutte insieme, sopravvivendo ai lager.

GIUSEPPE CABRAS – Il fascicolo però più interessante in assoluto, e recante delle vere e proprie novità nelle vicende degli ebrei sardi o di origini sarde in quegli anni, è quello relativo a Giuseppe Cabras, un uomo classificato a Milano come “di razza ebraica”, e del quale la sola traccia che per ora abbiamo è proprio il suo fascicolo personale conservato dall’archivio storico dell’Intesa San Paolo.

Si tratta di una serie di operazioni che scattano a partire dal 1 settembre 1944, quando la Prefettura di Milano riceve una copia dei decreti di confisca relativi a un deposito cauzionale effettuato da Cabras corrispondente a una somma di denaro di lire 200. Al 18 luglio 1944 scatta definitivamente il sequestro in favore della Repubblica Sociale Italiana, e viene come da prassi delegato il credito fondiario della cassa di risparmio delle province di Milano per la presa in consegna e gestione del bene. Il 26 marzo 1945, la cassa di risparmio delega tre persone affinché provvedano agli incombenti relativi alla consegna dei beni e alla loro gestione. Purtroppo, il tutto si ferma qui. Non  emergono da questi documenti altre informazioni su Giuseppe Cabras, né vengono indicati nei documenti del sequestro la data di nascita o il nome dei genitori, ma solo un indirizzo di abitazione sito nel centro milanese.

Il 24 agosto 1945, con decreto del Prefetto di Milano, Cabras si vede annullare il sequestro di questa somma e ordinata la restituzione della stessa, ma non si presenterà mai a riprendere questi soldi. Non sappiamo perché. La ricerca è ancora aperta.

Alessandro Matta

(direttore Associazione Memoriale Sardo della Shoah)

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