Da L'Unione Sarda del 10 maggio 1978 l'articolo di Vittorino Fiori, prima firma del quotidiano sardo, dopo il ritrovamento del corpo di Moro nel bagagliaio della Renault rossa

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Sembra che i boia siano stati due, impugnavano pistole come i tedeschi alle Fosse Ardeatine. La condanna a morte era stata scritta freddamente da un dattilografo che faceva correre sul foglio la pallina rotante di una macchina da scrivere Ibm. L'ostaggio era lì, indifeso, rassegnato. Se verrà confermata l'ipotesi che gli assassini gli abbiano strappato le vesti di dosso per umiliarlo maggiormente al momento dell'esecuzione, gli ultimi momenti di vita di Aldo Moro entreranno con un altro dettaglio agghiacciante tra le pagine più nere della ferocia umana. Ma basta la foto che lo mostra nel bagagliaio della Renault, ripiegato come in un sarcofago, il capo reclinato su una spalla, per dire tutto - senza bisogno di altri particolari - sulla sua morte; e sul fanatismo di chi l'ha voluta, al termine di un "processo" che solo una mente malata può attribuire a un "tribunale del popolo".

La sentenza era già scritta, i boia erano pronti, "l'imputato" - uomo di legge prima ancora che politico - non poteva farsi illusioni. Annunciando il processo, i brigatisti che lo celebravano nel buio di una prigione dichiaravano che i suoi verbali sarebbero stati pubblicamente divulgati. Si ripromettevano di strappare a Moro chissà quali tenebrosi segreti, non hanno ottenuto nulla. Hanno cercato allora di barattare la vita del prigioniero e si sono scontrati con lo Stato di diritto. Allo scadere del cinquantacinquesimo giorno si sono infine convinti d'aver perduto la partita e hanno sparato con criminale determinazione.

Ora qualche "brigatologo" cercherà di spiegare razionalmente il gesto del boia senza volto. C'è sempre, in Italia, qualcuno disposto a credere che chi è capace di organizzare con successo un'azione di guerriglia sequestrando un uomo importante, dopo aver battuto sul tempo la scorta in un bagno di sangue , sia dotato di una speciale intelligenza.

Vittorino Fiori, all'epoca dei fatti prima firma de L'Unione Sarda
Vittorino Fiori, all'epoca dei fatti prima firma de L'Unione Sarda
Vittorino Fiori, all'epoca dei fatti prima firma de L'Unione Sarda

La conseguenza è una stupida apertura di credito: le successive mosse verranno interpretate come frutto di calcoli infallibili. E invece il cadavere che i terroristi hanno abbandono ieri nel centro di Roma - con un rituale che vorrebbe gonfiarsi di significative allusioni, nella scelta del luogo equidistante dalle sedi centrali della Dc e del Pci - dimostra solo che gli assassini hanno preso atto del loro fallimento. Volevano mettere lo Stato in ginocchio, hanno solo dimostrato che non basta gettare in una misteriosa prigione un uomo - per quanta autorità possa essergli riconosciuta - per vincere una partita la cui posta è lo scardinamento dei principi su cui si basa la civile convivenza. Quando l'hanno capito, hanno dichiarato la loro impotenza mettendo ancora una volta mano al mitra. Hanno creato un martire, hanno gettato nel lutto un'altra famiglia, ma hanno scavato un fossato profondissimo tra le loro posizioni e quelle di chi - chiamandoli "compagni che sbagliano" - tentava in qualche modo di capirli.

Il destino dei boia è una disperata solitudine.

Ed è appunto con la loro disperazione di belve braccate che dovremo fare ora i conti. Se i brigatisti, sequestrando e uccidendo Moro hanno voluto dimostrare che lo Stato è debole e inefficiente, la sola risposta che può essere loro data è quella della forza e dell'efficienza. Inutile negarlo, polizia e magistratura hanno mostrato in quest'occasione i loro limiti. Il problema è però di uomini e di mezzi, e non di leggi speciali. Bastano - e ne avanza - quelle che già esistono.

Se nei calcoli dei brigatisti c'era una dissennata reazione a base di plotoni di esecuzione e di stadi pieni di prigionieri, è questo il momento di mostrare che la forza dello Stato non risiede nei colpi di coda che caratterizzano le tirannidi. La sua vera forza è l'uso illuminato delle leggi che regolano la civile convivenza: farle rispettare è compito di una magistratura e di una polizia che abbiano uomini e mezzi adeguati.

La strada della democrazia non va avanti per scorciatoie, ma porta sicuramente lontano. Quando i boia sono convinti che è giunta la loro ora, la peggiore delle risoluzioni è quella di chi - ripristinando la pena di morte - volesse mettersi al loro stesso livello.

Vittorino Fiori
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