Troppo spesso consideriamo la tecnologia - soprattutto quella più innovativa come la robotica e l’intelligenza artificiale – come qualcosa di estraneo. Viceversa, viviamo letteralmente immersi nelle soluzioni tecnologiche più disparate, dalle più antiche come la ruota alle più moderne come lo smartphone, tanto che sarebbe impossibile immaginare il mondo senza le continue invenzioni degli esseri umani. Insomma, la storia dell’uomo è anche la storia delle tecnologie che abbiamo sviluppato e che ci accompagnano nel nostro cammino. E conoscere la tecnologia è fondamentale per comprendere il nostro tempo e prepararci al futuro che ci attende.

È questo il tema di fondo del volume “Saremo tutti robot?” (Il Castoro Editore, 2022, pp. 144) che si inserisce nella collana di divulgazione per i più giovani “Le 15 domande”, curata da Pierdomenico Baccalario e Federico Taddia.

In ognuno dei volumi della collana i curatori sono affiancati da un esperto che aiuta a orientarsi in tematiche non sempre semplici, come è appunto il caso della tecnologia contemporanea.

In "Saremo tutti robot?” a guidare i giovani lettori è Massimo Temporelli, esperto che da 25 anni si occupa di diffusione della cultura scientifica, tecnologica e dell'innovazione.

A Temporelli proponiamo come prima cosa una delle quindici domande che compongono il libro: i robot prenderanno il nostro posto sulla Terra?

“Per ora non esistono robot in grado di pensare come gli esseri umani e di prendere del tutto il loro posto. Quello che però accadrà sempre più spesso nel prossimo futuro è che il valore che l’essere umano porta in una determinata attività venga messo in discussione da robot capaci di svolgere gli stessi compiti. E il tema fondamentale non è se accadrà, ma come accadrà”.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ci aiuti a capire…

“Sicuramente i robot sostituiranno gli esseri umani in certi compiti. È sicuro, ma anche giusto che sia così perché la sostituzione avverrà in quegli ambiti del lavoro più ripetitivi e noiosi. Verremo sostituiti in quelle attività in cui le specificità umane fanno ben poco la differenza e questo ci lascerà più spazio per dedicarci alla progettazione, alla creatività, alle fasi più gratificanti del lavoro. Dovremo quindi abituarci a un modo nuovo di concepire il nostro impegno lavorativo e dovremmo farlo in fretta perché le tecnologie si stanno perfezionando rapidamente e stanno diventando sempre meno costose”.

Ci aspetta quindi un futuro meno frustrante grazie alla tecnologia?

“Questo è quello che ci auguriamo e ci dobbiamo dare da fare per costruire un futuro con queste caratteristiche, cosa non scontata quando ci sono in gioco nuove tecnologie. La tecnologia del futuro, quindi, deve essere pensata perché sia funzionale ai bisogni degli esseri umani. E perché questo avvenga bisogna che le nostre menti, fin da quando siamo giovani, vengano allenate ad approcciare la tecnologia in modo critico. È questo il messaggio che vogliamo far passare nel volume Saremo tutti robot?. Dobbiamo imparare a porci domande sulla tecnologia, dobbiamo chiederci in che modo ci può migliorare la vita a casa, a scuola, nel lavoro. Dobbiamo domandarci quali compiti un robot dovrebbe svolgere per incidere positivamente sulla nostra esistenza. Spesso si tratta di domande che non hanno una risposta univoca, ma è fondamentale allenarsi fin da bambini a ragionare su questi interrogativi”.

Quanto è importante conoscere le tecnologie che usiamo?

“Non è importante: è fondamentale. Tanti problemi che affliggono l’Italia di oggi sono dovuti a ignoranza tecnologica. Prendiamo per esempio Bill Gates. Può non piacerci come personaggio, ma assieme a Steve Jobs ha segnato gli ultimi decenni della nostra storia. Ebbene Bill Gates a tredici anni, nel 1968, aveva già la possibilità di studiare informatica nella sua scuola e di fare programmazione. All’epoca l’informatica rappresentava l’avanguardia della tecnologia come oggi lo è la robotica e l’intelligenza artificiale, materie che vengono attualmente insegnate nelle scuole americane. In Italia invece siamo in ritardo di decenni, fatte salve alcune eccezioni. Questo ritardo si traduce in un gap per tutti noi”.

Quali sono le conseguenze?

“Questa ignoranza per quanto riguarda la tecnologia si traduce in una incapacità di leggere le complicazioni e le complessità del presente. All’atto pratico non riusciamo a stare al passo con i tempi: non ci riusciamo come individui, non ci riescono le imprese italiane e non ci riesce l’Italia. In ogni epoca “maneggiare” una tecnologia all’avanguardia ha sempre dato un vantaggio. Valeva quando si doveva scheggiare una pietra o accendere il fuoco, vale ancora di più oggi che le tecnologie sono così complesse e diffuse”.

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