Possiamo pensare alla cucina italiana senza il pomodoro? Oggi assolutamente no. Eppure, questo frutto – perché di frutto si tratta, anche se spesso viene incasellato tra le verdure – fino alla scoperta dell’America era sconosciuto nel nostro continente.

Dopo l’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo numerosi prodotti attraversarono l’Atlantico e giunsero in Europa a bordo delle navi spagnole e portoghesi. L’elenco è lungo e forse sorprendente: il mais, la patata, tante varietà di fagioli, l’arachide, il peperoncino piccante, alcune varietà di peperone, alcune tipologie di zucca, il cacao e la vaniglia e, appunto, il pomodoro.

L'autore William Alexander (foto Katie Alexander)
L'autore William Alexander (foto Katie Alexander)
L'autore William Alexander (foto Katie Alexander)

L’impatto di questi cibi sulla cultura alimentare europea è stato enorme. Pensiamo ad esempio al mais e alla patata che entrarono a far parte dell’alimentazione popolare, in alternativa al pane e ai prodotti a base di farina di frumento, e che si rivelarono fondamentali per sconfiggere definitivamente il flagello della fame.

L’affermazione dei prodotti americani nella cucina europea non fu però immediata. Il pomodoro, per esempio, in un primo momento fu utilizzato unicamente come pianta ornamentale e si credeva che un suo consumo eccessivo potesse nuocere alla salute. Solo a partire dal Settecento e ancora di più nell’Ottocento divenne un alimento fondamentale, presente su ogni tavola che si rispetti non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo.

Le tante storie che ci raccontano il trionfo culinario di questo frutto con cui gli Aztechi, secondo la leggenda, accompagnavano anche la carne dei nemici uccisi ci vengono narrate nel volume “I dieci pomodori che hanno cambiato il mondo” (Aboca, 2023, pp. 384, anche e-book).

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

In questo saggio scanzonato e allo stesso tempo documentatissimo, il giornalista William Alexander indaga su come il pomodoro sia passato da essere ignorato e disprezzato fino a diventare straordinariamente popolare in tutto il mondo. I primi a farne menzione furono i conquistadores spagnoli che lo scoprirono durante la conquista della civiltà azteca e lo portarono in Europa. Quando il pomodoro prese a circolare in Italia, risultava talmente strano che la gente non capiva nemmeno che parte se ne dovesse mangiare. Ci furono esperti dell’arte culinaria che lo dichiararono non adatto all’alimentazione umana dopo averne masticato le foglie. Fu addirittura giudicato velenoso da molti perché imparentato con la belladonna, uno dei veleni naturali più letali.

Quando, sempre in Italia, il consumo di pomodori ebbe finalmente inizio, a provarli furono soprattutto personaggi facoltosi e potenti, in cerca di degustazioni esotiche, come i gastronomi curiosi e avventurosi che, trovandosi in Giappone, non tralasciano di cimentarsi col fugu, il leggendario pesce palla potenzialmente letale della cucina nipponica.

Alexander ci racconta allora come il pomodoro si sia trasformato, nel corso dei secoli, nell’utilizzo e nella percezione: da cibo raro a merce industriale. Ci spiega, per esempio, come la storia del pomodoro si accompagni alla nascita dell’industria dell’inscatolamento.

Fu, infatti, uno dei primi alimenti in barattolo della storia. Tra le tante storie raccontate nel libro ripercorriamo così la vicenda del pomodoro San Marzano e dei barattoli per conservarlo a lungo, come questo frutto abbia accompagnato la diffusione della pizza e come sia arrivato solo recentemente a diventare l’accompagnamento principe per spaghetti e affini.

L’autore ripercorre poi le vicende dell’esplosione della sua coltivazione negli Stati Uniti nel corso del XIX secolo e come venne inventato il ketchup, in origine un prodotto nato per utilizzare gli scarti lasciati dopo l’inscatolamento dei pomodori. Infine, Alexander ci conduce nei meandri della selezione genetica, che sempre ha cercato di coltivare frutti più grossi, più rossi e più resistenti anche a scapito del profumo e del sapore del risultato finale. E ci porta nelle serre più avveniristiche, dove ogni aspetto - dal calore, all’umidità alla presenza di insetti - viene monitorato da computer.

Insomma, William Alexander intreccia viaggi, leggende, umorismo, avventure (ma anche disavventure) per seguire la scia del pomodoro attraverso la storia. Un racconto rocambolesco ed epico in cui non mancano eroi, artisti, conquistatori e mafiosi in un volume che è una guida alla scoperta di un alimento che non solo strega il nostro palato, ma pare non avere più confini come scrive a chiare lettere l’autore: «Mai il pomodoro è stato così popolare, mai le sue prospettive così luminose. Dagli esordi come bacca amara e piccola in Sud America, il pomodoro può essere considerato lo Zelig del mondo vegetale […] C’è da chiedersi come avremmo potuto farne a meno. Il pomodoro oggi viene coltivato in ogni continente (incluso l’Antartide) e, per non essere ostacolato da una banalità come la gravità terrestre, ha già un passaggio assicurato sul primo viaggio umano verso Marte».

Non che non ci attiri il pomodoro “marziano”, ma per il momento potrà andare ancora bene il tradizionale il camone della nostra Isola.

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