Pochi personaggi hanno goduto di cattiva stampa più di Giulio II, pontefice dal 1503 al 1513. Erasmo da Rotterdam scrisse alla sua morte un libello satirico in cui si negava al defunto papa l’accesso in paradiso mentre per Lutero Giulio incarnava tutta la corruzione e la decadenza della Chiesa nel Cinquecento. Ancora: Guicciardini e Machiavelli nei loro scritti ne sottolineavano soprattutto le ambizioni politiche, che avrebbero contribuito alla rovina della Penisola italica, divenuta nel XVI secolo terreno di conquista delle potenze straniere. Tutte queste critiche ci dimostrano però quanto sia stato centrale il pontificato di Giulio II, pontificato che ha occupato i dieci anni più splendidi e controversi dell’età rinascimentale. 

Fu infatti questo papa della famiglia ligure dei Della Rovere a chiamare alla corte papale i più grandi artisti del tempo, Raffaello, Bramante e Michelangelo, tutti riuniti con un unico scopo: contribuire con la loro arte e il loro genio alla grandezza del papato. Giulio II, infatti, credeva fermamente nella missione della Chiesa ed era disposto a tutto pur di ridarle l’antico prestigio, anche a intrighi e a guerre contro coloro che gli erano di ostacolo. Un papa con grandi ideali, non solo un ambizioso alla ricerca del potere personale come lo hanno voluto descrivere i suoi contemporanei. Insomma, una grande principe e pontefice del Rinascimento che ci viene restituito in tutta la sua complessità da Giulio Busi nel suo “Giulio II” (Mondadori, 2021, pp. 252, anche e-book), biografia in cui emerge l’altra faccia del mito e della leggenda nera che ha accompagnato il pontefice.

A Giulio Busi chiediamo allora quali elementi nuovi sono emersi studiando la figura di Giulio II:

“Lo studio dei documenti dell’epoca mi ha portato soprattutto a rivedere alcuni giudizi su questo protagonista del Rinascimento. Esiste una linea critica su Giulio II che prende il via da Machiavelli e Guicciardini e arriva fino al Risorgimento e lo vede come un violento, un prevaricatore, un pessimo politico e un nemico dell’Italia”.

Non è stato così?

 “È un giudizio partigiano, basato su opinioni di persone schierate e che guardavano agli interessi della loro parte. Giulio II anti-italiano? Ma chi faceva gli interessi dell’Italia in quel periodo? Firenze e i fiorentini forse? Ogni Stato della Penisola aveva la sua agenda politica e la perseguiva a scapito degli altri, ecco la verità”.

Quali sono stati, allora, i grandi meriti di Giulio II?

“Prima di tutto aveva un grande intuito nella scelta degli artisti. Fece lavorare sempre i migliori e non era facile capire, a priori, quali lo fossero. Semplice dopo aver visto le famose Stanze vaticane dire che Raffaello era un maestro superiore al Pinturicchio…Poi aveva ben chiara l’idea di dover rafforzare la Chiesa prima ancora della propria dinastia, una rivoluzione se pensiamo che Giulio II viene dopo Alessandro VI Borgia che lavorò principalmente a favore della famiglia. Non che Giulio dimentichi i Della Rovere, però mette il papato al primo posto e alcune sue riforme nell’amministrazione e nell’organizzazione dello Stato pontificio dureranno fino all’Unità d’Italia nell’Ottocento.”

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

I papi del Rinascimento sono descritti come pontefici soprattutto mondani. Fu così anche Giulio II?

“Fu certamente un uomo e un pontefice del suo tempo e non lo possiamo guardare con gli occhi con cui guardiamo oggi alla Chiesa e al papa. Era però un uomo di fede, con una sua spiritualità e si interessava anche della Riforma della Chiesa, tanto di indire un concilio in Laterano. Come mondanità fu peggio Leone X, che però era della famiglia dei Medici e godeva di migliore stampa. Giulio II apparteneva a una famiglia di parvenu e questo non gli giovava”.

Nel libro emergono anche gli aspetti umani e intimi della personalità del Della Rovere? Che tipo di uomo era?

“Era uomo di passioni forti, sicuramente con dei tratti di arroganza. Non è stato uno dei pontefici più inclini al nepotismo però aveva una grande fedeltà nei legami. Fu sempre molto legato alla figlia illegittima Felice, avuta in seguito a una relazione con Lucrezia Normanni. Di questa relazione non si era sicuri ma nella preparazione del mio libro ho trovato un documento che attesta questo legame tra Giuliano della Rovere, cioè Giulio II, e Lucrezia. In generale amava molto la compagnia delle donne quando era libero da impegni”.

Era molto fedele ai legami e per questo, come spiega nel suo libro, veniva spesso tradito da parenti, alleati…come reagiva ai tradimenti?

“Si infuriava, però sapeva di poter far poco per cambiare le cose. L’élite italiana del tempo puntava solo a salvarsi, a fare i propri interessi, anche a costo di portarsi lo straniero in casa. Alla fine, anche il pontefice dovette barcamenarsi tra Spagna, Impero e Francia. Fu tutto un po’ deludente, ma alla fine cosa avrebbe potuto fare, da solo e contro tutti, in quella situazione?”.

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