Esistono figli di serie A e figli di serie B? Sì e in Italia sono indicativamente 100mila quelli della seconda categoria, nati cioè da coppie separate e divorziate. Figli che, a seguito della rottura della relazione tra la loro mamma e il loro papà, non dormono tra due guanciali, ormai privati della spensieratezza di cui ogni individuo in età evolutiva dovrebbe godere.

Per quali ragioni 100mila soggetti rischiano potenzialmente di soffrire? Perché sono inascoltati – nei casi "migliori"– o messi in soffitta nelle situazioni peggiori. Perché talvolta vengono usati come pedine, da adulti inferociti e vittime di lesa maestà, in uno scontro tra titani all’ultimo sangue. Perché privati del calore di un focolare domestico. Perché trattati come pacchi postali. Oppure perché catapultati in situazioni economiche ben differenti da quelle iniziali, che non garantiscono loro eguali possibilità rispetto a un figlio di una famiglia unita.

Il 2 ottobre di quest’anno, sembrava fosse finalmente arrivato il momento della rottura delle "caste filiali": veniva presentato il decalogo dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, redatto con l'aiuto dei ragazzi e degli esperti, per cercare di limitare i danni affettivi che le separazioni e i divorzi possono causare ai più piccoli.

E quando ci si separa o si divorzia alla persona con cui si ha avuto un figlio, non di solo affetto si parla, ma anche di soldi. Col DDL Pillon, tanto voluto dall’Esecutivo pentastellato, si prospetta la sibillina involuzione, che annulla il best interest of the child a favore di un modello utopistico che ha come scopo la restaurazione in toto della famiglia neocatecumenale come pilastro societario: se il decreto venisse approvato dalla Camera, è lapalissiano supporre che si creerebbero in suolo italico due categorie di figli minorenni: quelli "normali", che crescerebbero nel rispetto delle loro inclinazioni e abitudini di vita (art. 315 bis del codice civile), e quelli nati da coppie disunite, che dovrebbero essere, al contrario, mantenuti secondo parametri standard: vale a dire che le pecore nere della situazione, i figli dei genitori separati/divorziati, espierebbero il fio morale e pecuniario di qualcosa di cui non hanno colpa. Se di colpa, quando l’amore di due adulti vaccinati si spegne, si può sempre parlare.

Due pesi e due misure. In un quadro non roseo, quale quello di separazioni e divorzi che coinvolgono i minori, la psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris, ordinaria di psicologia dell’età evolutiva presso la Sapienza di Roma, entra in punta di piedi, con l’intenzione di narrare, nel suo nuovo romanzo di formazione "Tutti per uno" (Salani Editore, 2018, pagine 165, euro 14), il disagio giovanile che può scaturire da un amore parentale finito. La docente universitaria tira fuori l’argenteria stilistica, la lucida, e impiega un linguaggio semplice, di facile lettura. Si tiene lontana da polemiche, dando all’opera un taglio vicino al gusto del lettorato.

La sua sintassi è difatti breve, la narrazione incalzante; la trama si snoda attorno a una ragazzina di nome Fabrizia che, a sole dieci primavere, scopre che i genitori intendono lasciarsi. Quella dei suoi genitori sarà una separazione come tante altre. È il seguito che lascia esterrefatti: agli occhi di Fabrizia la normalità è anormale e si apre sotto i suoi piedi il più profondo dei baratri. Ecco che, per fronteggiare l’immane dolore provocato dalla disgregazione degli affetti familiari, la giovane comincia a far uso di droga, ad attorniarsi di cattive frequentazioni e a ricercare esasperatamente l’autonomia. I genitori stessi, Giovanni (un meccanico) e Lucia (una maestra elementare) dopo che si sono detti addio per colpa di un tradimento di lui, hanno costituito nuovi nuclei famigliari, circondandosi dei bambini dei rispettivi amanti, giungendo infine a dimenticarsi totalmente della figlia di sangue e ad anteporre il "nuovo" al "vecchio": in altre parole, anche loro cercano la propria autonomia, ai danni della figlia.

La negligenza dei due genitori culminerà col dimenticarsi del compleanno di Fabrizia. Del resto, i pensieri sono tanti, e si rincorrono velocemente, nelle menti dei due adulti. A cominciare dalla mamma di Fabrizia, Lucia, che di mattina lavora in una scuola primaria della città capitolina e di sera alleva e pasce il figlio del nuovo partner Ugo; ingegnere, Ugo è padre di Carletto, inoltre è l’ex marito di una donna in carriera e per questo ha l’affido esclusivo del figlio. Ugo è tollerato sul rotto della cuffia da Fabrizia e proprio per tutelare suo figlio Carletto dalla cattiva influenza dell’adolescente, l’ingegnere propone a Lucia, una volta acclarato che la figliastra aveva fatto uso di sostanze stupefacenti durante un rave party, di far seguire alla ribelle Fabrizia un percorso di psicoterapia. E se Atene piange, Sparta non ride.

Giovanni, il padre di Fabrizia, dal fidanzamento con la nuova compagna trova nettamente l’America: realizza il malcelato sogno di allevare i figli maschi, sebbene non suoi. Che questo desiderio non collimasse con la responsabilità paterna è cosa presto detta: Giovanni arriva infine a trascurare Fabrizia, spendendo tutte le sue energie coi figlioli prodighi, con le new entry. In conclusione, un ruolo fondamentale della perdizione di Fabrizia spetta alla responsabilità genitoriale. O, per meglio dire, all’irresponsabilità genitoriale. Solo l’incontro con gli psicologi Barbara e Arturo e degli amici Stella, Quang, Gianna, Riccardo, Valeria, Alessio, Mosi – altri "ragazzi difficili" come lei – e la costante vicinanza di nonna Chiara (dalla quale, alla fine, andrà a vivere) consentirà a Fabrizia di raggiungere la stabilità psichica.

"Tutti per uno, uno per tutti": il dumasiano adagio, scelto dalla Oliverio Ferraris come titolo del suo nuovo libro, è foriero di collaborazione, l’unica chiave per vincere ogni problema. Certo, due genitori capaci di assolvere il proprio ruolo sarebbero stati graditi dal principio. Ma essere una buona madre e un buon padre è cosa severa è difficile, che non si lascia conquistare alla prima occhiata. "Tutti per uno" può essere uno spunto per capirsi. E capirci. Un vadevacum per trovare l’equilibrio. "Uno per tutti".

Alessio Cozzolino*

*liceale cagliaritano
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