In limba sarda vengono chiamate forrus, forreddus, grutas, ma il nome con cui sono più note, anche fuori dall’Isola, è Domus de Janas.

Si tratta di ambienti ipogei scavati nella roccia, grotte artificiali dalle pareti di pietra nuda oppure ornate di decorazioni, risalenti – si pensa – al IV millennio avanti Cristo.

Disseminate in tutta la Sardegna, in particolare nella provincia di Sassari, ne sono state scoperte più di 2.400, singole o collegate tra loro a formare vere e proprie necropoli usate dai popoli che hanno abitato l’Isola dal Neolitico all’Età del Bronzo per seppellire i morti. Delle vere e proprie “case” ricavate nella roccia per dare ai defunti un luogo dove riposare per l’eternità.

Al di là della verità storica e archeologica, le Domus de Janas sono anche al centro di leggende tramandate da secoli. 

Come dice il nome, infatti, per molti sono case abitate dalle janas, le fate della tradizione sarda, donne minute e avvenenti, dai poteri arcani, nonché tessitrici abilissime. 

Secondo quanto raccontato dal folklore, vivevano nelle domus scavate nella roccia oppure in cima ai nuraghi. 

(Unioneonline/l.f.)

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