Diciotto racconti, diciotto viaggi nell’universo femminile, dove borse e accessori si trasformano in simboli di identità, forza, intimità. Ogni storia è una finestra aperta su desideri inconfessati, ricordi indelebili e sfide silenziose. Questo è in poche parole Borse, bagagli e altre vite (Dadò editore, 2025, pp. 120), l’ultima raccolta di racconti di Valentina Giuliani.

Ceste, valigie, zaini e sacchetti raccontano non solo oggetti, ma mondi interi: l’attesa struggente di una veglia, un’isola che cela segreti, un addio racchiuso in un testamento, una maternità negata. Così l’autrice invita il lettore a camminare accanto alle sue protagoniste, celebrando le infinite sfumature di chi non si arrende mai.

Ma come è nata l’idea del libro? Lo chiediamo a Valentina Giuliani:

«Ho conosciuto un anno fa una giovane imprenditrice che ha fatto della sua creatività un business unendo poesia, aforismi, motti, citazioni a borse, realizzate da lei, in uno stile unico e originalissimo. Mi è venuta voglia di esplorare il mondo femminile partendo da un oggetto che è simbolo per eccellenza di femminilità. Le borse in questo libro sono microcosmi di emozioni, scrigni pieni di segreti e desideri nascosti, mappe di viaggi, manifesti di sogni, frammenti di storie intime, universi paralleli, racconti dell’anima».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il collante di questi racconti è il femminile. Esiste dunque uno sguardo diverso sulle cose legato al genere? Si può parlare di una scrittura al femminile?

«Esiste uno sguardo che è il mio trasposto in storie con protagoniste donne, ispirate a esperienze personali e collettive, capaci di smuovere sentimenti, ricordi, emozioni e riflessioni che vanno aldilà del genere e sono universali.
Al tema della scrittura, simpaticamente legato all’intelligenza artificiale, dedico l’ultimo racconto Chunks, in cui più che riflettere su una identità espressiva di genere, ci si interroga su come creare e mantenere uno stile unico, originale, riconoscibile, senza assorbire in modo passivo e acritico stilemi e immagini che fanno parte del sentire comune e suonano banali, inflazionati, svuotati di un significato autentico e profondo».

Lei ama il racconto breve e questa è la sua quarta raccolta di racconti. Non le è venuta voglia di scrivere un romanzo?

«Scrivere racconti mi permette di diversificare le storie, gli approcci, i luoghi, i tempi, le dinamiche dei personaggi, gli stili e i registri linguistici. Mi lascia insomma la libertà di muovermi in contesti diversi e di lavorare sull’essenziale, con un impianto narrativo che cattura il lettore e lo ‘butta nella storia’ in una sorta di full immersion. Il punto finale arriva con il tempismo giusto, calcolato alla perfezione, mai improvvisato.
Non credo che scriverò un romanzo ma sto lavorando ad un saggio dal titolo Tedesco ma non troppo. Una lingua e dieci motivi per amarla, che uscirà il prossimo anno per ETS. In dieci capitoli smonto tutti i pregiudizi legati allo studio del tedesco, mettendo in luce come questa lingua sia semplice, divertente, musicale, capace di espressione e sentimento, precisione e creatività. Ma questa è un’altra storia».

Una storia legata a un’altra sua passione oltre alla scrittura: le lingue straniere. In questa raccolta si trovano tre racconti che lei ha voluto proporre in francese, tedesco e romancio. Una scelta particolare per non dire anomala…

«Le traduzioni sono un omaggio al paese in cui vivo da ormai dieci anni, la Svizzera, e sono il frutto di un bellissimo incontro con autori provenienti da cantoni diversi e riuniti a Bienne in occasione dei Bieler Gespräche, una manifestazione che si svolge ogni anno a febbraio nel segno della ricerca linguistica, della traduzione e della produzione letteraria in prosa e poesia. Lì ho avuto modo di leggere un inedito (confluito poi in Borse, bagagli e altre vite), suscitando l’interesse di alcuni traduttori che, approcciando l’intera raccolta, hanno deciso di tradurre un racconto ciascuno nella loro lingua madre. Interessante la scelta: Julia Rader per il tedesco si è cimentata con L’isola, trovando in questo testo i suoi luoghi del cuore, Walter Rosselli, per il romancio, ha tradotto Paesaggi che non a caso è ambientato vicino ai Grigioni e Laurent Vallance l’inedito di Bienne dal titolo Nato morto: nella traduzione francese, ha una malinconica e dolce durezza che lo rende uno dei miei preferiti».

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