"Sono stupefatto. Credi che la mia visione del mondo sia frutto di idealismo, mentre la tua prende le mosse da una lettura improntata al sano realismo? Compagno, se crollasse il complesso ideologico su cui basi il tuo legame con la nazione italiana , le tue pratiche perderebbero senso".

Sassarese, classe 1979, docente di storia e filosofia nei licei e collaboratore di testate giornalistiche, Cristiano Sabino nella sua ultima fatica letteraria dialoga così, via lettera (trenta missive vergate tra il marzo del 2016 e l'autunno dell'anno successivo), col fantomatico Compagno T., un comunista sardo del quale è ignota l'identità ma sono palesi i riferimenti politici e culturali da allineato e italianissimo figlio di una mediazione storica che, nell'ammorbidire i contrasti ("dovremmo suggerire a Lenin di non usare l'aggettivo rinnegato per Kautski?") e nell'appianare le divergenze, ha contribuito all'affermarsi di un modello sociale che stenta a reggere, con duro scorno dei giovani. Al centro del botta e risposta - il linguaggio è vivace, l'atmosfera accesa- 'è soprattutto la Sardegna, che vent'anni fa vide l'emersione di istanze autonomiste (ma il Compagno T., sprezzante, parla "sfilata di mamuthones") in reazione alle ferite rappresentate dalla scoperta delle mefitiche eredità dei poligoni militari e delle industrie pesanti, nonché dalla caduta nel dimenticatoio della lingua dei padri.

Scritto dopo scritto fino all'aspro congedo conclusivo, partendo da una sana autocritica sui passi falsi della sinistra, l'autore cannoneggia la sonnacchiosa adesione delle ex bandiere rosse sarde all'idea di uno Stato del quale essere sottomessi e dipendenti, rifiuta il perpetrarsi dei meccanismi del familismo, aggredisce i luoghi comuni sull'inguaribile allergia della gente di Sardegna ("siamo una civiltà, compagno, anche se lo neghi") agli ampliamenti di vedute, orizzonti e interessi, per un isolazionismo camuffato da insularità.

Fabio Marcello

La copertina del libro
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