Diceva il presidente Sandro Pertini che dietro ogni articolo della Costituzione si ritrovano le centinaia di giovani morti durante la Resistenza, sottolineando la relazione strettissima tra l'esperienza di lotta civile e le libertà democratiche che da quel dopoguerra sono arrivate fino a noi. Il 25 aprile è la data simbolo di questa pagina di storia nazionale, scelta fin dal 1946 per celebrare la liberazione della Penisola dalle forze nazifasciste e omaggiare tutti gli italiani che la resero possibile.

Se è vero che per la Sardegna la guerra finì il 17 settembre del 1943 con lo sbarco dei primi Alleati e che gli scontri armati tra i soldati italiani e i tedeschi della 90a Divisione nell'Oristanese e a La Maddalena sono gli unici episodi isolani assimilabili alla Resistenza, è ormai accertato che il contributo dei sardi all'antifascismo è andato ben oltre ed è ricco di esempi luminosi, che non si limitano alle grandi figure di Antonio Gramsci, Emilio Lussu e Francesco Fancello.

Accanto a loro, infatti, vanno ricordate le centinaia di sardi finiti davanti al Tribunale Speciale o mandati al confino per motivi politici e le storie di quanti hanno contribuito alla lotta partigiana sul "continente", a partire da quel fatidico 8 settembre, quando i comandi della Sardegna inviarono numerosi reparti verso la Linea Gustav e la Linea Gotica e i soldati già presenti sul continente si ritrovarono abbandonati a se stessi, combattuti tra il ritorno a casa, l'adesione alla Repubblica sociale e la lotta clandestina contro i nazifascisti nelle città o sulle montagne.

La guerriglia a Roma, l'attentato di via Rasella e l'eccidio delle Ardeatine

Tra i sardi che scelsero la strada della Resistenza e furono attivi per la liberazione della capitale figurano personaggi come il sassarese Stefano Siglienti, il futuro ministro delle Finanze del governo Bonomi, o come il giovane universitario di Sassari Mario Demartis e il negoziante Antonio Feurra di Seneghe, comandante militare dei Gap di Monte Sacro, entrambi uccisi a Forte Bravetta.

E ancora Francesco Curreli, Marisa Musu, Luigi Pintor e Silvio Serra, membri dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) a cui si deve l'attentato di via Rasella contro una compagnia di soldati tedeschi, seguito qualche settimana dopo dalla terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine, che costò la vita anche 9 sardi, tra cui il professor Rino Canalis e Sisinnio Mocci, professore militante di Giustizia e Libertà il primo, volontario in Spagna e partigiano nella capitale il secondo.

Gruppo di partigiani nel centro Italia
Gruppo di partigiani nel centro Italia
Gruppo di partigiani nel centro Italia

I sardi nella Brigata Garibaldi e il sabotaggio dei bombardieri tedeschi

Nella confusione successiva all'8 settembre, per i militari sardi dislocati sulla Penisola il ritorno a casa si dimostrò subito piuttosto complicato e molti di loro, braccati dai tedeschi, furono costretti ad aderire alla Repubblica di Salò, pena l'arresto, la deportazione o, in alcuni casi, la morte. Una scelta obbligata anche per i 50 sardi aggregati al battaglione repubblichino di Francesco Maria Barracu - la cui salma sarà al fianco di quella di Mussolini in piazzale Loreto - che però riuscirono rocambolescamente a fuggire già a inizio '44 sotto la guida del giovanissimo pastore orgolese Luigi Podda, entrando tra le fila della Brigata partigiana Garibaldi con uno spirito di coesione e identità che ricorda per molti aspetti quello dei gloriosi "sassarini" della Grande Guerra. Venivano da Orgosolo, Nuoro, Bitti, Bono e Bonorva e furono protagonisti di un'azione memorabile all'aeroporto di Ronchi dei Legionari, in cui riuscirono a dare fuoco a 7 bombardieri tedeschi.

Bartolomeo Meloni e il sabotaggio dei treni verso la Germania

Nella cornice di Venezia operava invece il cagliaritano Bartolomeo Meloni, ingegnere e ispettore delle ferrovie di Stato, costretto ad aderire al Partito fascista ma tra i primi a muoversi attivamente nell'antifascismo con la creazione della Brigata Matteotti. In virtù della sua posizione e della conoscenza della rete ferroviaria riuscì a sabotare il trasporto dei prigionieri italiani verso la Germania e salvare molti ebrei del ghetto veneziano, pagando in prima persona con l'arresto da parte delle SS e la deportazione a Dachau, dove morì nell'estate del '44.

I caduti della Resistenza
I caduti della Resistenza
I caduti della Resistenza

"Garavelli" e "Fausto", coraggiosi comandanti partigiani

Dietro il nome di battaglia "Garavelli" si celava l'ufficiale nuorese Claudio Deffenu, che dal '43 guidò i Gap di Bologna in decine di azioni leggendarie, come quando beffò le guardie del locale carcere travestito da repubblichino e riuscì a liberare centinaia di prigionieri politici, o quando fece saltare l'Hotel Baglioni di Bologna in cui erano dislocati i gerarchi nazisti.

Stesso coraggio per l'altro sardo Fausto Cossu, ufficiale dei Carabinieri di stanza in Jugoslavia che riuscì a fuggire dai tedeschi e costituì la compagnia partigiana che liberò Bobbio e Piacenza.

La lotta partigiana sulle montagne
La lotta partigiana sulle montagne
La lotta partigiana sulle montagne

La Resistenza del comandante "Geppe"

Infine la parabola intensa e turbolenta di Nino Garau, raccontata dalla sua viva voce a decine di studenti, ricostruita nel 2013 dal documentario Geppe e gli altri - Storia di vita di un comandante partigiano sardo e oggi riproposta nel volume La Sardegna e la guerra di Liberazione. Studi di storia militare (FrancoAngeli editore), che sarà presentato il 25 aprile al Palazzo municipale di Oristano alle ore 17. È la storia di un ventenne cagliaritano che nel '43 era allievo ufficiale all'Accademia aeronautica di Caserta e che dopo l'8 settembre si ritrovò come tanti conterranei perso e braccato, ma alla fuga e all'ingresso nella Repubblica di Salò preferì la lotta partigiana nel modenese, arrivando a guidare i 500 combattenti della tredicesima Brigata partigiana "Aldo Casalgrandi". Catturato dai tedeschi e torturato riuscì a scappare grazie all'aiuto di un secondino, per tornare all'azione e liberare con i suoi compagni tutta la zona della provincia di Modena la notte del 22 aprile del 1945, prima dell'arrivo delle truppe alleate.

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)

Un gruppo di partigiani durante la guerra
Un gruppo di partigiani durante la guerra
Un gruppo di partigiani durante la guerra

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