Oggi su Ricette sarde, parliamo di una preparazione particolarmente simbolica per la Sardegna: su filu ’e ferru, o abba ardente. Per conoscere meglio questa ricetta abbiamo contattato Carlo Pische delle “Distillerie Lussurgesi”.

«Come azienda siamo nati nel 2003: ho voluto riprendere questa tradizione che era stata messa in soffitta, per una motivazione identitaria, di orgoglio per ciò che era esistito ma non c’era più. Anche perché spesso si abusava del termine “filu ‘e ferru” e si trovavano nei negozi prodotti che non erano sardi. Per questo ho voluto rimettermi in gioco. La qualità della materia prima è fondamentale. Se si usa un vino con difetti organolettici, si otterrà un’acquavite con difetti organolettici. L’alcool non fa altro che esaltare pregi e difetti della materia prima».

FILU ‘E FERRU, IL SIMBOLO DELL’OSPITALITÀ IN SARDEGNA 

Praticamente in qualunque casa si vada in Sardegna, sarà molto difficile che non venga offerto un bicchierino di questa eccellenza isolana, che rappresenta un pezzo di storia importante per il paese di Santu Lussurgiu: «Fino all’avvento dei Savoia, nei primi anni dell’800, non esistevano i dazi. A Santu Lussurgiu nel 1839 c’erano 40 distillerie e questo lo rendeva il secondo paese in Sardegna per numero di alambicchi in funzione. Una volta arrivati i Savoia e imposti i dazi, iniziò ad esserci una grande produzione clandestina, fonte di sostentamento per molte famiglie. I carabinieri giravano a piedi di casa in casa per trovare i luoghi in cui si distillava».

PERCHÉ SI CHIAMA FILU ‘E FERRU?

«In Sardegna il termine filu ‘e ferru fu coniato perché in quel periodo non si poteva parlare chiaramente di acquavite, ma veniva venduto sottobanco e quindi abusivamente. Il classico fil di ferro era un segnale per trovare il punto in cui il distillato era stato nascosto. Comunque, il termine filu ‘e ferru viene usato soprattutto nella zona meridionale, in Barbagia e anche nel nord dell’isola la si chiama “abba ardente”. Il nome deriva quindi da questa storia che racconta una forma di produzione clandestina. In particolare, nella zona di Santu Lussurgiu, l’abba ardente si fa con il vino (tipo brandy) mentre in altre parti dell’isola viene fatta con le vinacce. È una differenza che non tutti conoscono».

COME SI FA SU FILU ‘E FERRU?

«Mentre nell’acquavite di vino si mette il vino nell’alambicco e lo si fa riscaldare finché evapora e si ottiene il distillato che è praticamente un brandy, nell’acquavite di vinacce nell’alambicco si mettono le vinacce con un po’ d’acqua, e quando va in ebollizione, i vapori alcolici fanno risalire le materie prime e danno origine al prodotto finale, di cui si riconosce il profumo e il gusto. La miscela alcolica inizia a bollire a 74°: si formano i primi vapori alcolici, le cosiddette teste, che vanno scartate. Si arriva a un prodotto “pulito” a 78° di temperatura.  

Con le bucce dell’uva, dopo che veniva fatto il vino, si usavano quelle bucce che avevano ancora dell’alcool e venivano miscelate con l’acqua e distillate, dando vita ad un prodotto chiamato acquavite di vinaccia o grappa in italiano. Noi lo chiamiamo filu ‘e ferru che è un’acquavite di vinaccia, mista a un po’ di vino. Sono produzioni tipiche casalinghe.  

Il prodotto va affinato almeno sei mesi in cisterna per ottenere il distillato e minimo un anno nelle botti che possono essere di rovere o di castagno».

LA GRADAZIONE

«Quando si scarica tutto il prodotto tra i 60° e i 50° si ottiene il “cuore”, dopo i 50° alcolici il prodotto si scarta. La gradazione deve rimanere tra i 42 e i 45 gradi».

LA DIFFERENZA TRA FILU ‘E FERRU E GRAPPA

«In Sardegna, con lo stesso nome, si identificano due prodotti diversi in base alla località in cui vengono prodotti. La grappa è un’acquavite di vinaccia, che in Sardegna viene chiamato filu ‘e ferru perché non ha un nome proprio. Nel nuorese viene chiamato abba ardente, ma in italiano si chiama grappa, fatta con le bucce dell’uva».

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