Ambizione, sete di potere e di ricchezza, amore, inganno e assassinio. Sono gli ingredienti della storia di Zuccarina e Gottifredi, risalente al XV secolo e che ha come sfondo l’acerrima rivalità tra famiglie nobili nella Sardegna medievale

Il racconto, assai poco noto, è contenuto in una raccolta di novelle di Giovanni Sercambi, uomo politico e scrittore toscano (1347-1424), nonché autore di un Cronaca della Città di Lucca.

Il titolo è tutto un programma “De falsitate e tradimento”. Ed eccone, di seguito, il riassunto.

Al tempo del giudice di Arborea Sismondo (che non compare nella lista “ufficiale” dei giudici di Arborea, ma che secondo lo stesso Sercambi governò nel 1404) viveva un giovane «assai gagliardo» di nome Gottifredi. 

Sismondo, conoscendo la sua astuzia e il suo valore, decise di reclutarlo per conquistare il castello di Castri (probabilmente il Castellum Castri di Cagliari), retto da un sovrano di nome Passamonte, «uomo di gran cuore».

Quest’ultimo aveva una figlia «bella e savia»,  Zuccarina, dalla quale si faceva sempre consigliare. 

Accadde allora che, accordatosi con Sismondo, che gli aveva promesso, in cambio della presa del castello, ricchezze e, anche, sua figlia Bianca in sposa, Gottifredi si presentò da Passamonte, spacciandosi per un ambasciatore del giudice di Arborea, che voleva trattare la pace. 

Qui conobbe Zuccarina, a cui si presentò come persona affabile, sincera e onorevole. Lei se ne invaghì e lui finse di ricambiare. Ma i suoi piani erano ben altri. 

La convinse, con la falsa promessa di portarla via con sé, a fingersi disponibile a sposare il figlio del giudice Sismondo, Dragonetto, e ad aprirgli il castello del padre.

Costui, ingolosito dalla possibilità di sposare una fanciulla nota in tutta la Sardegna per la sua bellezza, arrivò dunque a Cagliari, conquistò il castello bramato dal padre e uccise Passamonte.

Ma non trovò Zuccarina: Gottifredi, infatti, fedele agli accordi con Sismondo, che gli aveva assicurato, oltre alle ricchezze, anche la figlia Bianca, l’aveva condotta in riva al mare e l’aveva affogata. 

Ma proprio mentre Gottifredi si apprestava a tornare ad Arborea, contento per essere riuscito a trovare il modo di prendere il castello di Castri e convinto di farla franca e di potersi imparentare nientemeno che col giudice di Arborea, ecco il colpo di scena finale

È Dragonetto a mettersi in mezzo, a sopresa, accusandolo: «Sei il peggiore dei traditori: hai tradito Passamonte, hai tradito Zuccarina e, infine, hai tradito me, perché hai ucciso la donna che volevo sposare. Solo per lei avevo accettato di partire alla conquista di questo castello, tanto bramato da mio padre. Ma ora lei è morta per mano tua».

La fine, a questo punto, è scontata: Gottifredi viene giustiziato.

«E se Dragonetto lui fe’ morire – conclude Sercambi – l’avea ben meritato».

(Unioneonline/l.f.)

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