Si avvicina il Carnevale e sono tante le usanze, le tradizioni e le leggende sarde legate a questa festa. Un Carnevale particolare è quello, tra gli altri, celebrato nel Comune di Lula, nel Nuorese, che per protagonista la maschera di Su Battileddu

Il carnevale di Lula – In occasione della festa di Carnevale anche a Lula si tengono le sfilate di carri allegorici, ma la particolarità, che attira sempre molti visitatori, sta anche e soprattutto nelle esibizioni delle maschere locali, che – un po’ come avviene in altre zone della Sardegna – rendono la festa una sorta di rito, suggestivo e impressionante.

Su Battileddu, la storia della maschera – La figura di Su Battileddu, come detto è centrale. Si tratta di una delle maschere tradizionali del Carnevale sardo che trae origine dai tempi antichi e che risalirebbe addirittura ai riti dionisiaci pagani. 

La rappresentazione – Su Battileddu – si legge sul sito di SardegnaCultura – è un essere «vestito di pelli di pecora o montone, ha il volto sporco di fuliggine e di sangue e la testa coperta da un fazzoletto nero femminile, porta un copricapo con corna caprine, bovine o di cervo tra le quali è sistemato uno stomaco di capra ("sa 'entre ortata"). Sul petto porta i "marrazzos" (campanacci), sulla pancia seminascosto dai campanacci porta "su chentu puzone", uno stomaco di bue pieno di sangue e acqua, che ogni tanto viene bucato per bagnare la terra e fertilizzare i campi».

Il sacrificio – Nel rito carnevalesco di Lula Su Battileddu è la vittima sacrificale e nel corso della festa altre maschere lo “braccano”. Si tratta di sas Gattias, uomini travestiti da vedove che indossano gambali maschili, e di sos Massajos, i custodi del bestiame, vestiti da contadini, che «hanno il viso imbrattato di fuliggine e portano pungoli e "socas", funi di cuoio con le quali legano la vittima per percuoterla ripetutamente, strattonarla, trascinarla, fino a farla morire».

«Su Battileddu, considerato pazzo, è tenuto legato e fermo dai Battileddos Massajos – spiega ancora SardegnaCultura a proposito del rito - mentre gli spettatori tentano di pungere su chentu puzone per far uscire il sangue con il quale s'imbrattano il volto. Quando la vittima cade per terra qualcuno grida "L'an mortu, Deus meu, l'an irgangatu!" (L'hanno ucciso, Dio mio, lo hanno sgozzato!) ma basta un bicchiere di vino per rianimarla. Le vedove intanto inscenano il funerale con gesti e lamenti scurrili. Poi su Battileddu viene posto su un carro per rappresentare la rinascita».

(Unioneonline/l.f.)

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