Le Janas, le fate sarde della notte e della memoria
Sono forse il volto più sfuggente e affascinante della mitologia sardaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ci fu un tempo in cui in Sardegna, tra rocce incantate e foreste fitte, si muovevano creature capaci di filare il destino e custodire il mistero: le Janas.
Creature di soglia, fate o streghe a seconda di chi le incontrava, le Janas sono forse il volto più sfuggente e affascinante della mitologia sarda. Non le si può definire con certezza e forse è proprio questo il punto. Nelle leggende, vivono in piccole cavità scavate nella roccia, le famose domus de janas, case di fate, sì, ma anche tombe preistoriche. Non a caso: le Janas abitano i confini tra vita e morte, tra passato e presente, tra realtà e sacro.
La leggenda racconta che vestivano di rosso, con fazzoletti a fiori portati alla Santa Zita, intrecciavano fili d’oro e d’argento su telai preziosi. Ma dietro la bellezza e l’eleganza, possedevano un grande potere antico, pericoloso, irriverente: quello del sapere.
Le Janas conoscevano il ciclo delle stagioni, la panificazione, le arti divinatorie. Curavano, partorivano, cantavano, tramandavano. E come spesso accade a chi custodisce il sapere, soprattutto se donna, furono idealizzate, fraintese, temute.
Dicono che apparissero solo la notte, perché la loro pelle era così sottile e pura che il sole avrebbe potuto ucciderle. Ma non era solo questione di fragilità: la notte era il loro regno, la soglia tra ciò che si vede e ciò che si intuisce. Nella notte chiamavano per tre volte i prescelti. Se onesti, li ricompensavano. Se avidi o irrispettosi, li punivano, trasformando in cenere ciò che toccavano. La bellezza, in loro, non era mai docile: era una sfida, un test, uno specchio.
Col tempo, qualcosa si è incrinato. L’uomo – soprattutto l’uomo – ha smesso di ascoltarle, ha voluto possederle, ha provato a rubarne i tesori, materiali e immateriali. E loro, silenziose, si sono ritirate. Hanno abbandonato il mondo visibile. Ma non sono scomparse del tutto.
Per chi sa vedere, le Janas sono ovunque: nei boschi umidi di sorgente, tra le pietre antiche che spuntano come ossa dalla terra, nei silenzi delle grotte. C’è chi giura di averle intraviste ancora danzare, leggere il futuro nell’acqua, filare il destino sotto il chiaro di luna.
Ma il vero segreto è questo: le Janas ci hanno lasciato un seme. È dentro ciascuna di noi. Un seme di consapevolezza, di indipendenza, di rispetto profondo per la terra e per il sapere. A coltivarlo, quel seme ci può rendere complete, sacre, capaci di attraversare il tempo. Esattamente come loro.