Ogni anno, da secoli ormai, tra il tramonto del 6 luglio e le prime luci dell’alba del giorno seguente, Sedilo si trasforma. Le strade diventano luoghi sacri, i cavalli messaggeri di un rito antico e il frastuono della folla è solo il battito accelerato di un cuore collettivo.

Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)

Tutto per la rievocazione storica de S’Ardia di San Costantino: un’esplosione di fede, coraggio, identità. È Sardegna allo stato puro, dove il tempo si piega all’arcaico e il presente corre, sfrenato, verso il passato. 

Inizia tutto davanti alla casa parrocchiale, con la consegna de Sas pandelas e de Sas iscortas, i vessilli e le loro scorte: simboli che rappresentano incarichi di fiducia, legami familiari, prove di abilità.

Sa pandela madzore, il capocorsa, ha il compito di scegliere i cavalieri che lo accompagneranno. 

Accompagnato dal sindaco e dal parroco, entrambi a cavallo, il corteo attraversa il paese. Le fucilate a salve dei fucilieri segnano i passaggi più importanti, mentre l’intero paese trattiene il fiato.

Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)

Il primo snodo è Su fronte mannu, un incrocio che guarda il santuario da lontano, dove una croce di pietra e una statua del Santo scrutano il corteo. Poi inizia la discesa verso Su frontigheddu, la collina che segna il limite fra cerimonia e caos. Qui il rito si carica di tensione, i corpi si irrigidiscono, i cavalli fremono.

Quando parroco e sindaco scendono verso la chiesa, qualcosa cambia. I cavalieri iniziano a forzare l’assetto, cercano un varco tra le scorte. Ma solo Sa pandela madzore può decidere quando cominciare.

E quando parte, lo fa all’improvviso. Il rombo delle zampe sul terreno, la corsa cieca verso l’arco di Costantino, la curva stretta che può diventare trappola. È un attimo: o si passa, o si cade.

Dopo l’arco, la salita conduce alla chiesa. Lì si prega, ma solo per un battito, perché subito iniziano i giri attorno all’edificio: fino a sette, o anche meno, se il capocorsa decide di sorprendere tutti e lanciarsi verso Sa muredda, il recinto di pietra con la croce al centro.

Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)

Ancora giri, ancora preghiere, poi si ripercorre il cammino a ritroso, fino a chiudere il cerchio. L’Ardia si ripeterà all’alba, come un’eco nel tempo.

Ma cosa si celebra davvero? Per alcuni è un omaggio all’imperatore Costantino, alla sua vittoria sul ponte Milvio e all’editto del 313 d.C., che garantì la libertà religiosa ai cristiani.

Per altri, l’origine è più oscura, antica di secoli: un rito precristiano, forse nuragico, cristianizzato col tempo, ma ancora vivo nella sua energia primordiale.

Il santuario, costruito nel 1789, custodisce una navata centrale, ex-voto a perdita d’occhio e un’atmosfera che sa di promessa mantenuta. Su forte, il terrapieno antistante, accoglie devoti e spettatori, mentre alle sue spalle Sos muristenes offrono rifugio ai pellegrini, come quelli che arrivano a piedi da Bono la notte del 4 luglio.

Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)
Sedilo, S'Ardia (Foto Erika Bandino)

Tutto intorno, la festa esplode: loggiati come Sas lozzas, portoni come Su portale ’e linna e Su portale ’e ferru, bancarelle che vendono dolci, poesia sarda, giochi e artigianato.

Il profumo di carne arrosto si mescola alle note dei balli tradizionali. Anche l’acqua che sgorga dalla fontana del santuario — alimentata da un antico pozzo sotterraneo — sembra sapere che in questi giorni non è semplice acqua. 

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