Il mondo dello spettacolo aspetta ancora di ripartire e vive una profonda crisi economica: migliaia di artisti, per i quali creare ed esibirsi è sostentamento economico, oltre che ninfa vitale, sono ormai in silenzio da più di due mesi, salvo alcune iniziative di teatro e musica in streaming che tuttavia non garantiscono delle entrate economiche e non riempiono il vuoto lasciato dall’assenza di contatto diretto col pubblico.

In questo periodo di blocco forzato delle attività molti gruppi di attori e attrici si sono uniti per chiedere maggiori tutele nello stato di crisi e un miglioramento delle condizioni di lavoro per quando si tornerà alla cosiddetta normalità.

Uno di questi movimenti è "Attrici e Attori Uniti", che il 20 aprile scorso ha inviato una lettera al ministro Franceschini per segnalare "l'emergenza di esserci ritrovati improvvisamente senza lavoro e senza reddito, ma, a differenza di altri, in un settore già colpevolmente privo di tutele": la lettera è stata firmata da quasi 10mila professionisti.

Ilaria Genatiempo è uno dei membri del collettivo. Ilaria, cos'è "Attrici e Attori Uniti"?

"È una comunità di professionisti dello spettacolo che si riconoscono nella cultura etica del lavoro, nei suoi oneri e onori, nei suoi doveri e nei suoi diritti. Ad oggi conta più di 2000 membri".

Come organizzate il lavoro?

"Ci dividiamo in tavoli di consultazione (etico, comunicazione, azione, normative, di genere) in modo che il confronto costante sulle tematiche urgenti abbia uno spazio dedicato, pratico e capillare che porti a proposte concrete a breve, medio e lungo termine".

Chi sono i membri fondatori?

"Attrici e attori fondatori del gruppo sono Alessandro Lussiana, Marco Cacciola, (delegato della Lombardia della SLC-CGIL), Carlotta Viscovo (Coordinatrice Nazionale della Sezione Attori della SLC-CGIL), Debora Zuin, Silvia Pernarella, Vincenzo Zampa e Tommaso Banfi".

Siete in dialogo con il sindacato?

"Sì, il dialogo con il sindacato è costante, considerando le organizzazioni sindacali un imprescindibile intermediario nella contrattazione collettiva e nel confronto con la politica".

Cosa chiedete al ministero?

"Di istituire un dialogo con i lavoratori e lavoratrici dello spettacolo rispetto al momento contingente, ma anche e soprattutto rispetto al futuro del sistema culturale del nostro Paese, coinvolgendo i professionisti del settore nell'immaginazione e progettazione di questa fase intermedia, con attenzione a diversi aspetti lacunosi".

Proponete qualche soluzione specifica?

"Sì, ad esempio l’attivazione di strumenti come l'Osservatorio Nazionale rispetto a illeciti intercorsi da parte delle imprese, e l'utilizzo del FUS per saldare tutte le retribuzioni ad ora insolute".

Portate avanti delle iniziative social per sensibilizzare le persone al riguardo?

"Si, utilizziamo la rete e la viralità per smuovere gli animi, spesso anche in sinergia con altri gruppi di categoria che si sono creati in modo che la nostra voce arrivi più diretta e compatta".

L'ultima iniziativa nata, “Tiriamo fuori la voce”, è una campagna social che sta avendo molto seguito. In cosa consiste?

"Abbiamo invitato attori, artisti e chiunque volesse partecipare a pubblicare un breve video in cui si legge l'inizio dell'Infinito di Leopardi, ma senza voce. Si mostrano poi dei fogli con il seguente messaggio: 'Non c’è un problema di audio, noi lavoratrici e lavoratori del mondo dello spettacolo siamo senza voce, perché il ministero non ci ascolta. E tu? Sei con noi?'".

Come è nata l'idea?

"Il Ministero ha chiesto agli artisti di usare la propria voce per creare contributi gratuiti da condividere. Questa richiesta non è però supportata da un adeguato dialogo con le istituzioni, con le quali sembriamo invece non avere nessuna voce in capitolo. Allora è nata questa ironica provocazione: se voce non abbiamo per dialogare sul nostro futuro, non ce l'abbiamo neppure per raccontare la bellezza. Tanto più che 'la prestazione artistica è lavoro, e in quanto tale va sempre retribuita adeguatamente'".
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