Dalle finestre della sua chiesa, in pieno centro a Mosca, ha visto la polizia attaccare con i manganelli un gruppo di duecento giovani che protestavano contro la decisione della Commissione elettorale di non ammettere candidature di esponenti dell'opposizione alle prossime elezioni comunali. Padre Giovanni Guaita, originario di Iglesias, è un pope.

Dal 1985 vive a Mosca dove ha abbracciato la fede ortodossa: «Ho conosciuto una comunità molto aperta e mi sono inserito. Nessun dissenso con la religione cattolica anzi mi sembra che le due tradizioni siano così vicine da poter essere considerate la stessa chiesa».

Davanti a quella scena, il "pope" sardo non si è limitato a osservare. Assieme ai suoi confratelli ha aperto le porte della chiesa accogliendo quei giovani inseguiti dalle forze dell'ordine fra manganellate e lancio di razzi fumogeni. «I ragazzi sono stati accolti, come avviene sempre nel nostro luogo di culto. E non ci interessa se una persona passa dalla porta o scavalca il muro di cinta. A loro ho detto: "Siate i benvenuti". Poi tutti insieme abbiamo pregato per la pace». Padre Giovanni chiarisce che il suo gesto non deve essere interpretato come «una presa di posizione politica. Ciò che ho fatto mi pare un atteggiamento normale, niente di eccezionale o di eroico, le chiese devono essere luoghi accoglienti, senza barriere». Il "pope" di Iglesias rivela che nella sua parrocchia, lo stesso giorno, si sono presentati anche diversi poliziotti per bere acqua o lavarsi: «e anche loro hanno ricevuto ospitalità e conforto».

Nella giornata del 27 luglio davanti alla scena dei giovani in fuga dalle violenze, padre Giovanni ha messo in pratica i punti fermi del suo magistero religioso e certi valori avuti in dono molti anni fa: «Sono sardo, figlio di sardi, molto legato alla mia Isola. In Russia ho portato quello che mi hanno insegnato i miei genitori: l'amicizia, la solidarietà, la fede cristiana. Penso di avere uno spirito profondamente sardo nonostante i miei 35 anni trascorsi a Mosca».

Massimiliano Rais

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