Sembrava stesse saltando tutto questa mattina, quando il Movimento 5 Stelle ha annullato l'incontro con i dem e il Pd è andato all'attacco, accusando Di Maio di avere "la pretesa di fare il ministro dell'Interno e vicepremier".

La smentita di Conte ("Di Maio non vuole fare il ministro dell'Interno") ha fatto ripartire la trattativa, portando i protagonisti a parlare di "ottimismo" e di un "buon clima".

Nel pomeriggio le delegazioni si sono incontrate a Montecitorio per discutere il programma (con tanto di prima foto che ritrae dem e pentastellati allo stesso tavolo, alla stregua di quelle diffuse quando si studiava il contratto gialloverde), ma i nodi più intricati li devono sciogliere i big: Zingaretti e Orlando per il Pd, Conte e Di Maio per il Movimento.

I NODI - Parliamo del profilo di Giuseppe Conte, dei vicepremier e della ripartizione dei ministri, anche negli equilibri interni ai due partiti, riguardo l'eventuale ingresso nell'esecutivo di persone vicine a Roberto Fico e Matteo Renzi.

Una trattativa che si gioca su più livelli, un dialogo facilitato dal filo diretto tra Conte e Zingaretti, che si trova molto più a suo agio con il premier che con Luigi Di Maio.

I dem starebbero dialogando anche con Davide Casaleggio e Beppe Grillo per ottenere quella discontinuità che al momento, da schemi e nomi proposti, non sembra emergere.

Il profilo di Conte: terzo, dice Di Maio, del M5S dice Zingaretti. E di lì a cascata scende tutto. Il leader M5S vuole due vicepremier, uno sarebbe lui, l'altro un dem, Orlando o Franceschini. Il Pd, considerando Conte un pentastellato, vuole esprimere il vicepremier unico. A trovare la quadra potrebbe essere proprio il premier, che ha proposto un governo senza vice ma con un sottosegretario a Palazzo Chigi del Pd.

Il ministero dell'Economia, che dovrebbe andare a un esponente Pd o a un tecnico di area dem, sostiene Zingaretti. Che deve giocare una partita tutta interna sulla delegazione renziana: l'ex premier avrebbe chiesto tre o quattro ministri, altrimenti resterà fuori dall'esecutivo pur votando la fiducia. Ma se Renzi resta fuori, è il timore del segretario, potrebbe far cadere il governo da un momento all'altro, visto le consistenti pattuglie di parlamentari a lui legati su cui può contare a Montecitorio e Palazzo Madama.

Domani mattina nuovo incontro tra le delegazioni sul programma, e dovrebbero rivedersi anche i big prima di salire al Quirinale.

TOTOMINISTRI - Sciolto il nodo dei vice, si può tracciare il profilo dell'intera squadra. E qui gestirà tutto il premier, se e quando avrà ottenuto l'incarico da Mattarella. A sostituire Salvini si accreditano il capo della Polizia Franco Gabrielli (sponsorizzato da Renzi) e Raffaele Cantone, se sarà politico ci sono Minniti e Bonafede. All'economia l'eurodeputato dem Roberto Gualtieri o profili più tecnici come quelli di Lucrezia Reichlin e Mariana Mazzuccato. Agli Esteri potrebbe andare Paolo Gentiloni. Di Maio dovrebbe tenere il Lavoro o passare alla Difesa (la sua aspirazione), e i pentastellati puntano a Giustizia, Ambiente e Sviluppo Economico. Gli altri ministri pentastellati che vorrebbe Di Maio sono Bonafede, Fraccaro, Patuanelli e D'Uva, ma anche il "fichiano" Giuseppe Brescia.

Renzi punta a far entrare nel governo Ettore Rosato, Teresa Bellanova e Lorenzo Guerini. Per lui è tutto o niente, come dicevamo sopra: se non avrà tre ministri si terrà le mani libere. Le altre ipotesi: Cuperlo alla Cultura, Franceschini ai Rapporti col Parlamento o all'Istruzione, Martina o Boccia alle Regioni. Potrebbe andare ai dem anche il commissario europeo, si parla di Gentiloni e Delrio, ma è più probabile che a Bruxelles ci vada un profilo più tecnico come Moavero o Reichlin.

Si tratta di ipotesi, la partita è lunga e Conte, che oggi ha incassato l'endorsement di Trump ("Spero che resti lui il premier in Italia") vorrà dire la sua.

QUIRINALE - Giornata di passione anche sul Colle più alto, dove Mattarella ha vissuto con apprensione le prime ore del mattino, per poi passare dal pessimismo a un "cauto ottimismo" dopo la riapertura delle trattative tra le parti.

Oggi al Quirinale sono saliti per le consultazioni i presidenti di Camera e Senato e il gruppo Misto. LeU si è detta disponibile a votare la fiducia a un governo di svolta. Emma Bonino ha detto no, come lei Maurizio Lupi.

Domani tocca ai big, e si chiuderà nel tardo pomeriggio con l'incontro tra Mattarella e la delegazione M5S. Alla fine delle consultazioni sono due le strade: o si dà l'incarico a Conte (e gli si dà una settimana di tempo per concludere le trattative e formare la squadra), o a un altro nome (segretissimo, ma il Capo dello Stato già ce l'ha) per un governo di garanzia che porti l'Italia ordinatamente, e subito, a nuove elezioni.

Non c'è spazio per altre possibilità o per incarichi esplorativi. Domani sera, al più tardi giovedì mattina se il Presidente della Repubblica deciderà di prendersi qualche ora di tempo, tutte le carte saranno sul tavolo.

(Unioneonline/L)

LA POSIZIONE DI SALVINI

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