Aveva contratto il morbillivirus dei cetacei, terribile patologia che per ben quattro volte, negli ultimi venticinque anni, ha fatto strage di delfini in Mediterraneo e lungo le coste sarde, la cucciola di globicefalo trovata morta, nei giorni scorsi, sul litorale di Calasetta.

Lo hanno confermato gli esami fatti dall'Istituto zooprofilattico di Sassari sui reperti istologici raccolti dai veterinari sulla carcassa del mammifero marino spiaggiato.

Un esemplare nato da pochissimi giorni e sottoposto a necroscopia. Nel suo stomaco i veterinari hanno riscontrato tracce di latte, segno di una poppata avvenuta poco prima della morte. La scoperta del virus dei cetacei, isolato anche in altri esemplari spiaggiati in questi mesi lungo le coste della penisola, in Spagna e Francia, sta preoccupando parecchio biologi, cetologi e veterinari. E rimanda alle quattro epidemie avvenute in questi ultimi 25 anni, due delle quali drammatiche, che hanno inferto un duro colpo alla conservazione.

"Questi virus - avverte il professor Giovanni Di Guardo, docente alla Facoltà di medicina veterinaria di Teramo e componente della Rete nazionale di sorveglianza sanitaria sui cetacei spiaggiati istituita dal ministero - sono da guardare al pari degli analoghi che colpiscono i mammiferi terrestri, uomo compreso. Sono infatti agenti altamente patogeni in grado di determinare un impatto devastante sulla salute e la conservazione delle specie suscettibili". Il Globicephala melas rientra tra queste. Come le stenelle (massacrate nei primi anni Novanta in Mediterraneo dal morbillivirus) o i giganteschi capodogli e le altrettanto mastodontiche balenottere.

Un virus che ha anche ucciso numerosi esemplari di foca monaca della Mauritania e colpito la popolazione della lontra europea, come verificato recentemente nel Cilento.

A Calasetta oltre ai veterinari dello Zooprofilattico sono intervenuti anche i tecnici del Centro recupero cetacei e tartarughe marine Laguna di Nora che fa capo alla Rete regionale per la conservazione della fauna marina.
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