«Un Natale di disperazione nel Sulcis. Una festa che trascorrerà tra vertenze industriali irrisolte e ricatti occupazionali fatti di pale eoliche, nuove forme di inquinamento e fabbriche di armi. Ricatti davanti ai quali si cerca di delegittimare chi protesta, come se il vero nemico da combattere fosse chi pretende quel rispetto per lavoro, salute e ambiente che per troppo tempo è mancato». Nelle parole di don Antonio Mura, parroco di Portoscuso e responsabile della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Iglesias, la sintesi del sentire comune oggi nel Sulcis Iglesiente mentre ci si prepara a celebrare il Natale.

L’analisi

«È davvero triste scoprire, Natale dopo Natale, che ogni crisi industriale è ferma all’anno prima, che per ogni promessa cambiano nomi e volti ma la situazione è la stessa. – analizza il sacerdote – Intorno c’è un silenzio assordante, funzionale a logiche che non sono quelle della ricerca di una soluzione reale, ma dell’esigenza di far sembrare le proposte che arrivano le uniche possibili per la crisi sociale e occupazionale».

Zona industriale di Portovesme
Zona industriale di Portovesme
Zona industriale di Portovesme

Un’analisi che parte dagli oltre 1.500 posti di lavoro a rischio nel polo industriale di Portovesme dove non si intravede una via d’uscita, e che arriva all’annunciata invasione eolica e alle oltre 500 buste paga nella fabbrica Rwm di Domusnovas (dove l’opinione pubblica è divisa tra chi la vorrebbe chiusa e chi tifa per l’ampliamento): «Ciò che emerge anche quest’anno è che nel Sulcis Iglesiente manca un progetto unitario di sviluppo. – afferma don Antonio – Ognuno cura la “propria” crisi, ogni tanto c’è una protesta che fa svanire le altre e intanto manca unità nella politica e nei sindacati. Si ignora il fatto che se ognuno guarda solo al suo orticello non si arriverà mai a una soluzione per tutti». Una situazione che rende vani i risultati nei settori definiti in crescita: «Ben vengano turismo, enogastronomia e altri progetti – chiarisce – ci sono persone validissime che lavorano e si impegnano ogni giorno, ma i loro risultati rischiano di impantanarsi in un deserto sempre più vasto».

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