"Era il dodicesimo permesso premio dal 2019, era qui da dieci giorni. Ha passato la notte con la compagna, alle 11 è andato in Questura per firmare, le ha detto che sarebbe andato in carcere ma non è più rientrato".

Parla don Gaetano Galia, cappellano del carcere di Sassari, che gestisce con le suore Poverelle di Bergamo la casa famiglia "Don Giovanni Muntoni" dell'arcidiocesi di Sassari, l'ultimo posto in cui è stato visto sabato mattina prima della sua evasione Giuseppe Mastini detto "Johnny lo zingaro", un passato di omicidi nella criminalità romana, condannato all'ergastolo e recluso a Sassari dal 2017.

Recidivo, "lo zingaro", già alla terza evasione da un permesso premio, ma per don Gaetano non è un buon motivo per rivedere l'istituto. "Ogni giorno - spiega - tantissimi detenuti escono dalle carceri e accedono a misure alternative, le pochissime evasioni non scalfiscano la validità della legge, fondata sul principio costituzionale del valore rieducativo della pena".

Per don Gaetano l'evasione non è un fallimento: "Un educatore non vive di gratificazione", chiarisce. "Ma sono rammaricato perché un gesto istintivo, non pianificato, può pregiudicare il percorso e precludere al detenuto l'opportunità di accedere ancora in futuro alle misure alternative".

Le ricerche del latitante ormai travalicano i confini. Coordinate dalla Questura di Sassari, ora si sono estese a tutto il territorio nazionale e anche in ambito internazionale, coinvolgendo i Paesi direttamente collegati con la Sardegna attraverso porti e aeroporti.

(Unioneonline/L)
© Riproduzione riservata