Sono passati due anni da quell’11 settembre 2018 quando Manuel Careddu, di Macomer, è stato ucciso sulle sponde del lago da un gruppo di coetanei per un debito di droga. Questioni di onore o banali ripicche ("futili motivi" è scritto nelle sentenze) sfociate in uno dei delitti più sconvolgenti degli ultimi tempi sia per la crudeltà sia per la giovanissima età dei protagonisti.

I VERDETTI - Oggi Manuel non c’è più, ci sono i genitori che chiedono giustizia, gli altri ragazzi continuano la loro vita in carcere con la consapevolezza (chi più chi meno) di aver commesso un delitto gravissimo. Tutti continuano a studiare e lavorare in un percorso di riabilitazione dopo le condanne pesantissime: ergastolo per Christian Fodde, trent’anni per Riccardo Carta e sedici per Matteo Satta. I tre ventiduenni di Ghilarza sono in attesa del verdetto d’Appello che potrebbe arrivare entro l’anno. Assistiti dagli avvocati Aurelio Schintu, Angelo Merlini e Antonello Spada, hanno impugnato la sentenza di primo grado del Tribunale di Oristano nella speranza di ammorbidire le condanne del luglio di un anno fa. Mentre per i due che, all’epoca del delitto avevano 17 anni, sono già state confermate anche in secondo grado le sentenze del Tribunale dei minori di Cagliari: sedici anni per Giada Campus e Cosmin Nita.

La ragazza di Abbasanta assistita da Giancarlo Frongia e il giovane di Ghilarza, difeso da Gianfranco Siuni, hanno rinunciato all’ultimo grado di giudizio: nessun ricorso in Cassazione, la condanna è diventata subito esecutiva così possono iniziare a usufruire dei cosiddetti benefici di legge e proseguire il percorso rieducativo, già avviato.

LA STORIA - Per tutti una vita stravolta e un futuro da scrivere dopo quella serata di follia che però era stata ben studiata nei minimi dettagli. Il regista sarebbe stato Christian Fodde: è lui, secondo il Tribunale di Oristano, ad aver architettato il delitto e ad aver ucciso Manuel colpendolo prima con una piccozza poi con una pala. Ma ognuno dei ragazzi ha avuto un ruolo preciso nel delitto. La banda voleva far pagare al diciottenne di Macomer l’affronto di non aver rispettato quei taciti patti di riservatezza tra chi vende la droga e chi la compra. E così si era deciso di attirare Manuel in una trappola: prima lo avevano convinto a salire su un’auto per andare ad incontrare “uno grande” che aveva i soldi. Poi sulle sponde del lago, l’inferno. Fodde colpì il giovane, sarebbe stato aiutato anche da Riccardo Carta mentre Giada Campus aspettava in auto.

A Ghilarza invece era rimasto Matteo Satta che aveva il compito di custodire i telefonini degli amici in un luogo lontano da quello del delitto. Poi i ragazzi avevano sotterrato il corpo vicino al lago, qualche giorno dopo il cadavere era stato spostato in un terreno alla periferia del paese. E poi tutti erano tornati alla vita di tutti i giorni senza sapere di essere finiti a loro volta in trappola. Già, perché mentre si comportavano come se nulla fosse accaduto, in tutta l’Isola erano scattate le ricerche di Manuel dopo la denuncia di scomparsa da parte della madre Fabiola Balardi. I carabinieri non tralasciavano nulla, poi grazie a una microspia (già installata sulla macchina usata dai ragazzi per un’altra inchiesta) era emerso il film sconcertante. Ma non c’era nessuna finzione, era tutto vero.
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