Ventuno ministri, un'Isola che non c'è. Nella nuova stagione giallorossa la Sardegna resta dall'altra parte del mare: forse nelle prossime ore potrà saltar fuori il nome di qualche sottosegretario, ma del piatto forte non si sente neanche più il profumo.

Caro presidente Conte, questa terra avrebbe bisogno di una voce meno flebile tra i palazzi romani. Proprio ora che serve un ruggito per dare un senso alle troppe vertenze irrisolte, alle continue chiamate a vuoto. Insularità, energia, industria, strade, treni, continuità territoriale, vertenza entrate, scuola, latteL 'elenco è lungo, le soluzioni lontane. Non sono arrivate dalla tormentata stagione gialloverde, non sono arrivate dai governi precedenti, di centrodestra e di centrosinistra. La Sardegna è costretta a subire rapporti di eterna debolezza con Roma e neanche le affinità politiche dello stesso colore hanno mai cambiato le regole del gioco. Il giorno della prima campanella del Governo regala almeno il fascino della speranza e del cambiamento.

L'Isola e i sardi possono provare a crederci, ma dal nuovo esecutivo deve partire un segnale di apertura. Non è arrivato con le scelte di primo piano, l'auspicio è che ci sia una seconda opportunità. Nel frattempo le urne scampate lasciano in piedi la partita dell'insularità, il riconoscimento dell'inferiorità geografica nella Costituzione. Nei cassetti del Senato ci sono le firme di oltre 100mila sardi di tutti i colori (politici) che chiedono di cambiare l'articolo 119 della Carta «per mettere fine a una condizione di ritardo dello sviluppo sociale ed economico dell'Isola», non si stanca di ripetere il Comitato promotore. «I sardi sono cittadini con diritti ridotti rispetto ai cittadini della terraferma». Percorso lungo e accidentato tra le due Camere, che però potrebbe alzare un velo su tutte le altre vertenze, con uno Stato più disposto a riconoscere la condizione strutturale di disagio della Sardegna.

Come per esempio non sta facendo con la questione accantonamenti: non basta neanche una sentenza della Corte costituzionale sulle quote non dovute dall'Isola (almeno 285 milioni di euro) per convincere Roma a mollare la presa davanti alle rivendicazioni sarde sulla compartecipazione eccessiva dell'Isola al ripianamento del debito pubblico italiano. L'ultimo schiaffo è di qualche giorno fa: la Regione ha presentato al Governo un elenco di cantieri stradali da commissariare per accelerare o far ripartire lavori fermi da anni. Commissariamento da gestire a Cagliari, in nome dell'autonomia e di un passaggio burocratico in meno. La risposta è arrivata sui denti dal ministero delle Infrastrutture: un elenco completamente diverso di opere primarie e gestione diretta dell'Anas. Altro che Regione, altro che Sardegna. Ma ora è già tempo di riprovarci. Col nuovo Governo cambiano i colori (anzi: un colore), cambiano i ministri, cambiano gli interlocutori. L'ottimismo non può mancare ai tavoli delle trattative Stato-Regione. Ma serve un segnale da Palazzo Chigi. Non si dimentichi dei sardi, presidente Conte.

Giulio Zasso
© Riproduzione riservata