A un passo dal Conte bis, a un passo dall'intesa Pd-M5S. È in corso a Palazzo Chigi - dalle ore 21 - un vertice a quattro cui partecipano Nicola Zingaretti e Andrea Orlando per i dem, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte per i pentastellati.

Dopo giorni di frenetiche trattative e contatti a intermittenza, l'apertura decisiva è arrivata oggi intorno alle 18, quando Nicola Zingaretti è andato a Palazzo Chigi e ha incontrato Di Maio, aprendo alla premiership di Giuseppe Conte in un breve colloquio durato appena 25 minuti.

L'intesa non è chiusa, avvertono dal Nazareno. I 5 Stelle incassano l'apertura: "Sta cadendo il veto su Conte". E alzano la posta, invocando incarichi di peso.

Ma Zingaretti - che si dice "ottimista" su un "governo serio, che duri" - è stato chiaro: se il premier sarà Conte, "non è un terzo o un garante, ma un esponente del Movimento, in un patto tra pari su un unico programma". Che in soldoni vuol dire ministeri di peso (Economia, Giustizia, Interno) al Partito Democratico.

La trattativa, insomma, è decollata: "È partito il confronto sulle idee per un governo autorevole, di svolta", gongola il leader Pd.

L'accelerazione improvvisa ha spento definitivamente il "forno" leghista, facendo andare su tutte le furie Matteo Salvini. Giorgia Meloni mobilita le piazze, Berlusconi si prepara all'opposizione e Liberi e Uguali sono pronti ad entrare nell'esecutivo giallorosso.

CONSULTAZIONI - Oggi il Quirinale ha convocato i partiti al Colle per il secondo giro di consultazioni, rendendo noto il calendario. Si comincia domani, ma il clou è mercoledì pomeriggio, quando davanti a Mattarella passeranno le delegazioni di Pd, Forza Italia, Lega e - infine, alle 19 - Movimento 5 Stelle. Alla fine di tutto il Capo dello Stato, se la trattativa andasse a buon fine, darà l'incarico per la formazione del governo a Giuseppe Conte.

NON È FINITA - La premiership era solo il primo nodo da sciogliere, anche se il più delicato. Ora ci sono quelli programmatici e dei ministri. Di Maio resterà al governo, i dem invocano per lui un portafoglio meno pesante. Zingaretti, invece, sembra determinato a non entrarci, e ad indicare come vice di Conte Andrea Orlando.

Martedì sera, quasi in contemporanea, si riuniscono la direzione Pd e i gruppi parlamentari M5S, e forse ne sapremo di più.

Che ruolo avrà Renzi? I dem vorrebbero tenere dentro il governo lui o uno qualcuno dei suoi, per avere la garanzia che non inizi - dal giorno dopo la nascita - a mettere i bastoni tra le ruote al governo giallorosso.

Quanto ai 5 Stelle, Casaleggio - pur con molti dubbi - ha accettato l'avvio delle trattative ma non transige su Rousseau. Un eventuale accordo deve passare al vaglio degli iscritti. Ulteriore perdita di tempo che non piacerà a Sergio Mattarella.

TOTOMINISTRI - Di Maio è tentato dal Viminale, difficile che il Pd glielo conceda. Alla fine si terrà uno dei due dicasteri retti finora - Mise o Lavoro - ma potrebbe anche finire alla Difesa.

Il vicepremier dem potrebbe essere Orlando. Papabili anche Paola De Micheli (che tuttavia potrebbe andare al Mise) e Dario Franceschini. Nell'esecutivo potrebbero entrare Lorenzo Guerini e, tra i renziani, Ettore Rosato, Anna Ascani o Luigi Marattin. Non i big della galassia dell'ex premier, insomma.

Di Maio vuole uomini fidati nella sua pattuglia di ministri: farà di tutto per mantenere - tra gli uscenti - almeno Fraccaro e Bonafede. E potrebbero entrare gli attuali capigruppo Stefano Patuanelli (forse al posto di Toninelli alle Infrastrutture) e Francesco D'Uva.

Sul Viminale è partita aperta per il successore di Salvini. Lo vuole Di Maio, dicevamo, ma potrebbe finire a un tecnico, e in questo caso uno dei più accreditati sarebbe Franco Gabrielli.

(Unioneonline/L)
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