L'Unione europea viaggia verso quota 150 milioni di somministrazioni di vaccini e comincia a intravedere la luce in fondo al tunnel. Negli ultimi giorni è spuntata anche una data - il 15 luglio - che farebbe tagliare il traguardo dell'immunità di gregge e ora si guarda con sempre più attenzione al passaporto sanitario: l'obiettivo è ritrovare la normalità negli spostamenti tra Paesi e riannodare i fili dopo il blackout che nell'ultimo anno ha paralizzato tutti i tipi di viaggi, in primis quelli per turismo e per affari.

CERTIFICAZIONE O PASSAPORTO A Bruxelles si studiano i modelli di certificazione sanitaria, con una versione per smartphone e una cartacea. Quella digitale sarà comandata da un Qr Code che indicherà il tipo di vaccino ricevuto, se si è avuta la malattia e se sono presenti gli anticorpi. Questo documento potrebbe diventare presto decisivo per salire su un aereo, su un treno o su una nave, ma anche per entrare in luoghi pubblici o per partecipare a eventi sportivi o di spettacolo. Di sicuro però nelle prossime settimane dovrà essere chiarita la differenza tra certificazione e passaporto vaccinale. Nel primo caso si presuppone la non obbligatorietà del documento, mentre il passaporto per assicurarsi spostamenti liberi e per accedere in un determinato Paese sarebbe caratterizzato proprio dal regime obbligatorio. Finora entrambi i termini sono stati utilizzati con disinvoltura per indicare le stesse documentazioni ma l'Unione europea sembra già intenzionata a dare una forma definita al pass indispensabile per gli spostamenti del futuro.

LA DOCUMENTAZIONE DEL FUTURO L'utilizzo della tecnologia Qr Code consentirà di attivare una rapida scannerizzazione negli aeroporti, negli alberghi, nelle strutture turistiche in genere, nei ristoranti, negli stadi, negli altri impianti sportivi, nei teatri, nei cinema. Con questo sistema potrebbero ripartire anche i concerti e tutte le grandi manifestazioni di massa. Il sistema digitale permetterà di visualizzare i dati sulle vaccinazioni, sui test effettuati o sulla presenza degli anticorpi dopo l'infezione. C'è un problema di natura giuridica legato all'obbligatorietà del documento, con la doppia esigenza della tutela della libertà di movimento dell'individuo e della necessità di proteggere la salute pubblica. L'ombra incombente del virus porterà però alle soluzioni più efficaci, che poi sono quelle già attuate in questo tempo di pandemia: chi sarà privo della certificazione sarà soggetto a restrizioni come l'obbligo dì tampone, la quarantena in strutture dedicate o l'isolamento fiduciario. Un po' come già avviene in Sardegna dopo la prima emanazione e poi con la proroga dell'ordinanza regionale che vincola gli ingressi nell'Isola all'attestazione sanitaria di assenza di infezione o alla quarantena in alcuni alberghi adibiti all'accoglienza dei positivi o di chi ha avuto contatti a rischio.

I PRIMI ESEMPI Fuori dall'Unione europea in tanti si stanno già muovendo nella direzione del visto vaccinale. In prima fila c'è Israele che è già davanti a tutti nella corsa alle vaccinazioni: a Tel Aviv si prevede l'istituzione di un "passaporto verde" a chi dimostra di essere immunizzato. Il Cile, altra nazione molto avanti sulla strada dei vaccini, punta sulla certificazione sanitaria come requisito per la libertà di spostamento. L'Australia consentirà l'accesso ai turisti internazionali solo dopo la registrazione dell'avvenuta immunizzazione. Stati Uniti e Giappone procedono nella stessa direzione dell'Europa, guardando a un modello di riferimento a cavallo tra passaporto e certificazione. Negli Emirati arabi il progetto del passaporto sanitario digitale sta prendendo forma soprattutto tra la compagnie aeree, dove si stanno facendo già i primi test.

I DUBBI E LE CRITICITA' L'azione sfuggente e imprevedibile della pandemia non dà certezze granitiche sull'immunizzazione anche dopo il vaccino: non è dimostrato scientificamente che il virus smetta di circolare anche in caso di somministrazioni complete di dosi vaccinali o in presenza di anticorpi. Peraltro l'azione di immunizzazione sta per ora avvenendo a macchia di leopardo: ampi strati di popolazione e anche molti Paesi sono ancora privi della dovuta copertura o quanto meno fanno i conti con una vaccinazione non tracciabile in modo definito.

IL PROBLEMA DEGLI UNDER 16 Esiste anche il problema della popolazione più giovane (sotto i 16 anni), che per ora non è coinvolta nei piani vaccinali. Come si dovranno comportare le famiglie in presenza di bambini? Saranno garantiti la certificazione o il passaporto ai più piccoli? Per ora non esistono indicazioni al riguardo. C'è pure il problema della privacy, con dati personali che devono essere tutelati il più possibile: d'altronde i particolari sulla salute dell'individuo rientrano - in Italia in primis - tra quelli più sensibili e il loro utilizzo deve essere subordinato e giustificato da reali e riconoscibili interessi superiori.
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