Ragazzi più disattenti? Videogame assolti, è colpa dei social media
Secondo uno studio svedese su oltre 8mila ragazzi tra i 10 e i 14 anni, non tutti i tipi di schermo provocano deficit di concentrazione. E i “picchi di dopamina” non c’entranoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Esagerare con gli schermi elettronici non fa bene, soprattutto ai bambini. È un’intuizione comune, poi confermata da varie ricerche scientifiche. Ma uno studio recente dimostra che non tutti gli schermi sono uguali: almeno per quanto riguarda i deficit di attenzione, per le giovani generazioni l’abuso dei social media può essere molto più dannoso rispetto ai videogame o alla tv. Lo afferma un articolo pubblicato sulla rivista Pediatrics Open Science, che descrive un approfondito lavoro condotto da due ricercatori del Karolinska Institutet di Solna (Svezia), Samson Nivins e Torkel Klingberg, su un corposo campione di oltre ottomila ragazzi tra i 10 e i 14 anni.
I regali di Natale
La gestione dei dispositivi digitali è un classico post-natalizio per chi ha in casa dei figli che galleggiano tra l’infanzia e l’adolescenza: nella maggior parte delle famiglie almeno un regalo è di tipo elettronico, e per i genitori i giorni più difficili sono proprio i primi, quelli delle feste. Da un lato l’entusiasmo della novità, dall’altro il tempo libero e la noia garantiti dalle vacanze scolastiche. Il principale timore che accomuna madri e padri è che l’abuso dei dispositivi influenzi negativamente l’attenzione dei ragazzi e la loro capacità di concentrarsi, soprattutto nello studio.
Niente di nuovo: già negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso si diceva ai bambini di non esagerare con la televisione, che implica una fruizione passiva (all’epoca, ancor più passiva di oggi) e quindi in qualche modo comprometterebbe le abilità creative. Ora però il mondo è completamente cambiato: la tv generalista non esiste quasi più, in compenso però i giovanissimi usano spesso il televisore per guardare Youtube o TikTok o per giocare, e passano quasi di continuo (come gli adulti, del resto) da un display all’altro, compresi computer, telefoni cellulari, tablet.
Uno dei risultati più interessanti della ricerca svedese (cui ha collaborato l’Health and Science University di Portland, Oregon) è che smentisce una convinzione molto diffusa in questi tempi, cioè che siano gli schermi in sé a creare problemi. Lo studio ha raggruppato le abitudini digitali del campione in tre categorie (videogiochi, tv-video, social media), e indagato le possibili correlazioni con l’insorgenza, in un tempo ragionevolmente lungo, di iperattività e deficit di attenzione: i due sintomi principali dell’ADHD, ossia il disturbo del neurosviluppo sempre più spesso diagnosticato (secondo alcuni, troppo spesso) nelle giovani generazioni. I risultati hanno mostrato un incremento della disattenzione collegato all’elevata frequentazione dei social media, ma non ai videogiochi e ai filmati su Youtube. Osservando le fasi di insorgenza del sintomo, è stato anche escluso che il rapporto causa-effetto fosse inverso, cioè che i ragazzi con meno capacità di attenzione tendessero a trascorrere più tempo sui social media. Non si sono invece registrate variazioni significative dell’iperattività.
La teoria smentita
L’idea che siano gli schermi in quanto tali a penalizzare la concentrazione dei nostri figli è legata ai presunti “picchi di dopamina” da essi generati, che a lungo andare indurrebbero a cercare gratificazioni sempre più frequenti e immediate. Ma se non è questo che incide sull’attenzione degli adolescenti, allora cos’è? “I meccanismi con cui i media digitali influenzano l'attenzione sono sconosciuti”, scrivono Nivins e Klingberg in una sintesi della loro ricerca apparsa sulla pubblicazione di divulgazione scientifica The Conversation: però, “come neuroscienziati cognitivi, potremmo formulare un'ipotesi plausibile. I social media introducono distrazioni costanti, impedendo di concentrarsi a lungo su qualsiasi compito. Se non sono i messaggi in sé a distrarre, il solo pensiero che un messaggio sia arrivato può agire come una distrazione mentale. Queste distrazioni compromettono la concentrazione sul momento e, se persistono per mesi o anni, possono avere effetti anche a lungo termine”. Tutte condizioni che anche gli adulti spesso sperimentano, travolti da centinaia di notifiche Whatsapp, like su Facebook e così via. Invece i videogame, per esempio, implicano una dedizione molto elevata ma per compiti specifici, in un lasso di tempo determinato.
Naturalmente, precisano i ricercatori, non si può dire che i social media conducano all’ADHD una persona con un’attenzione normale. Possono però aumentare i rischi: sempre su The Conversation, i due studiosi svedesi affermano che “in teoria, un aumento di un'ora di utilizzo dei social media nell'intera popolazione potrebbe aumentare le diagnosi di circa il 30 per cento”. E aggiungono: “La percentuale di adolescenti che affermano di essere costantemente online è aumentata dal 24% del 2015 al 46% del 2023. Dato che l'uso dei social media è aumentato da praticamente zero a circa cinque ore al giorno, ciò potrebbe spiegare una parte sostanziale dell'aumento delle diagnosi di ADHD negli ultimi 15 anni”. C’è ancora molto da studiare in questo campo: ma nel frattempo, la soluzione adottata in Australia (dove è stato vietato per legge l’utilizzo dei social media ai minori di 16 anni) non sembra più così drastica.
