Riprendere a viaggiare, vaccinati contro il Covid naturalmente, ma ricordando anche che a seconda dei Paesi in cui si va, ci sono rischi diversi da mettere in conto. Di “Travel Medicine” si è parlato nei giorni scorsi a Cagliari, dove si sono riuniti i massimi esperti della materia, in un convegno organizzato da Gabriele Mereu, responsabile della Vaccinoprofilassi Ats Sud Sardegna e dell’ambulatorio di Profilassi del viaggiatore internazionale.

Dottore, cos’è la Travel Medicine?

“È la branca della medicina che si occupa della prevenzione e della gestione dei problemi di salute dei viaggiatori internazionali. Chi viaggia in altri Paesi - per turismo, per lavoro, per sport, per far visita a parenti e amici, per pellegrinaggio, per le adozioni, per fare volontariato e missioni - deve partire sano e tornare a casa sano. Dunque, il nostro compito è fornire indicazioni, pratiche di profilassi vaccinali e comportamentali”.

Ad esempio?

“Pensiamo alla malaria, oltre alla terapia farmacologia, spieghiamo che ci si deve difendere con repellenti specifici, con fornellini, usando un abbigliamento che copra braccia e gambe, zanzariere durante la notte. Oppure, diamo consigli per prevenire i mali che colpiscono chi sale in alta quota, dai colpi di freddo o di calore, dal jet leg, dalle malattie a trasmissione sessuale. Certo, ci sono viaggi ad alto, medio e basso rischio. C’è chi sale a 7.000 metri d’altezza, chi fa immersioni, chi trekking nel deserto”.

Quali sono i luoghi più pericolosi?

“Sicuramente nei Paesi dell’Africa centrale troviamo il grosso dei rischi, legati alla malaria, a Ebola, alle meningiti di tipo A. Infatti, i viaggiatori che vengono nei nostri ambulatori (meglio, quelli che venivano prima del Covid) andavano per il 57% in Africa, per il 22% in Asia, per il 19% in Centro e Sud America, e il 2% in Oceania ed Europa”.

Ci sono vaccini che è meglio fare a prescindere dal Paese in cui si va? Soltanto per il fatto di allontanarsi da casa?

“Intanto è sempre opportuno che chiunque sia in regola con il calendario vaccinale nazionale, perché molti servono anche quando si va fuori, ad esempio morbillo, difterite, tetano, epatite b, varicella, hpv. Al di là di queste vaccinazioni, che tutti dovremmo aver fatto, ci sono quelli che proteggono dalle malattie a trasmissione oro-fecale, come l’anti epatite A e l’anti colera. Poi il vaccino anti meningococco, che si fa anche in Italia. Ancora, a chi va in America centrale e del Sud raccomandiamo quello contro la febbre gialla, tra l’altro obbligatorio in alcuni Paesi africani, e contro l’encefalite giapponese per chi va nel Sud Est asiatico. Poi, importanti quello contro la rabbia e quello contro la tbe, contro la puntura di zecca, che può causare encefalite e morte”.

Quali sono i “vaccini del futuro”?

“Sono vaccini che in qualche modo già esistono, ma non sono ancora del tutto disponibili per il viaggiatore. Per esempio, il Mosquirix, contro la malaria, la prima causa di morte causata da parassiti, che fa decine di migliaia di morti tra i viaggiatori internazionali, sperimentato in Ghana, Kenya e Malawi su 800mila bambini, che non immunizza completamente ma riduce di circa il 40% da contagi e forme gravi della malattia. Poi c’è quello contro l’Ebola, ora prequalificato dall'Oms, e autorizzato dalla Food and Drug Administration statunitense e da otto paesi africani. Prima di ottenere la licenza, il vaccino è stato somministrato a più di 350.000 persone in Guinea e nei focolai di Ebola del 2018-2020 nella Repubblica Democratica del Congo in base a un protocollo per “uso compassionevole”. Infine, quello contro l’Hiv, sul quale però siamo ancora alla fase uno, a causa delle continue mutazioni del virus, ma che ora potrebbe avere un’accelerata grazie al vaccino anti-Covid, stessa tecnica, a mRna messaggero”.

Quindi, quando torneremo a viaggiare liberamente, dovremo venire da voi e dire: sto andando in tale Paese, cosa devo fare?

“Esattamente. Noi abbiamo in tempo reale tutte le criticità, i nostri sono ambulatori specialistici con personale formato proprio in medicina del viaggiatore, sembra banale, ma questi medici devono conoscere anche la geografia, capire in base all’età e alle patologie di ciascuno cosa è meglio evitare, per dire, quali informazioni dare a un iperteso che va in Bolivia, a un anziano che fa un lungo volo intercontinentale, a una persona che soffre di problemi dermatologici se deve andare in luoghi dove picchia forte il sole”.

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