Trentadue squadre in otto gironi da quattro: le prime due si qualificano agli ottavi, le altre tornano a casa. In mezzo, Nazionali blasonate plurivittoriose e ultime arrivate che per alcune settimane si divertiranno partecipando all’evento sportivo più importante del pianeta. È il Mondiale di calcio, appuntamento quadriennale che muove sponsor miliardari e appetiti politici di valore, se non pari, poco distante da quei valori. Quest’anno, fatto noto, si gioca in Qatar, Paese che poco tutela i diritti civili e dal clima impossibile per una competizione di questo tipo: le temperature esterne troppo elevate (35-40 gradi di media) hanno costretto gli organizzatori a incastrare il mese di gioco a ridosso dell’inverno, imponendo lo stop ai singoli campionati da metà novembre a inizio gennaio, e riducendo a 28 i gradi all’interno degli stadi. Mai successo. Tutt’intorno, le polemiche (anch’esse roventi) sulle decine di persone morte durante la costruzione degli impianti (immigrati sovrasfruttati provenienti dai Paesi più poveri), sulle leggi qatariote omofobe («l’omossessualità è un disturbo mentale» ha detto pochi giorni fa Khalid Salman, ex calciatore e ambasciatore della Coppa), sulla stampa poco gradita (con annesse minacce, su tutte quelle riguardanti la rottura dell’attrezzatura fotografica rivolte in diretta tv a una troupe danese nel caso non avesse smesso di effettuare alcune riprese a Doha). Così ecco la comparsa della bandiera arcobaleno, simbolo mondiale della lotta Lgbtq+, e le varie (poche) richieste di boicottaggio. Tardive, tenuto conto che l’assegnazione dell’organizzazione è vecchia dieci anni.

Un mese di gare

I soldi piacciono a tutti, mettere in discussione introiti a sei o sette zeri viene in salita. E i calciatori, con poche lodevoli eccezioni, pensano solo a giocare: sono pagati per questo. Allora si comincia: da domenica 20 novembre con la partita di esordio (Qatar – Ecuador) a domenica 18 dicembre con la finale: 48 partite nei gironi di qualificazione dalle 11 alle 22, quindi altre 16 sino ai due atti conclusivi con in palio il primo e il terzo posto. Favorite d’obbligo, come sempre, Brasile, Argentina, Francia, Germania, forse Spagna. L’Italia no, non c’è. Per la seconda volta di fila. Gli Azzurri avevano saltato la competizione già nel 1958 (non qualificati) e non avevano partecipato nel 1930. La preistoria di questo sport. Oggi è diverso, mancano giocatori di qualità e il movimento è arretrato sino al disastro attuale. Visibile anche nelle squadre di club, con la Champions che manca dal 2010 e la Uefa (oggi Europa League) da ben prima.

Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)
Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)
Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)

Eppure a dare uno sguardo alle statistiche gli Azzurri sarebbero (di sicuro lo sono stati) una potenza calcistica: 18 partecipazioni su 22 edizioni, quattro vittorie, due secondi posti, un terzo, un quarto. Sette podi. Meglio di noi solo Brasile e Germania, avversarie storiche e scuole calcistiche completamente differenti. Ma mentre l’Italia è ferma, altre realtà crescono. Come la Francia, due titoli negli ultimi 24 anni (cinque podi in tutto), e la Spagna, ferma a quello del 2010 ma ben più avanti di noi come qualità di gioco e numero di giovani cui attingere.

L'attaccante brasiliano Ronaldo il "fenomeno" (archivio)
L'attaccante brasiliano Ronaldo il "fenomeno" (archivio)
L'attaccante brasiliano Ronaldo il "fenomeno" (archivio)
Johan Cruijff, olandese, uno dei calciatori più forti di sempre (archivio)
Johan Cruijff, olandese, uno dei calciatori più forti di sempre (archivio)
Johan Cruijff, olandese, uno dei calciatori più forti di sempre (archivio)

La Nazionale verdeoro ha vinto cinque Coppe, nove volte è finita nei primi tre posti e altre due al quarto; la Germania addirittura ha 12 piazzamenti sul podio (quattro titoli) e un quarto posto, il che significa che in sostanza ogni due Mondiali i tedeschi arrivano a giocarsi una delle due finali, che vincono due volte su tre. Viceversa l’Olanda è la squadra più sfortunata con l’ultimo atto: tre volte è arrivata alla finalissima (nel 1974 e nel 1978 col maestro Cruijff, nel 2010 con tanti giovani campioni) e altrettante ha perso: due volte contro la Germania (guarda un po’), una con la Spagna.

Diego Maradona con la Coppa nel 1986 (archivio)
Diego Maradona con la Coppa nel 1986 (archivio)
Diego Maradona con la Coppa nel 1986 (archivio)

Due i trionfi dell’Argentina, uno datato 1978 e giocato in casa (gli anni della terribile dittatura civile e militare condotta con pugno di ferro da Jorge Videla dal 1976 al 1983, migliaia i desaparecidos), col sospetto che la vittoria sia stata volutamente indirizzata verso l’Albiceleste, e il secondo arrivato nel 1986 in Messico grazie al gigantesco Diego Maradona, il giocatore più forte di tutti i tempi assieme alla Perla nera brasiliana Pelè. Quell’anno il Pibe de oro vinse quasi da solo la Coppa segnando il gol più bello della storia contro l’Inghilterra al termine di una fuga-slalom cominciata nella metà campo avversaria e conclusa col gol del 2-0 dopo aver messo a sedere il portiere Shilton. La partita terminò 2-1, la prima rete arrivò con la famosissima “mano de dios”: il 10 toccò la palla con la mano, nessuno tranne gli inglesi se ne accorsero. Quel pallone è stato venduto pochi giorni fa all’asta per 2 milioni di sterline.

La "mano di Dio", il gol segnato da Maradona contro l'Inghilterra nel Mondiale '86 in Messico (archivio)
La "mano di Dio", il gol segnato da Maradona contro l'Inghilterra nel Mondiale '86 in Messico (archivio)
La "mano di Dio", il gol segnato da Maradona contro l'Inghilterra nel Mondiale '86 in Messico (archivio)

Il Maracanazo

Anche l’Uruguay ha due Coppe, ma le vittorie risalgono a tempi antichi: 1930, in casa, 4-2 contro gli Usa; e 1950 in Brasile contro i padroni di casa, 2-1 allo stadio Maracanà nella gara decisiva del girone finale passata alla storia come il Maracanazo (i padroni di casa erano sicurissimi di vincere, il ko siglato da Schiaffino e Ghiggia mandò in depressione migliaia di tifosi e, pare, provocò dieci morti sugli spalti per infarto e due suicidi). Quella sconfitta spinse la Federazione brasiliana a cambiare i colori della divisa. La maglietta era bianca col colletto blu, i pantaloncini e i calzettoni erano bianchi; si passò a maglia e calzettoni azzurri con pantaloncini bianchi. Poi nel 1954 arrivò il completo verdeoro, i colori nazionali. Ma 64 anni dopo è arrivato il Mineirazo, sempre in Brasile, nella Coppa del 2014: la sfida in semifinale tra padroni di casa e Germania è finita con un umiliante 7-1 per i tedeschi, poi campioni (1-0 in finale all’Argentina).

Zinedine Zidane, fuoriclasse francese (archivio)
Zinedine Zidane, fuoriclasse francese (archivio)
Zinedine Zidane, fuoriclasse francese (archivio)

Il primo successo della Francia risale al 1998, giocava in casa. Era l’epoca delle star Zidane, Djorkaeff, Vieira, Thuram, Dechamps. Dall’altra parte l’incredibile Brasile di Ronaldo, Rivaldo, Bebeto, Leonardo, Dunga, Cafù, Aldair, Roberto Carlos. Finì 3-0 per i Galletti. Vittoria bissata nell’ultima edizione giocata in Russia, anno 2018, grazie al successo nell’atto finale contro la sorprendente Croazia: 4-2 il finale, a segno anche il giovane campione Mbappè.

Un solo titolo per l’Inghilterra, quello giocato in casa nel 1966 (Germania sconfitta 4-2 col gol-fantasma di Hurst convalidato), e uno per la Spagna (1-0 all’Olanda, rete di Iniesta al 115’).

I numeri

Sono 76 le reti segnate nelle 21 finali, il risultato più frequente è stato il 4-2 (quattro volte: 1930, 1938, 1966 e 2018), quindi il 3-1 (tre volte: 1962, 1978 e 1982, l’indimenticabile Italia-Germania 3-1 in Spagna) e il 2-1 (altrettante: 1934 con Italia-Cecoslovacchia, 1950 e 1974) e l’1-0 (1990, 2010 e 2014). Un solo 0-0. Quello del 1994 tra Brasile e Italia negli Usa.

Squadre storiche

Quasi scomparse dalla scena principale squadre che meno di un secolo fa erano potenze calcistiche. La Cecoslovacchia ha conquistato due secondi posti nel 1934 (sconfitta dall’Italia fascista) e nel 1962 (ko col Brasile); così anche l’Ungheria (1938, vince ancora l’Italia, e 1954); la Svezia ha conquistato un secondo (1958) e due terzi posti (1950 e 1994); la Polinia è stata due volte terza (1974 e 1982); L’Austria una volta terza (1954) e una volta quarta (1934).

Miroslav Klose, tedesco, miglior marcatore nella storia del Mondiale di calcio (archivio)
Miroslav Klose, tedesco, miglior marcatore nella storia del Mondiale di calcio (archivio)
Miroslav Klose, tedesco, miglior marcatore nella storia del Mondiale di calcio (archivio)

I marcatori

Re dei marcatori è il tedesco Miroslav Klose, in vetta alla classifica di tutti i tempi con 16 gol il 24 partite e quattro edizioni della Coppa. Subito dietro il brasiliano Ronaldo con 15 in 19 partite (quattro Coppe) e il tedesco Gerd Mueller con 14 reti in 13 incontri (in due Mondiali). Caso unico i 13 centri del francese Fontaine nei sei match del 1958. Il primo italiano è Vieri, 9 gol in 9 partite tra il 1998 e il 2022, seguito da Roberto Baggio e Paolo Rossi con 9 segnature in 16 e 14 partite. Ma il peso specifico delle reti siglate dall’ex centravanti degli Azzurri nel Mundial 1982 è infinitamente superiore: tre al Brasile di Zico e Falcao nel secondo girone eliminatorio, due alla Polonia in semifinale, una (l’1-0) alla Germania in finale con la conquista del trofeo. Vette inarrivabili.

Paolo Rossi dopo il gol dell'1-0 alla Germania nella finale del 1982 vinta dall'Italia 3-1 (archivio)
Paolo Rossi dopo il gol dell'1-0 alla Germania nella finale del 1982 vinta dall'Italia 3-1 (archivio)
Paolo Rossi dopo il gol dell'1-0 alla Germania nella finale del 1982 vinta dall'Italia 3-1 (archivio)
Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)
Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)
Gentile e Zico nello straordinario match Italia Brasile 3-2 del Mundial '82 in Spagna (archivio)

Oggi l’Italia non ha giocatori di quel tipo. E infatti per la seconda volta di fila guarderà il torneo alla tv. Chi vorrà farlo.

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