Sopravvive nella foresta amazzonica, senza alcun contatto con il mondo globalizzato. In perfetta solitudine, nonostante mille difficoltà, comprese quelle legate al cambiamento climatico e alla deforestazione, registra un incremento demografico rispetto ai decenni passati. Si ignora la lingua, perfino il nome reale di questa tribù misteriosa, ribattezzata Massaco dal fiume che scorre lì vicino. Nome scelto dal Funai, l’agenzia del governo brasiliano che vigila sulla salvaguardia delle tribù indigene della foresta amazzonica. Per la prima volta, pochi mesi fa, ha svelato le immagini di questa comunità, acquisite con delle fototrappole che hanno consegnato al mondo i loro tapiris, alte capanne di paglia, le amache in fibra di palma Tucum, spuntoni in legno conficcati nel terreno e soprattutto volti e corpi di uomini tra i 20 e i 40 anni che raccolgono asce e machete posizionati dagli operatori del Funai.

Le fotografie sono state pubblicate lo scorso dicembre dal quotidiano brasiliano O Globo e da quello britannico The Guardian. E a quel punto hanno fatto il giro del mondo portando a conoscere abitudini e curiosità di questa tribù che vive in alcuni insediamenti della Rondônia, in una riserva naturale vasta più di 420 mila ettari, nell’area nord occidentale del Brasile, verso il confine con la Bolivia. Le immagini sono state recuperate grazie alle fototrappole sistemate tra il 2019 e il 2024 dal Funai. Obiettivo conoscere un po’ questa comunità confinata nel grande isolamento dell’Amazzonia brasiliana, mai intercettata dalla modernità e perciò capace di perpetuare lo stile di vita consolidato prima dell’arrivo degli europei. La pubblicazione delle immagini rappresenta per il Funai un traguardo importante, anche perché la Fondazione nazionale brasiliana per i popoli indigeni da tempo cercava un contatto per avvicinare questa comunità.

In tempi più lontani aveva cercato di attirarla con vari utensili, come pentole, specchi e altri oggetti lasciati lungo i sentieri che la tribù frequentava. Erano gli anni Ottanta e gli esperti capirono che la scelta era stata nefasta: oltre il 90 per cento delle persone avvicinate era morto, forse per via di malattie trasmesse dall’esterno. Allora la comunità, anche numericamente, viveva tempi più difficili di oggi perché assieme alle prime immagini il Funai ha fatto ora altre scoperte importanti. Le fototrappole, che hanno funzionato senza conseguenze negative, hanno anche restituito l’immagine di una comunità in crescita.

Infatti, la popolazione pare sia raddoppiata rispetto a quella presunta negli anni Novanta. Allora si ipotizzava che questa tribù contasse un centinaio di componenti, comunque non più di 120. Ora si ritiene che vivano 50 famiglie almeno, ognuna con 4 o 5 componenti per un totale che potrebbe raggiungere le 200-250 unità. Possibile anche siano più numerose, ma senza riscontri e certezze gli esperti avvalorano quelle stime. Il trend demografico positivo è accompagnato anche da un altro elemento incoraggiante, ovvero il ritrovamento di giocattoli rudimentali nell’area: indica che nei villaggi ci sono dei bambini.

Le fototrappole sono scattate nel punto in cui il Funai ha sistemato asce, machete e punte di metallo che, nelle intenzioni degli operatori dell’agenzia, servono anche per fare in modo che gli indigeni possano restare nei loro insediamenti. La disponibilità degli utensili abituali nella loro quotidianità li indurrebbe a evitare di procurarseli in altro modo, cioè uscendo dai perimetri familiari col rischio di imbattersi in brutte sorprese legate a presenze esterne. Il Funai per questo periodicamente mette in giro questi oggetti nella foresta che protegge la tribù.

Dalle immagini emerge anche che i Massaco sono abili cacciatori, esperti nell’uso di archi con frecce lunghe tre metri, proteggono il loro territorio con punte di metallo o di legno, ben mimetizzate sul terreno e infisse ai confini degli insediamenti. E vivono in capanne di paglia dove non mancano amache realizzate con l’intreccio di foglie di palma Tucum. Il Funai negli ultimi cinque anni ha registrato 174 tapiri, le caratteristiche abitazioni, e mappato i sentieri interni all’area che custodisce vita e misteri di questa tribù, piccola ma tanto resistente al mondo esterno e ai suoi cambiamenti, capace di sfuggire alle minacce più incombenti rappresentate dall’espansione agricola, dal disboscamento illegale e dall’estrazione mineraria. Per questo la loro presenza è considerata una testimonianza di valore inestimabile su cui il Funai vigila con particolare attenzione, consapevole dei rischi concreti che possono compromettere la sopravvivenza di questa tribù antica e piena di mistero.

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