«Jannik Sinner ha le carte in regola per vincere gli Australian Open». Parola di un azzurro anch’egli vincitore di Coppa Davis, quel Tonino Zugarelli che all’età di 73 anni oggi è il responsabile della scuola tennis del circolo probabilmente più prestigioso d’Italia, quello del Foro Italico a Roma, la sede degli internazionali d’Italia.

Tonino Zugarelli )foto concesa da Tonino Zugarelli)
Tonino Zugarelli )foto concesa da Tonino Zugarelli)
Tonino Zugarelli )foto concesa da Tonino Zugarelli)

Tonino Zugarelli è uno dei quattro moschettieri che nel 1976 firmò la prima vittoria italiana nel campionato del mondo a squadre, bissata solo a dicembre del 2023 da Jannik Sinner e soci. Non una semplice riserva: da numero 26 al mondo vinse uno dei match più importanti di quella cavalcata trionfale, a Wimbledon, campo numero uno (il centrale all’epoca veniva utilizzato solo per il torneo del Grande Slam) contro Taylor, il numero uno britannico che in passato aveva battuto Adriano Panatta e quindi era temutissimo alla vigilia del match.

“Le due squadre, la nostra del 1976 e quella attuale sono simili: noi avremmo potuto vincere altre tre coppe Davis se non avessimo giocato quelle finali in trasferta, fuori casa, lontano dalla nostra amata terra rossa. Questa può far altrettanto, soprattutto se recupererà ad alti livelli Matteo Berrettini”.

Da sinistra, Tonino Zugarelli, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Adriano Panatta a Sidney nel 1977 alla vigilia della finale di Davis contro l'Australia
Da sinistra, Tonino Zugarelli, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Adriano Panatta a Sidney nel 1977 alla vigilia della finale di Davis contro l'Australia
Da sinistra, Tonino Zugarelli, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Adriano Panatta a Sidney nel 1977 alla vigilia della finale di Davis contro l'Australia

Zugarelli, l’anno che verrà?

“La speranza è che un italiano vinca un torneo del Grande Slam e che la quadra azzurra bissi il successo della Coppa Davis. Ovviamente deve verificarsi una serie di fattori. Sinner può vincere già in Australia, per esempio. Se riuscirà a confermare il livello espresso nelle finali Atp di Torino e in Coppa Davis. Sarà importante il match di esordio, contro l’olandese van de Zandschulp, un avversario da prendere con le molle. Un Major è lungo due settimane, ci vuole anche un pizzico di fortuna nel tabellone, la possibilità di dosare energie e recuperi, ma Sinner ha un tennis fantastico, non ha niente da invidiare a nessuno”.

Matteo Berrettini (foto archivio Us)
Matteo Berrettini (foto archivio Us)
Matteo Berrettini (foto archivio Us)

E Matteo Berrettini?

“Primo turno contro Tsitsipas, numero 7 al mondo. Matteo è reduce da un’annata nera, troppi infortuni. Paradossalmente è meglio per lui affrontare Tsitsipas che un qualificato con il coltello alla gola. Nel senso che non ha niente da perdere e se dovesse vincere farebbe un pieno di fiducia e recupererebbe di colpo quello che ha perso in un anno disgraziato. Certo, una sconfitta allungherebbe i tempi del suo recupero soprattutto a livello mentale, ma io sono fiducioso per l’azzurro: è un ragazzo molto per bene, serio, si è sempre allenato forte, sono sicuro che se il fisico lo sorreggerà riuscirà a recuperare il terreno perduto. Non scordiamo che è stato l’unico italiano ad arrivare in finale a Wimbledon soltanto due anni fa”.

E gli altri azzurri?

“Con Musetti, Arnaldi e Sonego, abbiamo una nidiata eccezionale. Se poi consideriamo anche le qualificazioni dove c’erano diciassette azzurri iscritti (Luca Nardi, Luciano Darderi, Giulio Zeppieri, Andrea Pellegrino, Andrea Vavassori, Mattia Bellucci, Matteo Gigante, Raul Brancaccio, Stefano Travaglia, Federico Gaio, Marco Cecchinato, Francesco Passaro, Alessandro Giannessi, Riccardo Bonadio, Franco Agamenone e Francesco Maestrelli), possiamo parlare davvero di momento d’oro per il nostro movimento”.

Anche il 2024 sarà un anno dominato da Novak Djokovic?

“Nole ha vissuto un’altra straordinaria annata ma anche nel 2023 ha festeggiato il compleanno… Questo per dire che ogni anno che passa, come per tutti gli sportivi, arriva il momento del declino, del ritiro. Inevitabile. Tra i primi dieci al mondo ci sono giocatori ventenni che piano piano lo raggiungeranno e lo supereranno, visto che il serbo ha 36 anni. Non mi stupirei che giocasse un’altra annata straordinaria, ma il futuro non è più suo”.

Jannik Sinner (foto archivio Us)
Jannik Sinner (foto archivio Us)

Jannik Sinner (foto archivio Us)

Sarà di Sinner?

“Noi tutti lo speriamo e devo dire che è il mio giocatore preferito lassù ai vertici”.

Più di Alcazar, che ha già vinto due Slam?

“Alcaraz è un ottimo giocatore ma a mio avviso troppo costruito. Costruito bene, per carità, ma poco naturale. Jannik ha un tennis più fluido naturale, esplosivo, secondo me ha più margini”.

Carlo Alcaraz (foto archivio Us)
Carlo Alcaraz (foto archivio Us)
Carlo Alcaraz (foto archivio Us)

Giovani rampanti contro vecchi.

“Tra i giovani di assoluto valore metto anche Rune, molto bello da vedere. Ma non trascurerei la generazione di Zverev, Medvedev e Tsistipas. In passato la triade Federer, Nadale e Djokovic hanno sbancato per un decenni oi tornei più importanti, per il futuro vedo invece un gruppo di giocatori livellato verso l’alto con tanti giocatori in grado di vincere i tornei più importanti”.

Nadal è ai titoli d coda?

“Gli appassionati sperano di no, ma come è successo con Federer, alla fine l’età presenta il conto. È tornato a giocare in Australia due settimane fa dopo aver recuperato da un brutto infortunio che lo aveva costretto anche a un intervento chirurgico, aveva ripreso a giocare a buoni livelli, adesso un altro stop per guai fisici: tempo che sia un brutto colpo per lui a livello psicologico, anche se ovviamente spero di rivederlo al meglio per la stagione sui campi in terra battuta europea, soprattutto a Roma e a Parigi”.

Le piace la nuova formula della Coppa Davis?

“Ai miei tempi era diversa, si giocava praticamente tutto l’anno e per me era l’appuntamento più importante della stagione. Adesso mi rendo conto che con il calendario così ricco di appuntamento tutti i mesi e in tutto il mondo, con la necessità di tutelare gli interessi dei giocatori, degli sponsor e della televisione, l’attuale formula in sede unica era una scelta obbligata. Spero che l’Italia possa di nuovo vincerla, mi farebbe davvero piacere”.

Perché?

“Perché ho rivisto in Sinner, Sonego, Arnaldi. Musetti, anche in Berrettini presente anche se era infortunato, lo stesso attaccamento alla maglia azzurra che avevamo noi, intendo Panatta, Barazzutti, Bertolucci ed io”.

Un aneddoto su suoi Australian Open giocati a Melbourne?

“Non ne ho giocato neppure uno”.

Come?

“Guardi, il tennis era tutt’altra cosa rispetto a oggi, sino al 1972-73 eravamo di fatto dilettanti. Si giocavano i tornei sulle terra battuta in Europa il clou erano Roma e Parigi , poi Wimbledon, poi un’altra serie di tornei tra Svizzera e Austria, quindi altre competizioni minori in Italia. Io non ho mai giocato né in Australia né negli Usa, per esempio. I viaggi costavano troppo, sarebbe stato un massacro dal punto i vista economico e non potevo permettermelo anche se ero tra i primi trenta giocatori al mondo. Certo, adesso se uno si iscrive agli Australian open, tra singolo e doppio porta a casa ventimila euro anche se perde al primo turno: ci sarei andato a piedi in Australia. Ma ai miei tempi…”.

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