La storia a questo punto è nota, non foss'altro perché tutte o quasi le testate principali l'hanno riportata. Fra l'altro più o meno con le stesse parole, copia-incollando il medesimo lancio di agenzia che a sua volta assomiglia molto al servizio - un po' meno stringato ma comunque essenziale - della Bbc.

Un bambino inglese di sei anni, Siddak Sing Jhamat, nei giorni scorsi ha collaudato nel giardino della sua casa di Walsall, nelle Midlands occidentali, il suo regalo di Natale: un kit da "escavator", da archeologo dilettante come il protagonista della "Nave sepolta", per restare in tema amatoriale britannico. Secondo una versione cercava "vermi", forse per la gioia di qualche familiare che va a pesca, secondo un'altra un po' meno prosaica pensava di trovare cocci o comunque qualcosa di antico. Difficile negare che ci sia riuscito, visto che dopo un po' si è ritrovato per le manine una specie di artiglio o di zanna che a un esame più accurato (in realtà è bastato postare la foto su Facebook per avere una prima diagnosi) si è scoperto essere un fossile di 488 milioni di anni fa.

È difficile concepire un passato così remoto, per farci un'idea dovremmo considerare che all'epoca i continenti non si erano ancora separati ma erano tutti uniti nella Pangea. Quanto alla Gran Bretagna, la versione geologica della Brexit che ne avrebbe fatto un'isola era molto al di là da venire visto che si trattava di terra ancora sommersa. Tanto è vero che "l'artiglio" scoperto dal piccolo Sid è in effetti il fossile di un corallo Rugosa. È difficile anche immaginare quale sarà l'evoluzione della vicenda. La famiglia di Sid, con un understatement piuttosto britannico, ha solo fatto sapere che "spera che il museo di geologia dell'università di Birmingham si interessi alla scoperta". È improbabile che il fossile passi inosservato, anche per la bella storia natalizia che lo accompagna, ma va ancora capito se andrà sottoposto ad altri esami e se si deciderà di esporlo. Di sicuro è facile immaginare l'emozione del baby archeologo e la soddisfazione di chi gli aveva regalato il kit (mista al sollievo per non aver optato per il piccolo chimico o qualcosa di comparabile).

La vicenda non ha precedenti, almeno se si considera l'età dello scopritore e quella del reperto. Ma per altri versi non è tecnicamente una storia nuova. Ed è naturale che sia così: noi letteralmente camminiamo sulla nostra Storia e sulla preistoria, come sa qualunque impresa edile che abbia affondato la benna in aree che videro la presenza romana, tanto per fare un esempio. Ma i casi di serendipità - cercare una cosa, per esempio lombrichi, e trovare tutt'altro e molto significativo - in archeologia abbondano. Uno degli episodi più noti è quello avvenuto in Michigan nel 2105, quando l'agricoltore James Wristle coltivando un campo di soia si imbatté in qualcosa di resistente e molto, molto grande. Ci volle un certo impegno per portare alla luce quello che poi si rivelò uno scheletro di mammut lanoso. Nulla di paragonabile alla scoperta del piccolo Sid quanto alla datazione del reperto: secondo l'esame dei resti - costole, teschio, vertebre e zanne - l'animale era morto fra gli 11mila e i 15mila anni prima. Il dato particolarmente interessante, messo in risalto dal professor Dan Fischer del museo di paleontologia dell'università del Michigan, era che il bestione era stato macellato. Questo dato spostò all'indietro la datazione della presenza umana nella zona.

Ancora più recente, ma non certo irrilevante, il reperto scoperto altrettanto casualmente nel 1653 da un operaio che lavorava nei pressi della chiesa belga di saint Brice a Tournai con: un colpo di zappa disturbò il sonno più che millenario di Childerico, fondatore della dinastia dei Merovingi. A indicare con sfarzosa evidenza che si trattava dell'antico condottiero, che per conto dell'Impero Romano aveva sconfitto Sassoni e Visigoti, fu il tesoro sepolto con lui: trecento monete d'oro e d'argento, armi, gioielli. Uno in particolare si rivelerà prezioso dal punto di vista storico: un anello che identifica il padrone del tesoro, cioè l'uomo sepolto a pochi passi dal terreno dove sarebbe poi sorta la chiesa, come il re dei Franchi, morto nel 481 dove aver vissuto glorie militari e resurrezioni politiche con la rottura dei rapporti con l'Impero e poi la riconciliazione, la detronizzazione, un esilio di anni e poi il ritorno sul trono.

Risale sempre all'alto medioevo - e torniamo in Inghilterra, ma stavolta del sud - la scoperta di Weymouth, anche se non si può tecnicamente definire casuale. Non fu un bambino e neppure uno sterratore di cantiere a perlustrare la zona, ma degli archeologi. Che però avviarono gli scavi quasi in polemica: nell'area si progettava di far passare una nuova autostrada e in molti si opponevano in nome del valore paesaggistico dell'area. Gli archeologi dell'università di Oxford vollero appurare se quella colata di asfalto da 87 milioni non minacciasse di sigillare anche una pagina importante di storia anglosassone e non faticarono molto prima di imbattersi in una conferma eclatante: una fossa comune dove giacevano i resti di 54 vichinghi - le ossa da una parte, i crani ammucchiati su un altro - decapitati dai sassoni di re Alfredo. Una scoperta che non solo entusiasmò gli storici e gli oppositori dell'autostrada, ma consentì di smentire ancora una volta alcuni ostinati luoghi comuni sui popoli del Nord. Nemmeno un elmo con le corna fu trovato fra i resti (quell'accessorio è un'invenzione del Romanticismo), e nessuno poté più immaginare che la violenza di massa fosse un esclusiva vichinga visto come i sassoni di sbarazzarono dei prigionieri quel giorno del tardo 900 dopo Cristo. Furono decapitati contemporaneamente e poi gettati nella grande ferita verde e bruna, scavata nel terreno quasi mezzo miliardo di anni dopo la morte di quel rametto di corallo Rugosa, poco più di mille anni prima che Sid ricevesse per Natale il kit da archeologo da giardino.
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