Poco meno di dieci anni fa era stato accostato a Buffon. Dopo un pari dell’Udinese a San Siro contro l’Inter, il primo febbraio del 2014, quando lui a malapena aveva 17 anni ed era dovuto scendere in campo al posto del titolare Brkic (portiere del Cagliari appena un anno dopo in una disgraziatissima stagione), in Friuli, terra di grandi portieri, c’era chi pensava di aver scoperto il successore del grande Gigi tra i pali azzurri. Simone Scuffet, il nuovo vice Radunovic in rossoblù, quel giorno parò tutto. Un fenomeno in erba. Cresciuto – va detto – in un settore giovanile in cui si affacciavano anche Vicario e Meret, per fare due nomi conosciuti, non certo seconde linee. Lui, però, era semplicemente il migliore. Quello che prometteva di più. Tanto che Cesare Prandelli, all’epoca ct azzurro, lo convocò per uno stage a Coverciano.

La Nazionale a diciott’anni. E, nell’estate di quel favoloso 2014, anche la chiamata dell’Atletico Madrid. E lui che fa, sul più bello? Dice no. Si scrisse, all’epoca, perché voleva prima prendere il diploma. La verità è che Scuffet avrebbe voluto continuare a crescere ancora per un po’ con l’Udinese, che nel frattempo era finita nelle mani di Stramaccioni. Primo problema: Strama non lo vedeva titolare. «Il passato è passato e io non guardo indietro», ha detto di recente il portiere rossoblù a Radiolina. Per l’ex tecnico nerazzurro era più affidabile Karnezis, e Scuffet chiuderà la stagione con appena 5 presenze. A fine campionato l’Udinese lo manda in prestito in B a Como e per lui, che tra i compagni di squadra avrà un giovanissimo Nicolò Barella, chiesto e ottenuto da Gianfranco Matteoli per rinforzare i lariani a gennaio, le cose si mettono malissimo. La squadra retrocede e Scuffet viene messo in croce per qualche errore di troppo, ritenuto evidentemente imperdonabile in riva al lago.

La discesa tra gli inferi è impietosa, quasi assurda. Ma pure formativa. Anche se le cose non migliorano subito: all’Udinese è di sicuro una riserva e, nel 2019, viene prestato ai turchi del Kasimpasa, dove gioca appena dieci partite subendo 24 reti, guadagnandosi soltanto il volo di ritorno. Tuttavia il club dei Pozzo non crede più in lui: lo gira allo Spezia, dove gioca alla grande in B nella stagione della storica promozione in A dei liguri. Ma quando torna in Friuli, nel 2020, ad attenderlo c’è un campionato con appena una presenza. Pur di avere una chance – anche nelle competizioni europee - accetta l’Apoel e, di seguito, il Cluj in Romania. Dove risorge: il club lo ha addirittura nominato miglior giocatore dell’ultima stagione sportiva. Un premio che dimostra ancora tutte le qualità di uno dei portieri su cui l’Udinese contava di fare mercato. Ma non sempre le ciambelle riescono con il buco, per tanti motivi. Con il club rumeno per ben nove volte ha lasciato la porta inviolata nella stagione regolare. Una percentuale, quella dei clean sheet, molto vicina al 50%, visto che si sono giocate 23 partite prima dei playoff. Un bel biglietto da visita per il Cagliari, che l’ha individuato come secondo “di livello”, in grado all’occorrenza di sostituire il titolare Boris Radunovic saltando le presentazioni. E Scuffet, questa volta, ha detto subito sì.

«Per me Cagliari rappresenta una bellissima opportunità - ha spiegato il giorno della presentazione - che non voglio assolutamente farmi scappare. Sono venuto qui con la motivazione di dimostrare il mio valore, sono convinto di essere migliorato e sicuramente la Serie A è una categoria in cui non vedo l'ora di cimentarmi di nuovo. In questi dieci anni ho vissuto un inizio in cui si parlava tanto di me e poi dei momenti in cui sono arrivate delle delusioni. Penso sia importante farne tesoro e trovare gli spunti da sfruttare per riscattarsi. Non cerco risposte dal passato. Bisogna vivere nel presente con un occhio al futuro, che è la cosa più importante. Cagliari? In tanti mi hanno parlato molto bene della città e di questa realtà, non ho alcuna preoccupazione ma solo voglia di lavorare. Certo, arrivo in una squadra con un portiere che ha fatto molto bene lo scorso anno come Boris Radunovic. Per me è una grande sfida, voglio giocarmi le mie chance e mettermi a disposizione».

Anche se il Cagliari non è l’Atletico Madrid, Scuffet ci crede: a 27 anni può ricominciare a costruirsi un futuro radioso. O almeno provarci.

© Riproduzione riservata