Quattro anni fa aveva detto addio. Ai monti ogliastrini sorgenti dall’acque ed elevati al cielo e ai poliambulatori della Asl. Cime ineguali difficili da scalare per i pazienti in cerca di assistenza sanitaria immediata ed efficiente. Davide Intilla, 51 anni, oculista cagliaritano, ora è specialista ambulatoriale territoriale e referente per la branca chirurgica territoriale di tutto il Trentino. Cinquantuno anni, da quattro («10 giugno 2020») lavora a Trento ed è soddisfatto della scelta anche se «l’Ogliastra resta sempre la mia casa». Quando lui curava i pazienti residenti tra la foce del Flumendosa e Genna Silana («ma non solo, arrivavano anche da altre zone dell’Isola»)  la Asl di Lanusei aveva sul territorio venti branche specialistiche, che adesso non ci sono più, «e un bilancio aziendale in attivo». 

La navicella sanitaria pubblica, ogliastrina e sarda, adesso naviga in acque agitate, per non dire di peggio. E le cronache recenti lo ricordano impietosamente ogni giorno. Va diversamente là dove lavora Intilla. L’Azienda per i servizi sanitari della provincia di Trento è dotata di un servizio ospedaliero provinciale, di un servizio sanitario territoriale nel quale esistono un ottimo servizio di assistenza infermieristica e un dipartimento di prevenzione che risparmia molte rogne agli ospedali. «Il concetto di Servizio ospedaliero provinciale del Trentino – racconta Intilla – è moderno: uno o due ospedali di riferimento, e quelli periferici orientati su specialità precise. Nel contempo si punta a una integrazione con la facoltà universitaria di medicina per un'azienda sanitaria mista che speriamo venga distribuita nel territorio provinciale. Questo per fare sì che si eviti di concentrare tutto a Trento e/o Rovereto. Il sistema informatico ospedaliero fa sì che il cittadino possa usufruire di una sanità territoriale moderna, digitalizzata, con l’ausilio dell'intelligenza artificiale che sarà impiegata sul fronte delle patologie croniche in supporto a una strumentazione sempre più moderna ed avanzata non solo in ospedale ma anche nel territorio». La telemedicina è una realtà consolidata.

La sede dell'azienda sanitaria della Provincia autonoma di Trento
La sede dell'azienda sanitaria della Provincia autonoma di Trento
La sede dell'Azienda sanitaria della Provincia autonoma di Trento (foto concessa)

La sfida da vincere è quella di decongestionare gli ospedali facendo in modo di concepire  «la casa come primo luogo di cura,l a digitalizzazione come ponte interoperativo, la presa in carico olistica del paziente con una metodologia in linea con il budget della salute. In senso fisico, mentale, diagnostico. Il concetto di salute qui è inteso nella sua globalità, anche come concetto interattivo fra corpo, mente e spirito».

Privilegiato il lavoro in un team multiprofessionale e multidisciplinare. «Fondamentale è l’interazione fra personale convenzionato territoriale, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, «perché solo così si può sostenere l'enorme peso dell'attività dei medici di famiglia e dei pediatri stessi».

Simbolo della partecipazione attiva delle comunità locali alla tutela e alla promozione della salute sono le Case di comunità. L’amministrazione provinciale del Trentino punta al rilancio prevenzione con la presa in carico dei pazienti cronici i«visti – spiega Intilla – con approccio multidisciplinare e con una visione sistemica.

Il dipartimento di Prevenzione in Trentino è irrinunciabile, l'azienda via ha speso molte risorse dal Covid in poi. «Esiste una fitta rete di rapporti fra territorio e servizi ospedalieri gestiti ottimamente da professionisti delle professioni sanitarie una figura che – è l’osservazione di Intilla – non mi risulta adeguatamente valorizzata in Sardegna.

Il problema che accomuna Sardegna e Trentino è la carenza di medici e di infermieri. L’oncologo 

Silvio Garattini, in una recente intervista a L’Unione Sarda, suggeriva di pagarli di più e Intilla sottoscrive in pieno. A parità di stipendio, l’oculista che ha scelto di lavorare in Trentino tornerebbe in Sardegna se si realizzassero determinate condizioni. «I dipartimenti di prevenzione con quattro capisaldi: servizio di screening e prevenzione malattie cronico degenerative; servizio di promozione ed educazione alla salute; osservatorio epidemiologico; raccordo fra i servizi territoriali e ospedalieri per una chiara e precisa gestione delle emergenze della sanità pubblica. La sanità sarda deve diventare attrattiva, la gestione di quella territoriale non può prescindere da una rete fra medici di famiglia, specialisti ambulatoriali e pediatri. Ma soprattutto occorre fare si che i medici e tutto il personale sanitario sia adeguatamente retribuito e tutelato, parlo quindi anche di sistemi di protezione anche a livello territoriale. Le case della comunità devono essere dotate di strumentazione moderna, ma anche di meccanismi di tutela del personale che ci lavorerà. Ma se il personale non riceverà un trattamento economico adeguato non arriverà. Si rischia dunque di creare delle cattedrali nel deserto piene di pazienti ma povere di operatori sanitari. Un progetto di presa in carico dei pazienti concepito in questo porterà molti medici e operatori sanitari emigrati a ritornare a casa. La mia casa? L’Ogliastra, ovviamente».

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