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C’è una rappresentazione meno conosciuta dell’Ultima cena a Bergamo. È quella che don Calisto Solari, abate del monastero vallombrosano di Astino, commissionò al pittore fiorentino Alessandro Allori nel 1580. Si tratta di una tela di grandi dimensioni da collocare nel refettorio, nel luogo dove ogni giorno i monaci consumano i loro pasti mentre ascoltano i passi della Bibbia. “Allori eseguì a Firenze due versioni identiche dello stesso cenacolo, entrambe datate 1582” spiega lo studioso Mario Zanchi, “un dipinto a olio su tela e un affresco realizzato all’interno del refettorio del monastero del Carmine a Firenze. La versione su tela viene inviata l’anno dopo a Bergamo e rimane nel refettorio di Astino fino al 1798 quando il governo napoleonico cisalpino deliberò la soppressione del convento con conseguente confisca di tutti i beni”.

Dapprima l’opera venne collocata nel salone del Municipio di Bergamo, che all’epoca era in Città Alta e successivamente nel salone delle Capriate all’interno del Palazzo della Ragione, dove è rimasta fino al 2020, prima di essere riportata nel refettorio del monastero di Astino. Tra il 2012 e il 2013 la tela venne restaurata grazie alla Fondazione Creberg del Credito bergamasco.

“Per quanto riguarda la collocazione e le pose degli apostoli nella composizione” prosegue Zanchi, “il lato destro del dipinto è ripreso dall’affresco dell’Ultima Cena di Andrea Del Sarto, eseguito nel refettorio del convento di San Salvi a Firenze attorno al 1525. A differenza della tavola dipinta nella versione di Andrea Del Sarto, qui Allori dipinge un tavolo imbandito con maioliche finemente decorate, con strumenti musicali, così come bicchieri di manifattura veneziana ma soprattutto da una serie di alimenti ed elementi vegetali, studiati e ripresi dagli erbari dipinti da Jacopo Ligozzi per i Medici, dal significato profondamente simbolico”.

L'Ultima cena del monastero di Astino. Foto Mocci
L'Ultima cena del monastero di Astino. Foto Mocci
L'Ultima cena del monastero di Astino. Foto Mocci

Lo sfondo è costituito da scranni lignei in ombra, che fanno emergere colori brillanti delle vesti degli apostoli e la scena rappresentata. Nella composizione dialogano tre sezioni delineate in orizzontale: “quella dichiarata, ma lirica e protetta dall’ombra presente sotto il tavolo, è una orchestrazione ritmica dettata dalle posizioni dei piedi sul pavimento; poi nella sezione mediana spiccano le pieghe della tovaglia, che aprono agli spazi geometrici e monocromi scanditi dai 46 quadrati venutisi a creare quando si è dato inizio all’imbandire, nella parte superiore, Allori ha lasciato trasparire rimandi ai cinque sensi, dove i colori delle vesti e degli oggetti, le posture e gli atteggiamenti dei santi, e quindi le questioni cromatiche e formali del linguaggio visuale, si accordano con i profumi dei fiori e dei frutti sparsi sulla tovaglia, con i riferimenti sonori evocati dai numerosi strumenti musicali dipinti nel grande piatto in maiolica vicino a Cristo, con le varie declinazioni del linguaggio gestuale, dove alcune mani toccano cibi, oggetti, parti del corpo o altre mani, e con i sapori dei cibi che vengono o verranno mangiati”.

La tavola è finemente imbandita con preziose maioliche, recipienti e bicchieri di cristallo, molto probabilmente ripresi dal pittore dai convivi della corte medicea del penultimo decennio del Cinquecento. “La presenza sulla tovaglia di numerosi fiori, erbe, vivande, frutti, vegetali, descritti con precisione lenticolare, conferisce alla parte mediana del dipinto la rappresentazione formale di una vera e propria natura morta” va avanti Zanchi.

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“Ovviamente ogni dettaglio del quadro rimanda, al di là della messa in scena realistica di un episodio biblico ambientato nella Firenze medicea, anche ai più sottili riferimenti simbolici e ai collegamenti mutuati dalla Chiesa e dai teologi. La maggior parte dei riferimenti è connessa alla Passione di Cristo e al sacrificio eucaristico. I rimandi all’Eucaristia sono disseminati su tutta la tavola: vino, pane, acqua, pagnotte spezzate e cialde azzime arrotolate, la mandorla che chiusa nella sua scorza rimanda all’Ostia conservata nel tabernacolo. Anche il cedro, il dattero, il pinolo e l’uva sono tutti frutti legati all’Eucarestia. Allori raffigura l’attimo in cui Cristo, dopo aver detto agli apostoli “Uno di voi mi tradirà”, porge a Giuda il boccone di pane e intanto stringe la mano destra a Giovanni, che contemporaneamente chiede: Chi è il traditore?. C’è chi ha proposto di vedere l’autoritratto dell’Allori nell’apostolo che guarda in direzione degli spettatori, quello descritto nella posa del melanconico e che il mantello rosso sul capo, per la sua presunta somiglianza con un noto ritratto dell’artista”.

Nelle due basi centrali che sostengono la tela sono raffigurati due emblemi: a sinistra quello dell’ordine vallombrosano, ovvero una mano posata sopra il bastone a tau, un riferimento al simbolo del comando portato dall’abate; a destra l’immagine di Cristo che risorge dal sepolcro.

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