“Non erano streghe, erano donne” e da questo momento in poi i loro nomi maledetti e arsi sui roghi o appesi a un cappio, saranno per sempre legati alla bellezza di un giardino o di un parco o a una strada. La Catalogna vuole percorrere la strada all’incontrario. E, a distanza di secoli, ha proposto non solo di rivendicare, ma di nobilitare la memoria delle vittime di quella terribile persecuzione. A fine gennaio il Parlamento catalano ha approvato una risoluzione per “riparare” la «memoria storica delle donne ingiustamente condannate, giustiziate e represse nel corso della storia per stregoneria», in modo tale da “nobilitarle e rivendicarle”, dichiarandole «vittime di persecuzione misogina».

Un testo a favore del quale hanno votato sia i partiti della maggioranza indipendentista (Esquerra Repubblicana, Junts Per Catalunya e Cup) sia le formazioni di centrosinistra (Socialista ed En Comú Podem). Contrario invece il centrodestra.

In Catalogna la “caccia alle streghe” era stata particolarmente accanita e ossessiva, soprattutto tra il secolo XV e il secolo XVIII. Ricorda la rivista di storia catalana Sàpiens, promotrice della campagna con lo slogan “Non erano streghe, erano donne”, come a finire sul rogo fossero donne che «incarnavano modelli femminili che il patriarcato rifiutava e che, per certi versi, continuano ad alimentare stereotipi sessisti. La caccia alle streghe ci parla di una misoginia strutturale che è servita in passato per mettere le donne, per così dire al “loro posto”».

Ma ora che la regione ha voltato pagina e si è fatta carico della storica colpa, le persone potranno tornare a vivere, ad esempio, in Calle de la Maria Joaneta, in Calle Antònia Rosquellas o in Calle Margarida Puig alias Cassadora, tre delle 14 donne, tra cui una ragazzina di 12 anni, impiccate nella cittadina di Viladrau a Girona. Una briciola rispetto al lunghissimo elenco in cui figurano i nomi di 800 “streghe”, accusate di ballare con il diavolo, trasformarsi in animali o uccelli, fare malefici. Al termine di torture “confessavano” le loro colpe come ha fatto Elisabet Martì, che il 28 luglio del 1620 nel carcere di Vic (Barcellona) disse di essere arrivata ad Aiguafreda, accompagnata dal diavolo. Una confessione mentre veniva torturata: braccia legate dietro la schiena e corpo sospeso con una carrucola al soffitto. Morì impiccata.

«La politica della memoria e l’atto riparatore sono iniziative fondamentali già avviate in altri Paesi europei dove la persecuzione è stata molto intensa, soprattutto al nord. L’idea è che i processi che si svolgevano per reati di stregoneria, fossero totalmente privi di garanzie legali e del minimo rispetto della legge», ha osservato sul quotidiano El Pais lo storico dell’Università di Barcellona Pau Castell.

La Catalogna segue la strada già tracciata dalla Navarra e - fuori dalla penisola iberica - da Svizzera, Norvegia, e Scozia. In questa terra furono addirittura quasi 4 mila le persone tacciate di stregoneria (l’84% erano donne), ora riabilitate, grazie al disegno di legge di un membro del Parlamento, che ha ottenuto il sostegno dell'amministrazione di Nicola Sturgeon. L’iniziativa, lanciata dopo una campagna di due anni portata avanti da “Witches of Scotland” segue a sua volta la scelta di campo fatta nel 2001 dalla Camera dei rappresentanti del Massachusetts, negli Stati Uniti, che ha proclamato innocenti le vittime dei processi alle streghe di Salem.

Ha spiegato al Sunday Times Claire Mitchell, ideatrice della campagna: «Nel periodo compreso tra il XVI e il XVIII secolo, noi scozzesi abbiamo giustiziato, pro capite, cinque volte più persone che altrove in Europa, e la stragrande maggioranza di loro erano donne». La ricerca delle streghe in Scozia proseguì dal 1563, quando fu introdotto il Witchcraft Act, al 1736, quando fu finalmente abrogato. Tra le accusate, nel 1590 c'era Geillis Duncan – il cui personaggio compare nella serie tv “Outlander” – che, sotto tortura, ammise di incontrare il diavolo per ostacolare le navi del re.

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