Nel settembre 1970 la prima edizione fu quasi una scommessa. Ma oggi che è diventata la gara di corsa più famosa del mondo - e non solo tra quelle sui 42,195 km - la New York City Marathon dovrà attendere per poter tagliare il traquardo della cinquantesima edizione. Sarà una prima domenica di novembre insolita nella Grande Mela, senza il colorato, interminabile serpentone di maratoneti di ogni parte degli States e del mondo, ma la pandemia non ha lasciato alternative alla decisione del New York Road Runners, la potentissima società di atletica leggera che organizza la gara e che ha dovuto annullare l'edizione 2020. Sulle alternative virtuali preferiremmo non soffermarci. Il mondo si è adattato a differenti maniere di vivere gli eventi, ma sono soltanto surrogati, soprattutto quando l'originale è unico.

GLI STOP ALLA MARATONA E pensare che, in cinquantuno anni di storia, la New York City Marathon era stata più forte di (quasi) tutto. Se era arresa soltanto nel 2012, quando l'uragano Sandy aveva costretto a un dolorissisimo annullamento, con i corridori già arrivati a New York, speranzosi e determinati. Ma l'enorme spiegamento di forze che un simile evento richiede (con due milioni di spettatori stimati lungo il tracciato) non poteva essere disposto in un momento tanto drammatico: a fine ottobre negli Stati Uniti ci furono 110 morti. Vigili del fuoco, ambulanze, le stesse uniformi blu scuro del NYPD, l'iconica polizia newyorkese, erano concentrate sui danni e sui rischi dell'uragano. La natura, contro cui l'uomo può ben poco, aveva vinto.

DOPO L'11 SETTEMBRE Ma era stato l'unico caso. Perfino nel 2001, a poche settimane dall'attentato alle torri genelle, con le macerie del World Trade Center ancora fumanti, la città scelse di mandare un orgoglioso, commovente segnale di vita al mondo intero e al terrorismo. "Siamo ancora in piedi!". La maratona si disputò in un clima incredibilmente intenso, toccante. I New York Road Runners convinsero le autorità che era la cosa giusta da fare e vinsero. In tutti i sensi. Non è facile immaginare quali dovettero essere le misure di sicurezza, quale la tensione, la paura che le decine di migliaia di persone accalcate prima del via a Staten Island, ai piedi del Verazzano Narrow Bridge, divenissero bersaglio di un nuovo attacco, ma non successe nulla e la corsa fu salva.

IL GRANDE BUSINESS Certo, gli americani sono molto bravi a trovare giustificazioni poetiche per un grande business e pochi sono grandi come quello che sta dietro una maratona cresciuta in modo spaventoso negli anni. Dai 127 partecipanti della prima edizione ai 52.627 finisher del 2019, record mondiale assoluto (inutile dirlo). Nessuna maratona, neppure le altre cinque del circuito delle World Major (Tokyo, Boston, Londra, Chicago, Berlino), raggiunge numeri simili, anche se New York ha dovuto superare un limite fisico. Quello del numero di persone che possono attraversare contemporaneamente il ponte che unisce Staten Island al secondo dei cinque borough attraversati, Brooklyn. Per anni il limite degli iscritti era di 36.000, divisi in tre percorsi (due nelle corsie superiori e uno in quella inferiore dell'ex ponte sospeso più lungo del mondo). Poi si inventarono un escamotage.

TRE PARTENZE Le ondate (waves) sono per molti l'antitesi dello spirito della maratona, che regala al più lento dei "tapascioni" l'idea di partire allo stesso sparo e sullo stesso percorso dei grandi campioni. Una condivisione del campo di gioco che sarebbe irrealizzabile nel calcio o in altri sport, ma che rappresenta il grande valore aggiunto della maratona. Da alcuni anni, per poter accontentare una parte maggiore del grande numero di podisti che chiede di partecipare (alcuni dei quali non ne avrebbero neppure i requisiti, perché è inammissibile affrontare al passo quella che è e resta una gara di corsa), gli organizzatori hanno moltiplicato le partenze. Da una a tre, per permettere al ponte di sopportare il passaggio di 55mila persone. I migliori sono fatti partire prima, impossibile che un atleta scattato 40 minuti dopo tagli il traguardo in un tempo migliore di quello dei top runner e rivoluzioni la classifica (creando non poco imbarazzo...). Ciò che conta è che a pagare l'iscrizione possano essere molti più podisti.

IL GRANDE BUSINESS Per tornare al discorso iniziale, c'è un motivo per il quale l'annullamento della maratona è un disastro ed è proprio il mancato introito. Ogni anno ciascun atleta garantisce all'organizzazione e alla città di New York centinaia e centinaia di dollari di incasso. La richiesta a partecipare a questa corsa così leggendaria (che, per inciso, misura 42,195 metri o 26,2 miglia come ogni altra maratona sulla Terra dal 1908 a questa parte) è gigantesca, ben oltre la capacità di accoglimento. Negli anni è stato sviluppato un sistema per premiare i partecipanti più meritevoli o più spendaccioni. I newyorkesi per potersi iscrivere devono partecipare a un circuito di dieci gare di NY Road Runners, otto come podisti e due come volontari in aiuto all'organizzazione. In pratica devono sudare un anno intero. Chi ha un tempo di rilievo in maratona ha la possibilità di acquistare il pettorale (sempre con larghissimo anticipo) e organizzarsi il viaggio autonomamente. Una piccola speranza è garantita da una lotteria che però premia pochissimi fortunati. Tutti gli altri devono obbligatoriamente acquistare l'intero pacchetto (viaggio, hotel e maratona) da un tour operator. Gli italiani sono da sempre i più numerosi al via ma difficilmente se la cavano con meno di 2500 euro.

IL MERCHANDISING Quando entri nel vortice della maratona nulla ti viene dato gratis. Il pettorale costa carissimo (anche 650 euro) e comprende soltanto la corsa, con i ristori, la medaglia, l'assistenza e poco altro. Al ritiro del pettorale un enorme expo fagocita il podista in pellegrinaggio. Dopo tre giorni, una analoga vendita propone i prodotti che, oltre al marchio della maratona, sono griffati dalla scritta "Finisher" da esibire con orgoglio al ritorno a casa. Una soddisfazione sudata ma pagata a caro prezzo. Certo, ci sono anche le emozioni da vivere nel corso di una giornata indimenticabile, con un pubblico a bordo strada che non ha uguali nel mondo, ma la "Mecca del maratoneta" ha ormai poco o nulla della gara di corsa. Il business ha coperto tutto: New York resta unica, una meravigliosa follia. Arriverderci al 2021.
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