“Curate la salute dei mari, niente plastica”. A indossare la maglia ecologista è stato anche Papa Francesco che, qualche settimana fa in occasione della domenica del mare, durante l’Angelus ha lanciato l’appello per la tutela dell’ambiente. E mai come in questo momento il suo messaggio si fa forte e importante: se è vero che la mobilitazione “plastic free” è ormai una filosofia di vita, è altrettanto vero che c’è ancora molto da lavorare sul fronte della liberazione dalla plastica. Non sono soltanto posate, bicchieri, cannucce o altri oggetti a rappresentare una minaccia per l’ambiente ma anche quei palloncini coloratissimi che piacciono tanto ai bambini. È per questo che le associazioni Marevivo e Plastic free hanno lanciato una petizione per vietare il lancio dei palloncini e salvaguardare il mare.

I palloncini

Suggestivi e colorati, da sempre i palloncini vengono usati come giochi e sempre più spesso vengono lasciati volare verso il cielo anche in occasioni tristi come i funerali. Eppure queste sfere di plastica, piene di elio, rappresentano il terzo rifiuto più pericoloso per gli animali marini. L’impatto ambientale è enorme e dannosissimo: una volta lanciati in aria, i palloncini inevitabilmente ritornano giù, disperdendosi nell’ambiente e trasformandosi in una minaccia letale per gli animali che finiscono intrappolati nei loro fili o ingeriscono pezzi di palloncino scambiandoli per cibo. Secondo uno studio pubblicato da Ocean Conservancy, i palloncini sono al terzo posto tra i rifiuti più pericolosi per foche, tartarughe e uccelli marini. La plastica morbida che li compone, se ingerita da un animale, ha 30 volte più possibilità di ucciderlo rispetto alla plastica dura come quella delle bottiglie (secondo uno studio della Università della Tasmania). Si tratta di una minaccia molto frequente come emerso da una ricerca portata avanti dalla Università di Wales Swansea, nel Regno Unito: i pezzi di palloncino costituiscono l’80 per cento dei rifiuti trovati all’interno lo stomaco delle tartarughe marine analizzate.

Una Caretta caretta\u00A0(foto archivio L'Unione Sarda)
Una Caretta caretta\u00A0(foto archivio L'Unione Sarda)
Una Caretta caretta (foto archivio L'Unione Sarda)

La mobilitazione

Gli animali ovviamente non sanno di dover evitare di ingerire certi materiali che in realtà non dovrebbero nemmeno trovarsi in mare. La responsabilità è quindi tutta dell’uomo.

È dalla società, dai singoli pertanto che deve partire il cambiamento delle abitudini ed è per questo che le due associazioni Marevivo e Plastic free stanno facendo una battaglia comune per cercare di sensibilizzare maggiormente le persone verso questo problema. È partita anche una petizione “Basta pallonicini in volo, fermiamo il disastro ambientale”, per chiedere di inserire nella legge Salva Mare il divieto del rilascio di palloncini e sensibilizzare sui danni che può avere la loro dispersione nell’ambiente.

Un simile divieto è già stato approvato dal Consiglio della provincia autonoma di Trento, la prima provincia in Italia a fare una proposta di questo tipo: vietato liberare palloncini in aria, pena una multa da 50 a 100 euro. Marevivo e Plastic Free chiedono che venga approvato un divieto nazionale.

Le due associazioni nel testo della petizione ricordano che “la pratica di liberare palloncini in cielo è anche un enorme spreco di elio, una risorsa non rinnovabile e importante. L’elio infatti viene utilizzato anche per raffreddare i magneti superconduttori degli scanner per le risonanze magnetiche: il suo uso medico è dunque importante per la salute umana”. Ed ecco il suggerimento per superare l’addio ai palloncini colorati: “Durante le feste è possibile sostituirli con le bolle di sapone. In una ricorrenza speciale, o durante una celebrazione, è preferibile piantare un albero o adottare virtualmente una tartaruga invece di far volare i palloncini. Si tratta di un gesto concreto e gentile nei confronti del Pianeta che può avere un impatto emotivo maggiore sulle persone”.

Microplastica in spiaggia a Is Benas (foto archivio L'Unione Sarda)
Microplastica in spiaggia a Is Benas (foto archivio L'Unione Sarda)
Microplastica in spiaggia a Is Benas (foto archivio L'Unione Sarda)

Nell’Oristanese

La sensibilità per l’ambiente è sempre maggiore e anche nei piccoli territori si moltiplicano le iniziative di tutela delle coste e dei mari. Negli ultimi mesi le giornate ecologiche, organizzate dalle amministrazioni comunali e dalle associazioni, sono riuscite a mettere in campo eserciti di volontari che armati di guanti e palette hanno cercato di ripulire le spiagge. Solo a Torregrande, marina di Oristano, in una giornata sono stati raccolti 30 quintali di rifiuti, con tante microplastiche. E ancora si contano i 700 chili di rifiuti raccolti in una mattinata nel Sinis di Cabras e un altro quintale nella marina di San Vero Milis. Piccoli ma decisivi passi per una svolta ambientale che possa salvare il mare e il Pianeta.

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