Rinunciare a birra, pane e pasta sarebbe già una punizione sufficiente. Invece per i celiaci italiani la beffa è doppia visto che per trovare dei validi sostituti a tavola è necessario spendere sempre di più. Gli ultimi numeri li ha raccolti l’associazione dei consumatori Assoutenti, che in collaborazione col Centro di formazione e ricerca sui consumi (C.r.c.), ha raccolto un paniere dei prodotti senza glutine più diffusi, confrontandone il prezzo con gli omologhi di largo consumo.

Il risultato è impietoso: «Acquistare prodotti senza glutine costa in media il 73% in più rispetto ad un’alimentazione tradizionale, con i prezzi al dettaglio di cibi e bevande gluten-free che hanno subito una crescita negli ultimi anni». 

Cara spesa

Lo studio ha messo sotto i riflettori un paniere di 10 prodotti alimentari venduti nelle principali catene della Grande distribuzione organizzata «che vanno dalla colazione alla cena, passando per snack, bevande e gelati, per capire quanto costi oggi inserire nella propria dieta beni senza glutine, come siano cambiati i prezzi negli ultimi anni e le differenze di spesa rispetto ai prodotti tradizionali», spiega Assoutenti.

Da qui è emerso che negli ultimi tre anni «i prodotti gluten-free sono rincarati in media del +10%, con punte del +23,7% per i gelati, mentre fette biscottate e birra hanno mantenuto i listini invariati. La pasta, uno degli alimenti senza glutine più venduti in Italia, registra aumenti superiori al 7% mentre i biscotti per la colazione salgono di oltre il 12%».

Salasso

Ma secondo i rappresentanti dei consumatori «le differenze più pesanti si riscontrano mettendo a confronto il costo odierno al chilo dei prodotti senza glutine con i corrispettivi “tradizionali”».

A parità di marca, gli incrementi medi dei listini per il paniere preso in esame sono del +73%, e non mancano le sorprese. «Fare colazione con le fette biscottate di una nota catena della grande distribuzione costa il 257% in più se si sceglie la confezione senza glutine, +41,6% se si opta per i biscotti di una famosa marca di dolciumi. Per un piatto di pasta (spaghetti o fusilli) si spende circa il 110% in più. La sfoglia per una torta salata rustica è più cara del 64,8%, mentre bere una birra italiana costa mediamente il 64,2% in più».

Ma non è tutto. «Una pizza surgelata senza glutine è più “salata” del 35,4% rispetto alla margherita della stessa marca ma con glutine, e se si ha voglia di golosità un biscotto farcito alla crema al cioccolato costa in media il 36,1% in più. Unico prodotto del paniere a non registrare differenze di prezzo è il cornetto gelato classico, che al chilo presenta il medesimo listino al pubblico indipendentemente se sia con o senza glutine, anche se si tratta del bene più rincarato negli ultimi 3 anni tra quelli presi in esame».

Tutti pazzi per il gluten-free

Furio Truzzi, presidente del Centro di formazione e ricerca sui consumi (C.r.c.) spiega: «Il mercato dei prodotti gluten-free è in costante crescita in Italia, al punto che nel 2023 il giro d’affari del comparto ha raggiunto i 400 milioni di euro, in crescita del +6% su base annua. Sugli scaffali di negozi e supermercati sono sempre più numerosi gli alimenti senza glutine, e ciò in risposta alla crescente domanda da parte dei consumatori. Un numero sempre maggiore di cittadini, infatti, sceglie di consumare cibi e bevande gluten-free anche in assenza di intolleranze o allergie, ma come semplice scelta alimentare spesso dettata da convinzioni o mode: secondo le ultime stime il 21% degli italiani acquista e consuma abitualmente prodotti senza glutine».

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