Un uomo e una donna stanno insieme e decidono di congelare un embrione creato con la fecondazione assistita. Ma per motivi di salute rinviano la gravidanza. Nel frattempo la coppia scoppia. Domanda: se cambia idea l’uomo può  tirarsi indietro? Risposta: no.

La legge dice che la donna ha il diritto di impiantare l’embrione nel proprio utero anche se l’ex non vuole. E il nascituro sarà figlio di entrambi.

Questo è quello che prevede l’articolo 6 della legge 40 del 2004.

Ed è questa la norma alla quale si era appellata una coppia che nel 2017 aveva fatto ricorso alla fecondazione assistita. Subito dopo l’embrione era stato congelato perché prima dell’impianto la donna, sofferente di endometriosi, doveva sottoporsi ad alcune cure.

Due anni dopo, però, la relazione fra i due è finita. Eppure la donna aveva deciso di procedere comunque con l’impianto dell’embrione e si era rivolta alla clinica che aveva effettuato il trattamento. Ma l’ex compagno, e pure la clinica, le avevano opposto un rifiuto. A quel punto la donna si era rivolta al Tribunale che, davanti alle contestazioni dell’uomo, aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla legge del 2004.

La Consulta era in sostanza chiamata a decidere sulla revoca del consenso da parte dell’uomo dopo la creazione dell’embrione ma prima dell’impianto. L’ex compagno della donna sosteneva di sentirsi obbligato a diventare padre nonostante si fosse separato.

Non si tratta della prima sentenza sulla questione, ci sono stati altri verdetti, dall’esito diverso.

Secondo l’ultima recentissima decisione della Consulta il divieto alla revoca del consenso è legittimo e fondato.

La decisione si basa su due principi.

Il primo: la donna ha la libertà di decidere se diventare madre indipendentemente dalla volontà dell’ex compagno. Questo perché il coinvolgimento della donna - fisico e psicologico - è maggiore rispetto a quello dell’uomo. Lei deve sottoporsi al prelievo degli ovuli, con una procedura invasiva  decisamente più complicata rispetto al prelievo dello sperma. La fase successiva prevede l’impianto dell’embrione e la gravidanza che, ovviamente, non deve portare avanti l’uomo. La revoca del consenso da parte dell’uomo potrebbe insomma avere ripercussioni psicofisiche negative sulla salute della donna. In ogni caso, l’impianto dell’embrione non può essere considerato alla stregua di un trattamento sanitario obbligatorio per l’uomo. Inoltre, le linee guida del ministro della Salute dicono che la donna ha sempre il diritto a ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati.

Ed è qui che la sentenza della Consulta è stata accolta come un passo in avanti sui diritti e l’autodeterminazione della donna.

Ma c’è un secondo principio su cui si basa la decisione: l’embrione ha una dignità che va tutelata in quanto ha in sé il principio della vita. L’irrevocabilità del consenso serve anche a garantire il nascituro e a sottrarre il suo destino giuridico ai mutamenti della volontà delle persone che hanno contribuito a formarlo. I giudici hanno voluto sottolineare che la fecondazione assistita mira a favorire la vita.

Questa parte viene da alcuni contestata perché si concentra sull’embrione più che sull’uomo. Bisogna ricordare che in altri Paesi il consenso può al contrario essere revocato in qualsiasi momento sul presupposto che il diritto delle persone esistenti sia prevalente.

La norma che prevede la fecondazione assistita fa riferimento al consenso di una qualsiasi delle persone della coppia ma, dal momento che in Italia questa pratica è prevista soltanto per le coppie eterosessuali e non ci sono state cause portate avanti da uomini trans capaci naturalmente di gestire la gravidanza, ecco che di fatto si parla soltanto ed esclusivamente del consenso dell’uomo all’impianto nell’utero dell’embrione da parte della donna con cui lo ha creato.

Secondo gli avvocati dell’uomo di questa specifica causa il divieto di revoca del consenso da un lato incide sul diritto all’autodeterminazione, dall’altro non tutela il diritto di scelta dell’assunzione del ruolo genitoriale, infine viola gli articoli della Costituzione su diritti come la dignità e la libertà personale dell’individuo e l’impossibilità di sottoporlo a trattamenti sanitari contro la sua volontà, se non per disposizione di legge. Violerebbe - per la difesa - pure l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo secondo la quale ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare senza ingerenza dell’autorità pubblica.

La Corte costituzionale è stata di diverso avviso: il divieto per l’uomo di revocare il consenso alla fecondazione assistita dopo che l’ovulo è già stato fecondato è legittimo. E la donna potrà procedere all’impianto dell’embrione e dunque con la gravidanza.

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