Alcuni operai in servizio notturno alla Saras notano quell’aereo che vola troppo basso e troppo vicino alle montagne. Pochi secondi e una fiammata rischiara il cielo denso di nuvole: «Un’immagine di fuoco, poi il boato assordante». Sono passati quarantasette minuti dalla mezzanotte del 14 settembre 1979. Il Dc 9 è scomparso da pochi istanti dai monitor della torre di controllo di Elmas. La rotta sbagliata e la mancata assistenza dei sistemi di sicurezza dell’aeroporto cagliaritano sono tra le cause del disastro: l’aereo Ati partito poco dopo mezzanotte da Alghero si schianta sulle montagne di Capoterra. L’impatto è devastante, muoiono tutte le persone a bordo: sono 31, 27 passeggeri e 4 componenti dell’equipaggio. È la più grande tragedia dei trasporti civili della Sardegna. L’aereo si disintegra in località “Conca d’Oru”, a poco più di 600 metri di altezza, a meno di venti chilometri  dall’aeroporto cagliaritano. 

Arrivo fatale

Un disastro legato solo alle ultime fasi della linea di avvicinamento allo scalo di Elmas: il volo Ati sarebbe dovuto atterrare a Cagliari per ripartire subito dopo verso Roma. La chiave dell’incidente è da ricercare nel momento in cui il comandante Salvatore Pennacchio - esperto pilota 38enne, in Ati da dieci anni - chiede alla torre di controllo di potersi spostare per evitare alcuni cumuli nuvolosi. L’aereo verrebbe così portato a virare, uscendo fuori rotta. Secondo le ricostruzioni all’aeroporto non è in funzione da alcune settimane il cosiddetto sistema Ils, che dovrebbe programmare e indicare al pilota il “sentiero di discesa” verso la pista di Elmas. Il problema viene segnalato a tutti i velivoli in transito sull’aeroporto con il messaggio ufficiale “Notam 3587”. Di sicuro il blocco della tecnologia Ils non favorisce i voli notturni, soprattutto quelli in condizioni di tempo non ottimale. Secondo interpretazioni successive ci sarebbero anche anomalie registrate dalla scatola nera nella cabina di pilotaggio: dubbi sul funzionamento dell’altimetro e il mancato suono della sirena che avrebbe dovuto avvertire i piloti in quella situazione di cambio della rotta e del piano di avvicinamento alla pista di atterraggio. Un insieme di condizioni fatali per il Dc 9 in volo da Fertilia quella notte di fine estate. Il BM012 Alghero-Cagliari-Roma si disintegra sul costone di Monte Nieddu, lasciando un silenzio di morte sulla Sardegna, colpita per la prima volta da una tragedia aerea così grave.

Le vittime

Con il comandante Pennacchio perdono la vita il secondo pilota Alberto Mercurelli, il tecnico di bordo Felice Guadagno e il giovane assistente di volo Rolando Fiasca. Tra i passeggeri muoiono Francesca Atzori con i figli Carlo e Marco Puddu, Sergio Altieri, Gavino Pirastru, Marcello Giordani, Roberto Usai, Nino Conciadori, Carla Corsini, Maria Vittoria Andreazzoli con la figlia Maria Grazia. E poi Monica Ardisson, Rita Peana, Rino Pazzi, Vincenzo Cagnazzo, Ennio Palumbo, Benedetta Russo, Guido Brusa, Andrea Del Giudice, Roberto Evangelisti, Salvatore Ingrosso, Lorenzo Mandoi, Arturo Muselli, Gaetano Mazza, Gianni Picca, Francesco Cinti, e Glauco Bandilli. 

Soccorsi inutili

I soccorritori - Vigili del Fuoco, Polizia, Carabinieri, Esercito e vari volontari - riescono ad arrivare nel luogo dell’impatto soltanto alle prime luci dell’alba. La zona è impervia, lo scenario agghiacciante, con i rottami sparsi nel raggio di centinaia di metri e i corpi devastati. Le salme vengono ricomposte a fatica e trasferite nella camera ardente allestita in viale Marconi, a Cagliari, nella sede dei Vigili del fuoco. Solenni i funerali celebrati un paio di giorni dopo dall’arcivescovo Giuseppe Bonfiglioli, con tutte le vittime, nella Basilica di Bonaria. Ci sono quasi ventimila persone in una città tramortita da una sciagura tanto grande. 

I rottami sulla montagna 

Sono passati 44 anni ma i rottami dell’aereo sono ancora sparsi nella vallata di “Conch e’ oro”, sul monte Nieddu. C’è una croce nel luogo dell’impatto, c’è una lapide che ricorda le vittime della tragedia. Attorno i resti del Dc 9 Ati: pezzi di ali, della fusoliera, sedili, gli oblò sono lì a cristallizzare quella notte di orrore in un’immagine di devastazione mai cancellata. Quel costone sulle montagne tra Capoterra e Sarroch è ormai meta tradizionale degli amanti del trekking, presenti quasi quotidianamente nel luogo della sciagura, incuriositi da quella tragedia sempre più lontana nel tempo ma mai dimenticata. Dopo anni di controversie legali non si è ancora risolta la questione dei rottami da smaltire. Nel 2015 è arrivata anche una sentenza del Tar a imporre il recupero dei resti dell’aereo tra le montagne. La competenza è stata assegnata all’Alitalia, subentrata nel 1994 al controllo degli aerei Ati. Nel frattempo però si è dissolta anche l’ex compagnia di bandiera: non è difficile immaginare che i resti del Dc 9 accompagneranno ancora a lungo l’immagine di Monte Nieddu a ricordare quella notte tragica del 14 settembre 1979. 

© Riproduzione riservata