I rovesci nel Lazio e in Lombardia (zero governatori a due) hanno confermato il Pd come maggior partito di opposizione interna. E l’esito delle due elezioni per il rinnovo dei Consigli regionali ha aperto nuove ferite, innescato ulteriori lotte intestine. Il panorama italiano e quello sardo fotografano un centrosinistra in affanno e un Pd in caduta libera. Tanto che i militanti del passato, perlomeno coloro i quali non distolgono lo sguardo dalle vicende attuali (soprattutto i congressi che incombono), vorrebbero una terapia d’urto per guarire l’universo dem dai mali che lo affliggono. E nel frattempo dicono qualcosa di sinistra.

“La sinistra autonomista e federalista che vorrei – esordisce Tore Cherchi, già deputato e senatore, sindaco di Carbonia e presidente della Provincia del Sulcis – ha necessità di un pensiero forte.  A ben vedere, il campo del confronto fra visioni realmente alternative della società è stato abbandonato; la sinistra in tutto l’Occidente si è limitata a combattere gli aspetti più indecenti del pensiero liberista che, infatti, persiste egemone nonostante i fallimenti clamorosi e le crisi finanziarie ripetute degli ultimi 15 anni”.

Tore Cherchi (archivio L'Unione Sarda)
Tore Cherchi (archivio L'Unione Sarda)
Tore Cherchi (archivio L'Unione Sarda)

Cherchi va dritto ad alcune grandi questioni. “Nel tempo attuale – osserva – il lavoro e la natura sono, insieme, le vittime dell’avidità del capitalismo. Lavoro e natura devono essere riconnessi in un unico campo di valori alternativi al capitalismo finanziario. Il quale ha sempre straordinarie capacità di reinventarsi. Un esempio rilevante: siamo, infine, tutti d’accordo sulle energie rinnovabili ma un partito di sinistra aggiunge anche che sole, vento e territorio sono beni comuni per il benessere delle comunità e non merci dei detentori dei grandi capitali”.

All’angolo gli ondivaghi e i coerchiobottisti. “La sinistra – insiste Cherchi – ha il dovere di rappresentare soggetti sociali. Quelli più deboli, innanzitutto sebbene non solo. Un tempo gli operai sapevano di avere una forza politica dalla loro parte. Mi chiedo se le centinaia di migliaia di lavoratori precari, compresi tanti professionisti con partita iva, avvertano che c’è qualcuno che li rappresenta sul piano politico. Ne avrebbero bisogno perché sono più deboli e più ricattabili degli operai delle grandi fabbriche degli anni Ottanta. E avrebbero bisogno di leggi che diano loro tutele. Leggi che estendano i diritti, non che li tolgano a chi li ha già conquistati”.  È dunque necessaria una svolta, autentica. “I congressi, nazionale e regionale, del Pd devono segnare una forte discontinuità nei gruppi che hanno guidato il partito. Non ci serve un capro espiatorio ma dalle urne, nel passato quadriennio, sono venuti verdetti inappellabili. Teniamone conto”.

Il malcontento nei confronti della sinistra attuale è diffuso. Il dibattito che si è sviluppato all’interno del Pd sardo nell’imminenza del voto congressuale – rileva Angelo Altea, ex deputato progressista nuorese - appare ai più abbastanza surreale. Mentre l’Isola è attanagliata da una crisi morale e sociale – prima ancora che economica – senza precedenti, i contendenti si affrontano sul nulla, tutti presi più alla conta maniacale dei supporter che alla espressione di idee nuove che servano prima di tutto ad arginare il devastante spopolamento che vede protagoniste soprattutto le giovani generazioni. Sarebbe invece utile interrogarsi – ad esempio – perché le forze migliori scappano da una delle terre fra le più belle e vivibili del mondo, spesso per non tornarci più o per farlo solo per le vacanze estive”.

Angelo Altea (archivio L'Unione Sarda)
Angelo Altea (archivio L'Unione Sarda)
Angelo Altea (archivio L'Unione Sarda)

Una Sardegna desertificata è più che uno spettro. “Con questo andamento demografico – conclude Altea – fra una trentina d’anni tanti piccoli paesi di montagna arriveranno alla fatidica soglia degli abitanti zero. Negli ultimi decenni Stato e Regione sono stati complici nel ridurre ai minimi termini i servizi essenziali nei territori dove sanità, scuola, trasporti, connessioni telematiche sono diventati una chimera. Rimangono solo gli anziani, spesso solo per ragioni affettive. Mancano pochi giorni al voto congressuale. Si cominci a parlare – sia pure in grave ritardo – di questi temi per capire se il PD del futuro saprà districarsi dalla politica vergognosamente consociativa messa in atto durante il governo Solinas”.

Il timore diffuso è che gli imminenti appuntamenti per il rinnovo dei vertici dem sfocino in delusione. “Io – dice Gian Piero Scanu, ex parlamentare e sottosegretario alle Riforme nel Governo Prodi – credo che questo congresso costituisca un’occasione di enorme importanza per la vita del partito. Non ho gli strumenti di valutazione per abbandonarmi a diagnosi azzardate, ma sento che c’è un disperato bisogno di invertire la rotta, nel senso che mi sento di dire che esistano alcuni elementi fondativi, punti fermi per cui appartenere a una cultura progressista, dal socialismo alla dottrina sociale della chiesa: in primis la ricerca e la costruzione della giustizia sociale, elemento costitutivo fondamentale su cui si innestano altri valori e altri ideali. Per essere coerenti con questo primato, rappresentato dalla costruzione della giustizia sociale, non si può eludere l’urgenza di adoperarsi in questa direzione. Non si può tirare a campare come per tanti anni il Pd ha fatto, piegandosi a una logica governista, figlia di un complesso di superiorità che si è rivelato essere pernicioso. La politica non può essere una cucina in grado di sfornare di tutto e di più. Il tempo non è una varabile indipendente. Mentre si galleggia in questo brodo che pullula di politici tiepidi, i ricchi si arricchiscono e i poveri precipitano nella miseria”.

Gian Piero Scanu (archivio L'Unione sarda)
Gian Piero Scanu (archivio L'Unione sarda)
Gian Piero Scanu (archivio L'Unione sarda)

Siccome Scanu ama schierarsi e non tergiversare dice che al congresso voterà per Bonaccini e Giuseppe Meloni, “percependo messaggi di unità non fatta alla maniera tradizionale, ma fondata su una concretezza di valori. Fermo restando _ conclude Scanu – che la politica non è mitezza, ma è battaglia, conflitto, scontro. Questo “irenismo” politico cui oggi siamo costretti ad assistere costituisce la cifra di una trasversalità e della ricerca di un quieto vivere che è esattamente l’opposto di ciò che io intendo per politica”.

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